Il rilancio della scuola pubblica per superare la crisi
e promuovere la crescita sociale ed economica del Paese
(appello alle forze politiche in vista della
consultazione elettorale
e per le future scelte di governo)
Andis, ScuolaOggi 17.2.2013
La drammatica situazione economica vissuta in quest’ultimo anno
dall’Italia e dall’Europa e la crisi che si è conseguentemente
abbattuta sulla credibilità della politica nel nostro paese hanno
riflessi molto pesanti anche sul settore della formazione, la cui
centralità, verbalmente declamata, è stata nell’ultimo decennio
ulteriormente contraddetta dalle scelte politiche adottate, che
hanno portato non all’auspicata razionalizzazione della spesa, ma un
a calo drastico delle risorse destinate all’istruzione.
In questa ottica si è ragionato – senza mai interloquire realmente
con gli operatori della scuola - di nuovi parametri per il
dimensionamento, di ridiscussione dell’orario di lavoro dei docenti,
di finanziamenti ordinari ridotti e di finanziamenti aggiuntivi da
erogare sulla base di “meriti” non definiti, mentre sembrano sparite
dall’orizzonte le questioni della dispersione, della varianza degli
esiti nei diversi contesti socio-culturali, dell’inadeguatezza delle
tradizionali impostazioni didattiche a fronte di un’emergenza
formativa sempre più forte e della crescita esponenziale del numero
dei giovani che non lavorano e non studiano.
Sembra che all’epoca delle grandi riforme da attuare senza alcun
investimento per il rinnovamento culturale e professionale stia
subentrando una fase di interpretazione restrittiva delle norme, un
processo di ritorno al passato ove i dirigenti e gli insegnanti più
motivati perdono fiducia e progettualità.
Dell’attuazione del Titolo V della Costituzione non si parla quasi
più; la nuova governance scolastica che sembrava sul punto di essere
approvata si è inabissata; le modalità di reclutamento dei docenti e
dei dirigenti sono rimaste quelle di sempre; il controllo centrale
dei flussi di spesa si è amplificato e di conseguenza le scuole non
dispongono altro che di fondi di cassa rigidamente vincolati e
controllati, tanto che le banche stanno progressivamente ritirandosi
dalle gestioni di cassa onerose. I dirigenti scolastici sono
costretti a contrattare le attività aggiuntive senza certezze sulle
risorse e con la triste prospettiva di non poter riconoscere
l’impegno aggiuntivo dei docenti più motivati e disponibili.
Ciò nonostante, la scuola pubblica non è allo sfascio, grazie
all’impegno civile e professionale di molti dei suoi operatori, in
primo luogo dei dirigenti scolastici, ai quali sono affidati compiti
e responsabilità sempre più gravi e onerosi, senza alcun tipo di
riconoscimento.
L’ANDIS non è un sindacato, ma vuole rappresentare l’elaborazione
teorica e la pratica quotidiana di una figura professionale che è ed
è vissuta come fondamentale punto di cerniera tra la scuola - snodo
di un sistema pubblico chiamato a garantire a tutti il diritto allo
studio - e l’autoorganizzazione di una comunità professionale e
territoriale della società civile. E’ per questo che l’Associazione
ritiene necessario fare appello alle forze politiche e alla pubblica
opinione per indicare alcune condizioni per il rinnovamento e lo
sviluppo della scuola.
Ogni programma, anche elettorale, deve essere rigorosamente fondato
su scelte realistiche e non iscriversi all’interno di una concezione
che ritiene condizione necessaria e sufficiente la richiesta di
maggiori risorse, anche quando ampiamente giustificata dalle pesanti
misure di riduzione della spesa adottate negli ultimi anni. Il
contesto generale è tale che ogni richiesta deve essere accompagnata
da una attenta analisi dei costi e dei benefici e deve prevedere
efficienti strumenti di controllo del raggiungimento degli
obiettivi, come peraltro richiesto ripetutamente dall’Europa. Ma è
anche necessario che venga sottolineata fortemente la qualità
innovativa di ogni intervento, la capacità di incidere sul
miglioramento dei livelli di istruzione.
Per questo chi punta alla guida del Paese deve individuare un numero
ristretto di priorità, capaci di rappresentare il quadro generale di
ciò che è davvero necessario per la reale implementazione di
provvedimenti già adottati ma rimasti inapplicati e di altri che
sono indispensabili e urgenti per il nostro sistema educativo.
Per contribuire al rilancio della scuola pubblica, l’ANDIS propone
pertanto alcune misure da adottare tempestivamente e che
costituiscono condizioni di fattibilità per gli stessi provvedimenti
di riforma, costituiti dalle Nuove indicazioni Nazionali del primo
ciclo e dai Regolamenti di riordino del secondo ciclo:
-
Completamento del dimensionamento delle istituzioni scolastiche,
correggendone palesi storture ma definendone l’ applicazione in
tutte le regioni, anche per la piena valorizzazione della
risorsa dirigenziale scolastica, cosi come ben delineata nelle
Nuove Indicazioni Nazionali per il primo ciclo “la costruzione
di una comunità professionale ricca di relazioni, orientata alla
innovazione e alla condivisione di conoscenze, e stimolata dalla
funzione di leadership educativa della dirigenza e dalla
presenza di forme di coordinamento pedagogico”. L’interesse
dell’ANDIS su questo tema è molto alto anche perché investe la
concezione della dirigenza scolastica come dirigenza specifica e
non amministrativa, dirigenza di uno stesso, sia pure diverso
livello. La scuola non è soltanto un ufficio, ma un ambiente
relazionale autonomo che interagisce con un territorio
complesso, bisognevole di essere diretto e coordinato da chi è
esperto di questioni organizzative e al tempo stesso di
problematiche pedagogiche e di politiche educative nel dibattito
europeo.
-
Le questioni del dimensionamento e del reclutamento rimandano a
quelle più generali dell’attuazione del Titolo V della
Costituzione. Tramontate le incondivisibili spinte di
federalismo non solidale, va tuttavia reclamata l’immediata
attuazione del trasferimento delle competenze alle Regioni in
tema di gestione delle risorse e del personale, attraverso
l’individuazione di parametri unitari e trasparenti di
assegnazione delle risorse finanziarie e di organico, sia dal
livello nazionale a quello regionale, sia dal livello regionale
a quello locale. L’ assegnazione alle scuole autonome di un
budget collegato al numero di studenti e ad altri chiari e
definiti parametri di contesto appare infatti come lo strumento
capace di assicurare l’ unitarietà del sistema di istruzione e
al tempo stesso di collegare il curricolo di scuola alla domanda
del territorio.
E’ necessario ed urgente, a questo fine, affidare entro una data
certa (si propone il 1° settembre 2014) un contingente di organico
funzionale che eviti lo scandaloso carosello dei docenti e permetta
al dirigente di evitare i lunghi e spesso vani scorrimenti di
graduatorie.
Occorre, infine, un accorpamento delle classi di concorso che
consenta ai dirigenti scolastici di tradurre in pratica i margini di
flessibilità e di autonomia, previsti dal Riordino del 2° ciclo.
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E’ indispensabile attuare la riforma degli organi collegiali di
istituto e costituire forme di rappresentanza territoriale delle
scuole autonome per l’interlocuzione con la governance
regionale, così come previsto nel testo originario della riforma
degli organi di governo. L’adozione di tali forme di
rappresentanza va considerata principio organizzativo
fondamentale e non mera possibilità affidata alla
discrezionalità delle Regioni.
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L’attuazione delle nuove indicazioni nazionali del primo ciclo e
delle linee metodologiche contenute nelle “indicazioni
nazionali” per i licei e nelle “Linee guida” per gli istituti
tecnici e professionali costituisce lacondizione indispensabile
perché il riordino varato nel corso dell’ultimo decennio non si
risolva in un puro e semplice taglio delle risorse e del tempo
scuola. Non dovrà essere una semplice operazione di maquillage,
ma un’autentica rivoluzione rispetto all’impianto gentiliano ed
alle impostazioni della scuola di base secondo la legge 53/2003.
Occorre rispondere alle attese di una generazione di giovani che
vive, apprende, reagisce agli stimoli in maniera diversa da
tutte quelle che l’hanno preceduta. Per questo la “centralità
dello studente” non può esaurirsi in uno slogan ma implica la
capacità professionale di interagire con le nuove esigenze e i
nuovi linguaggi.
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E’ perciò indispensabile la revisione della normativa vigente
sulla valutazione degli allievi, la cui misurazione
esclusivamente numerica appare del tutto contraddittoria con la
certificazione delle competenze, a partire da quella
dell’obbligo di istruzione, comprendente anche le certificazioni
acquisite nel canale nell’istruzione e formazione professionale.
La normativa deve essere armonizzata con l’esigenza di valutare
gli allievi sulla base dei livelli di autonomia e responsabilità
acquisiti in percorsi fondati sulla logica del laboratorio.
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In secondo luogo occorre varare un piano straordinario nazionale
di formazione dei docenti e dei dirigenti fondato sul sostegno
alla progettazione e alla costruzione dei dipartimenti, cui
faccia da indispensabile supporto il riconoscimento di funzioni
di coordinamento organizzativo e didattico da riconoscere
all’interno di una carriera docente collegata alla valutazione
dei titoli e del servizio. La questione non è soltanto
contrattuale, ma anche e soprattutto di cultura professionale,
che può essere affrontata con il supporto di un’opinione
pubblica in grado di informare e in una certa misura anche di
formare utenti spesso disorientati dagli atteggiamenti e dalle
attese delle nuove generazioni.
Tale piano va da subito organizzato indicando come priorità quello
che costituisce il vero perno della battaglia contro la dispersione
scolastica: la scuola secondaria di primo grado; il biennio della
scuola secondaria di secondo grado nelle sue diverse articolazioni;
l’attenzione verso il conseguimento delle competenze chiave previste
dall’obbligo di istruzione.
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La formazione deve inquadrarsi in una revisione dello stato
giuridico e del profilo professionale che preveda sia
l’obbligatorietà della formazione in servizio, sia forme di
valutazione degli operatori. Il naturale contesto in cui si
avvia la valutazione degli operatori (dirigenti, docenti, ATA) è
quello del sistema nazionale, non perché essa debba
automaticamente discendere dalla rilevazione degli esiti di
apprendimento, ma dalla loro messa in relazione con gli
indicatori del condizionamento socio-ambientale e dei servizi
presenti nella scuola. Non deve avere come obiettivo una
occasionale premialità rivolta a pochi, ma va finalizzata alla
costruzione di una possibile carriera, che possa prevedere
l’affidamento di compiti e funzioni di coordinamento didattico
ed organizzativo sulla base del riconoscimento di compiti e
servizi positivamente effettuati. L’urgenza e la delicatezza di
tale compito impone una collaborazione costante tra l’INVALSI,
l’Amministrazione e l’associazionismo professionale, di cui è
elemento essenziale il rilancio del Forum delle Associazioni,
che va inteso non come cassa di compensazione o prevenzione dei
possibili conflitti, ma come organo tecnico chiamato a dare
pareri prima di tutto sulla chiarezza degli obiettivi e sulla
praticabilità delle procedure.
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Per la Valorizzazione del Sistema Nazionale di Valutazione,
l’INVALSI deve essere potenziato nelle sue caratteristiche di
terzietà per poter svolgere su tutte le scuole rilevazioni
attendibili e permanenti, approfondendo e migliorando le azioni
degli ultimi anni, estendendo la ricerca anche alla sfera dei
processi e alla determinazione del valore aggiunto, che
costituisce condizione essenziale per la pubblicizzazione
deirisultati e che deve chiaramente essere finalizzata al
miglioramento del sistema e non ad una sua curvatura in senso
competitivo.
Per consentire un intreccio virtuoso tra valutazione e
autovalutazione e necessario che le indagini vengano svolte su base
censuaria, mentre l’analisi dei quadri di riferimento dovrà
costituire impegno primario dei dirigenti e dei docenti.
L’Amministrazione abbandoni realmente i compiti di gestione per
potenziare quelli di controllo ed esplicitare i provvedimenti
assunti nei confronti delle criticità rilevate, sia in termini
compensativi, sia in termini sanzionatori. Il criterio del merito e
non delle affiliazioni politiche deve a questo fine essere
restaurato nella scelta dei funzionari e dei dirigenti.
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La formazione non può riguardare solo i giovani. E’ ormai un
fatto irreversibile il passaggio dalla sola formazione iniziale
a una formazione nel corso della vita, che riconosce e valorizza
i saperi non accademici, e moltiplica le occasioni di accesso al
sistema formativo in tempi e luoghi diversi, anche non formali.
La formazione nel corso della vita, per tutti e in tutte le sue
accezioni, è la scommessa da vincere. Per questo occorre una
reale sinergia tra i soggetti che operano nel settore della
formazione continua. I principi innovativi della legge
istitutiva dei CPIA si sono venuti sempre più irrigidendo in una
mera logica di ristrutturazione organizzativa, che rischia di
perdere per strada il senso e il valore della formazione
specifica, che ha senso solo se accompagnata da modalità di
assunzione e da condizioni di lavoro diverse da quelle degli
altri tipi di scuola per i docenti e i dirigenti, in primo luogo
capaci di assecondare la flessibilità di percorsi basati sul
riconoscimento delle competenze in entrata e sul rilascio delle
certificazioni in uscita.
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E’ invece necessario, in questa ottica, il rafforzamento della
natura di rete dei Centri Eda attraverso la ripresa dei Comitati
Locali previsti dall’accordo Stato-Regioni del marzo 2001 e la
sperimentazione dei CPIA come organismi capaci di collegare
organicamente la loro attività alle altre forme di educazione
degli adulti presenti sul territorio e al recupero delle
situazioni di svantaggio. Le Regioni dovranno garantire un forte
ed organizzato raccordo con l’IeFP ai fini sia del conseguimento
delle competenze di cittadinanza previste dall’obbligo di
istruzione, sia delle qualifiche professionali di III e IV
livello europeo.
Il Regolamento appena approvato va modificato profondamente in
questa direzione.
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A questi punti, impegnativi ma realistici, vanno accompagnati
due piani straordinari riguardanti nodi strutturali.
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Il primo è costituito dalla generalizzazione della scuola dell’
infanzia, come segmento specifico ed autonomo del primo ciclo,
obbligatorio nell’ultimo anno, perché l‘equità dei sistemi
formativi parte dalla precocità degli interventi compensativi.
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Il secondo, prioritario proprio perché di non breve periodo, é
costituito da un programma inerente le pressanti questioni
riguardanti l’edilizia scolastica, che in troppe situazioni è
inadeguata e obsoleta. E’ bene precisare che tale questione non
riguarda solo il gravissimo problema della sicurezza, ma in
maniera decisiva la costruzione di ambienti vivibili e motivanti
di apprendimento per i giovani e di lavoro per gli insegnanti.
Non un lusso, ma una necessità vitale per la salute e la
qualificazione dei nostri giovani.
L’ANDIS mette a disposizione tutte le proprie risorse professionali
per l’approfondimento e la l’articolazione tecnica di queste
proposte, anche nel quadro di un indispensabile rapporto costruttivo
con gli Enti Locali, il cui contributo è essenziale per il buon
funzionamento del servizio scolastico e che debbono avere meno
vincoli nella strutturazione dei fondi per il diritto allo studio.
(documento approvato all’unanimità dal Direttivo e dal Consiglio
Nazionale dell’ANDIS)