Si possono valutare i docenti? di Mariangela Galatea Vaglio Letterina A.S.SI. n 351 del 14.2.2013 Non è detto che un insegnante che spiega grammatica e finisce il programma sempre, sia un bravo insegnante. Non è detto che uno che sa tutte le eccezioni della grammatica sia un bravo insegnante. Come, e tutti ce li ricordiamo a scuola, non è detto che l’alunno secchione che sa sempre tutto perché impara a memoria il libro sia poi bravo davvero nella vita. Il lato artigianale del mestiere di insegnante, che è fatto di passione e anche di intuito, ma di una passione ed intuito che sono frutto dell’esperienza e delle conoscenze approfondite che il docente può avere, quello ecco non è facile valutarlo con nessun test. Anche perché a volte le ricadute ci sono, ma anni e anni dopo che la classe è uscita dalla scuola, gli ex alunni sono già grandi e vanno per il mondo con le loro gambe. Per cui io, per carità, sono favorevole alla valutazione degli insegnanti con test “oggettivi”. Ma vorrei, prima di tutto che fosse chiaro a tutti che anche il più “oggettivo” dei test “oggettivo” del tutto non è mai. E poi che c’è sempre un quid che sfugge ad ogni possibile test. Per cui attenzione anche a proporre una valutazione (sia degli alunni che degli insegnanti) che si basi solo su questi pretesi livelli oggettivamente riscontrati sulle basi di valutazioni di test, come pare sia l’andazzo. Si rischia di creare una scuola dove tutto è monitorato e incasellato, ma nulla funziona veramente. Può servire a scoprire con più facilità qualche insegnante che non fa il suo lavoro per pigrizia, sì. Ma rischia però, dall’altro lato, di creare una classe di insegnanti “impiegati” che spiegano solo ed esclusivamente quello che serve loro per fare bella figura nei test, ammazzando quel lato creativo ed artigianale che alle volte permette ad alcuni di essere ottimi docenti. La scuola “impiegatizia” forse può aiutare a creare un livello medio più diffuso ed accettabile, ma ha il guaio che però può appiattire le punte di eccellenza e di motivazione dei singoli docenti (a anche degli alunni). Possiamo avere una scuola che funziona magari apparentemente meglio, perché ha i ritmi di una ben oliata catena di montaggio della fabbrica di bulloni. Il guaio è che la scuola non produce bulloni, e se la riduciamo così c’è il rischio che invece non produca più quelle belle statue artigianali che magari non sono Michelangelo, ma, diverse le une dalle altre e ben costruite, sono comunque piccole opere d’artigianato alto. A quanto ho capito leggendo i giornali, la “proposta” di Monti fatta girare ieri di limitare ad un solo mese le vacanze estive è già stata ritirata o smentita. Non era del resto chiaro nemmeno bene di cosa stessimo parlando, perché le agenzie dicevano: «Una riforma del calendario scolastico in modo da limitare ad un mese le vacanze estive, sulla base della partecipazione volontaria delle famiglie. Questa misura non vuole andare ad aggravare il lavoro degli insegnanti, ma modernizzare un sistema che penalizza i genitori lavoratori». Che a casa mia somiglia tanto a quella storia della botte piena e della moglie ubriaca, perché non so cosa vuol dire “partecipazione volontaria delle famiglie” (che le famiglie mandano i figli a scuola se e quanto pare a loro? Che partecipano volontariamente e quindi si devono pagare il servizio?) e nemmeno come si possa preventivarla “senza aggravare il lavoro degli insegnanti” (E quindi a scuola d’estate chi ci sta a sorvegliare gli alunni? Degli educatori? i bidelli? E pagati come, visto che hanno tagliato il Fondo l’Istituto che serve a finanziare tutte le attività aggiuntive?). Quello che però vorrei dire, e sottolineare, è soprattutto l’idea di scuola che viene fuori da queste frasi. Monti dice che questa riforma del calendario andrebbe fatta per venire incontro alle esigenze delle famiglie con genitori lavoratori. E su questo sono perfettamente d’accordo. Non sono però dell’idea che questa cosa qua - cioè fornire un servizio alle famiglie, un posto dove lasciare i figli d’estate, quando le lezioni sono terminate e però i genitori lavorano ancora - sia “scuola”. |