Scommettere sugli insegnanti: di Maurizio Tiriticco Educazione & Scuola 22.2.2013 Nel corso degli ultimi anni si sono verificate profonde trasformazioni nella nostra economia, nel nostro tessuto sociale nonché nel nostro stesso assetto istituzionale. Gli ultimi due anni, poi, sono stati pesantissimi! Le industrie che chiudono, la disoccupazione che tocca livelli altissimi, una sempre più diffusa e massiccia inoccupazione giovanile. Si tratta di fenomeni che non lasciano indifferenti le problematiche educative in generale e scolastiche in particolare. Quali certezze sono in grado di dare le famiglie oggi ai loro figli e gli insegnanti ai loro alunni? Non c’è crisi socioeconomica, di carattere strutturale, che non si riverberi, e anche pesantemente, sulle sovrastrutture della società, sulla cultura in genere, sull’educazione e sugli stessi processi di istruzione. Tutti sappiamo quanto sia determinante l’istruzione per il progresso di un Paese. Per tale ragione agli inizi del Terzo millennio abbiamo assunto un impegno importante, quando abbiamo deciso che non era più il caso di parlare di scuola, un termine in sé riduttivo, che rinvia sempre a un edificio dove bambini e adolescenti vanno a studiare! E abbiamo avuto il coraggio di introdurre il concetto di “Sistema educativo di istruzione e formazione” (legge 53/03, art. 2), il cui fine è quello di garantire a ciascuno il suo personale “successo formativo” (dpr 275/99, art. 1): per passare in tal modo, con la leva dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, da una scuola che boccia o promuove a un Sistema che forma e orienta, nessuno escluso. In tale scenario l’istruzione riguarda ciascuno di noi e per tutta la vita! I cambiamenti che giorno dopo giorno le tecnologie impongono nel mondo della ricerca, della produzione, del lavoro, dell’economia, per di più in assetti che si vanno globalizzando sempre più, impongono anche sollecitazioni continue nelle conoscenze collettive e individuali. Anche e soprattutto perché è solo una conoscenza diffusa di alto livello che può consentire di comprendere e affrontare situazioni socioeconomiche che si fanno sempre più complesse e difficili. In altri termini, nella misura in cui la società propone e impone più situazioni problematiche, sono solo la ricerca, la cultura e l’istruzione che consentono di comprenderle e di affrontarle. Queste le speranze e gli impegni! Invece, con il corso degli anni, si è verificato il contrario. Al progressivo aumento delle difficoltà socioeconomiche è corrisposto una progressiva diminuzione delle capacità di comprenderle! In un contesto socioeconomico precario era necessario rafforzare il Sistema di istruzione in modo che fosse in grado di dotare i soggetti in formazione degli strumenti necessari per comprendere e fronteggiare un incerto avvenire professionale. Invece, è avvenuto il contrario e il Sistema è stato investito da una spending review assolutamente ingiustificata! Come il medico che, invece di aiutare il malato con gli opportuni farmaci a superare il suo stato di sofferenza, gli toglie anche l’aspirina. L’irresponsabilità degli ultimi governi in materia di istruzione è assolutamente imperdonabile. Se i tagli erano necessari, non si doveva tagliare la “conoscenza”! E un corpo malato solo con grandi difficoltà può affrontare sia quel riordino – alludo alle Indicazioni nazionali e alle Linee guida che hanno investito e dovrebbero innovare tutti i cicli scolastici – che quella valutazione di sistema – alludo alle iniziative dell’Invalsi – operazioni che solo un corpo in piena salute può affrontare con successo! Insomma, per tutto questo insieme di ragioni, non possiamo dire che il nostro Sistema educativo stia attraversando un periodo facile. L’anello più debole del Sistema è il “corpo professionale degli insegnanti”. Questi, che dovrebbero essere gli attori convinti dell’innovazione, sono invece i primi destinatari della politica dei tagli. Il solo fatto che l’ultimo governo abbia potuto solo pensare di aumentare il loro orario di lavoro di un terzo la dice lunga sulle capacità del decisore politico di comprendere quale sia la reale condizione dell’insegnante oggi in una scuola in grande difficoltà. Speriamo in tempi migliori e in decisori che in fatto di scuola – anzi di Sistema – e di insegnanti capiscano qualcosa. Se l’insegnante è l’anello debole – e umiliato e offeso – dell’intero Sistema, è proprio dall’insegnante che occorre ripartire. Esiste la formazione continua in servizio, un tempo obbligatoria, oggi facoltativa. Sarebbe miope e improduttivo pensare a un ritorno puro e semplice all’obbligatorietà: è un falso problema. Non c’è insegnante che non avverta e non soffra del disagio in cui opera e in quale misura venga considerata la sua professionalità. Purtroppo gran parte della pubblica opinione e molti genitori considerano la scuola e gli insegnanti come un viatico da sopportare più che una risorsa necessaria per i loro figli. Pertanto, il nuovo governo deve dichiarare con i fatti che il Sistema educativo è una variabile indipendente di un contesto socioeconomico e che in una società in profondo cambiamento deve svolgere un ruolo primario di inculturazione (e di acculturazione, considerando le alte percentuali di studenti stranieri) delle nuove generazioni e degli adulti. E che motore di tale ruolo è il corpo professionale degli insegnanti. In tale direzione una politica che ponga al centro il Sistema educativo e la formazione continua di coloro che lo sostanziano restituirebbe agli insegnanti la prima cosa che è stata loro sottratta in questi ultimi anni, la dignità del loro ruolo! I temi da porre sul tappeto potrebbero essere i seguenti: - come e perché curvare le finalità e gli obiettivi di cui alle Indicazioni nazionali e alle Linee guida, utilizzando concretamente gli spazi concessi dall’autonomia e dalla flessibilità; - sostenere tutte le iniziative finalizzate alla generalizzazione di una didattica attiva in funzione della realizzazione di curricoli verticali che investano almeno l’intero ciclo dell’obbligo decennale; - riavviare una “cultura della valutazione” interrotta dall’improvvido ritorno ai voti, sottolineando le differenze concettuali e operative che corrono tra il misurare, il valutare e il certificare. Sono temi che mettono in gioco il concreto “saper fare” degli insegnanti, in quanto insistono sulla necessità di creare un virtuoso collegamento tra le finalità che un Sistema educativo oggi persegue in un Paese ad alto sviluppo e le risorse umane e professionali di cui dispone, da troppo tempo umiliate e offese! Una scommessa e una sfida! Riuscirà il nuovo governo a raccoglierla e a vincerla? |