Santerini (Lista Monti):
“Più scuola per la crescita”

da Tuttoscuola, 7.2.2013

Milena Santerini è Ordinario di Pedagogia generale all’Università Cattolica di Milano. E’ Coordinatrice del Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria, Direttore del Centro di ricerca sulle relazioni interculturali e Direttore scientifico del Master in “Formazione interculturale.
Competenze per l’integrazione e l’inclusione sociale”. Insomma è fortemente impegnata nel mondo dell’educazione.
Si presenta alla Camera dei deputati nella Lista “Scelta civica – con Monti per l’Italia” – Lombardia 2. Nel suo sito ( http://www.milenasanterini.it/ ) dichiara tra le sue priorità:

- Contrastare l’abbandono scolastico
- Valorizzare gli insegnanti
- Privilegiare la famiglia
- Dare la cittadinanza ai figli degli immigrati
- Favorire le adozioni

Professoressa Santerini, molti si riempiono la bocca della scuola e dei suoi problemi. Ma pochissimi sembrano conoscerla davvero. Cosa vuol dire per lei che nell’istruzione – e anche nell’educazione – c’è il futuro del paese? E come trasformare un’enunciazione di principio in una politica concreta di sviluppo della conoscenza?

“Da quasi vent’anni, occupandomi di formazione degli insegnanti, ho assistito ai cambiamenti della scuola italiana. Oggi, il processo di comunicazione del sapere è molto cambiato: è più orizzontale che verticale (per la crisi del principio di autorità), riguarda un mondo di conoscenze “senza confini” (le informazioni in Rete sono illimitate), mentre scopriamo sempre più che l’apprendimento è di tipo sociale, costruttivo e collettivo. Si può quindi credere di fare a meno della scuola? Molti sembrano pensare che per la crescita economica non ci sia bisogno di “più scuola”: lo dimostra l’alto tasso di abbandono scolastico dei ragazzi che lasciano lo studio (più del 18%), la disaffezione verso la cultura, la svalutazione del ruolo degli insegnanti.
Invece, la cultura è al centro dello sviluppo: si conferma che per la crescita economica e sociale di un paese sono necessarie competenze sempre più elevate, che il PIL aumenterebbe del 4% se tutti avessero un diploma (dati Fondazione Agnelli) e che nella crisi economica resiste (cioè trova o cambia lavoro più facilmente) chi ha studiato (dati OCSE).
In tempi di investimenti limitati, per far fronte a questa crisi di senso del sapere, bisogna però credere concretamente nella scuola, liberandone le energie, e valorizzando gli insegnanti, senza continuare a impoverirla o stressarla con continue riforme”.

Qual è il primo provvedimento da prendere per il settore dell’istruzione? Si impegna a presentarlo se sarà eletto?

“Sono vari i settori nei quali occorrerebbe intervenire, nell’ambito di un rilancio della scuola. E’ necessario dare compimento ai processi di autonomia non in termini di competitività tra istituti, bensì nella prospettiva qualificante della valutazione e – soprattutto – autovalutazione delle scuole.
Ciò potrà permettere di responsabilizzare le scuole, nelle diverse articolazioni del sistema pubblico (statale e non statale), in ordine al problema della qualità da raggiungere. Occorre però evitare che il modello delle competenze e la logica del “mercato” portino ad adottare unicamente criteri di efficienza per valutare i risultati. Infatti, altrettanto importante dell’efficienza è l’attenzione all’equità: potenziare il diritto allo studio, favorire la frequenza alla scuola dell’infanzia, contrastare l’abbandono, collegare la formazione professionale con il territorio e il lavoro, promuovere l’integrazione degli alunni immigrati (ormai “cittadini” di fatto), valorizzare il ruolo delle famiglie:
insomma una scuola inclusiva, come è nella tradizione italiana.Ancora, tra i temi dell’agenda metterei l’introduzione dell’organico funzionale d’istituto, in prospettiva di un arricchimento di ruoli e funzioni. La scuola in questi anni è stata depauperata, mentre in realtà si è fatta carico di vari problemi, anche sociali. Diventa centrale, quindi, garantire l’aggiornamento e la riqualificazione dei docenti, nella prospettiva di nuove funzioni collegate ad un sistema di incentivi ma anche ad una rendicontazione sociale dei risultati. Infine, il prossimo Parlamento dovrà affrontare il nodo “storico” del reclutamento degli insegnanti cercando di contemperare i diritti dei precari e quelli dei giovani laureati, evitando “guerre” interne, promuovendo un ricambio generazionale, e favorendo l’aumento del numero dei docenti maschi in un insegnamento sempre più femminilizzato”.

Cosa invece cancellerebbe di quello che c’è? Se ne farà promotore?

“Si sta ridiscutendo il tema del riordino dei cicli di istruzione e la riduzione dell’iter di studio per garantire l’entrata nell’Università a 18 anni, allineandoci agli altri paesi europei (la proposta era stata avanzata già da governi passati). Parallelamente si sta pensando all’allungamento di un anno dell’obbligo (17 anni). Mi pare necessario unire alle necessità di tipo istituzionale ed economico anche una lettura pedagogica dei problemi. In questo senso, tenderei ad escludere l’entrata anticipata obbligatoria nella scuola primaria dei bambini di cinque anni, per motivi legati alla necessità che la scuola sia a misura dei tempi emotivi e di apprendimento dei bambini, senza precocismi.
La possibilità di una riduzione della scuola superiore, o le ipotesi di conseguire crediti formativi utili ad un abbreviamento dell’Università, devono essere valutate tenendo conto sia dell’effetto sulle riduzione delle cattedre, sia del format 3+2 dell’istruzione universitaria, ormai consolidato.
L’obiettivo dell’ingresso anticipato nel mondo del lavoro si deve però accompagnare alla forte volontà di ridurre la dispersione; mi chiedo se non dovremmo aprire un dibattito sulla possibilità di prolungare, se necessario, la formazione comune di base oltre i 14 anni attuali, per garantire a tutti gli studenti livelli di apprendimento adeguati e consentire loro di orientarsi meglio verso il loro progetto di vita”.

Qualità e risparmi si possono coniugare nel mondo della scuola? Faccia un esempio di dove una illuminata spending review potrebbe recuperare delle risorse nel settore dell’istruzione e in cosa le reinvestirebbe per la qualità della scuola.

“Razionalizzando i costi dell’amministrazione si può puntare ad arricchire l’organico degli istituti attraverso la creazione di risorse aggiuntive, accompagnata dalla parallela realizzazione di forme di flessibilità contrattuale e da un adeguato sistema di incentivi per il personale docente, amministrativo e ausiliario. Attraverso un’accurata revisione e razionalizzazione dei Fondi Europei si potrebbe creare un vero piano nazionale per l’insegnamento delle lingue che preveda l’aggiornamento degli insegnanti, l’utilizzo anche di docenti madrelingua, gli scambi internazionali tra gli studenti”.