Quello che le parole non dicono. di Girolamo De Michele Carmilla, 4.2.2013
Venditore. Almanacchi, almanacchi
nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi? Premessa*
Mi sono preso la briga, da conoscitore delle cose di scuola, di
leggere i programmi elettorali del centro-sinistra sulla scuola. Ho
preso appunti sulle questioni che a me sembrano di maggior rilievo
(per un confronto sinottico generale si può vedere
qui o
qui), e ne ho ricavato questo testo, che spero sia esauriente.
Lascio ai lettori interessati il giudizio, senza dare (ci
mancherebbe) indicazioni di voto: con chi ha davvero a cuore la
difesa della scuola, ci si vede nelle lotte. 0. Introduzione
L'esame dei programmi elettorali che possono in qualche modo
riguardare gli elettori di sinistra [1] può dare, a
una prima lettura, l'impressione di un libro delle favole, dal quale
mancano solo le montagne di parmigiano, i fiumi di vernaccia e le
vigne legate con le salsicce.
Un secondo problema, tutto politico, è la relazione che si
istituisce tra il ministero Gelmini e il ministero Profumo.
Francesco Profumo non è venuto giù dal Monviso con la piena: è un
cosiddetto tecnico in quota PD, come in quota PD sono stati i suoi
viceministri "tecnici" Rossi Doria e Ugolini; e del PD è Manuela
Ghizzoni, dal 2012 presidente della Commissione Cultura e Istruzione
della Camera. Il governo Monti, inoltre, ha governato con una
maggioranza che comprendeva il PD (SEL non era rappresentata in
parlamento, come pure PC, il PdCI e i Verdi, confluiti assieme all'IdV,
che era all'opposizione, in Rivoluzione Civile); e alle linee-guida
del governo Monti è ispirata l'affermazione della carta d'intenti
Italia. Bene comune, sottoscritta dai candidati del PD, di SEL,
nonché da alcuni candidati di RC: 1. Quando inizia lo sfascio della scuola pubblica?
Per poter «avviare un’opera di ricostruzione vera e propria»
[L'Italia giusta. Programma, d'ora in poi PD-IG] è necessario
fissare il punto d'inizio della sequenza normativa che ha ridotto la
scuola nelle attuali condizioni. Ma non è facile.
Il punto è, però, che i problemi della scuola non sono iniziati con
la riforma-Gelmini, ma hanno una radice ben più lontana, di cui
nessuno sembra accorgersi: la privatizzazione del rapporto di lavoro
attuata con la riforma-Cassese (dlgs 29/93) e confermata dai
successivi provvedimenti di riforma della pubblica amministrazione
firmati da Bassanini (dl 165/01). Finché non si riforma il carattere privatistico del rapporto di lavoro dell'insegnante, ci saranno sempre alcune attività gerarchicamente inferiori, e quindi vincolabili alle risorse erogate; da qui i deliri, o le improvvisazioni, sull'aumento (volontario o meno) dell'orario di lavoro dell'insegnante. Il ripristino dell'organico funzionale chiesto da PD-Sc e da La nostra Rivoluzione Civile [d'ora in poi RC], o l'apertura delle scuole «tutto il giorno, tutto l’anno e per tutta la vita» (PD-Sc; ma in precedenza, Scuola. Guardiamo al futuro, ottobre 2010) sarebbero in caso contrario di difficile realizzazione, e la loro permanenza sarebbe vincolata alla volontà dei singoli governi di stanziare fondi supplementari, o all'andamento della crisi economica. Ma anche il «Tornare alla Costituzione» di RC è, in questa situazione, un pio desiderio. Quanto ai programmi di Sinistra, Ecologia e Libertà [d'ora in poi SEL] e del Movimento 5 Stelle [d'ora in poi M5S], il riferimento costituzionale è assente dai loro programmi scolastici: SEL parla genericamente di una scuola che «deve formare alla vita [per] esercitare un ruolo preminente nell’organizzazione della società, della produzione e della formazione delle generazioni», M5S non si prende la briga di dire a cosa serve, o dovrebbe servire, la scuola.
In altri termini: se la scuola ha una finalità "pubblica", il
rapporto di lavoro deve tornare ad essere pubblicistico. Questo
significa che, una volta individuato il fine, lo scopo della scuola,
lo Stato individua tutte le funzioni necessarie alla piena
realizzazione di questo scopo, ne stabilisce costi e risorse, e in
base a questo assegna incarichi, organici e quant'altro; nel caso di
un rapporto privatistico, fondato un rapporto di lavoro volontario e
strettamente personale, il rapporto di lavoro è un angusto orizzonte
giuridico «che costringe a calcolare con la durezza di uno Shylock:
non avrò per caso lavorato mezz’ora più di un altro, non avrò
guadagnato un salario inferiore a un altro?» [3]. Ma nessuno degli schieramenti mette in discussione la natura del contratto di lavoro del personale scolastico, e il PD fa addirittura l'elogio delle riforme Cassese e Bassanini [4].
Da questa aporia discende la proposta del PD, in tutta franchezza
demenziale, di un orario di lavoro a due velocità: obbligatorio a 18
ore, facoltativo per un supplemento pomeridiano (con fumosissime
finalità, peraltro). A parte l'impossibilità pratica (quali e quante
scuole hanno spazi attrezzati per questa funzione pomeridiana? Come
si fa a garantirla se anche le prestazioni extra-orario dei bidelli
sono facoltative?), dove andrebbe a finire la collegialità, se
alcuni docenti sono a scuola 18 ore, e altri 40 [5]?
Ma soprattutto: questa proposta è offensiva nel momento in cui
disconosce il valore in primo luogo orario del lavoro che i docenti
svolgono a casa, che porta il carico di lavoro complessivo a oltre
1.750 ore annue, il più alto nel pubblico impiego [clicca sulla
tabella a sinistra ingrandirla]; e, soprattutto, perché considera (Cassese
e Bassanini placet) il lavoro dell'insegnante in base non al suo
valore intrinseco, ma al numero di ore misurabili. Il che è coerente
con la natura privatistica del rapporto di lavoro, ma contraddice la
volontà di una scuola «che deve realizzare il "compito" che l'Art. 3
della Costituzione affida alla Repubblica» [PD-Sc], e apre la strada
a future distorsioni: una volta che i docenti sono a scuola,
facciamogli fare di tutto! 2. Abrogare la riforma Gelmini?
Rivedere la riforma-Gelmini: su questo tutti i programmi sembrano
convergere.
Cerchiamo dunque di essere chiari.
La vera alternativa, che andrebbe esplicitata agli elettori, è tra
due opzioni:
Anche sul ritorno a una scuola democratica sembrano tutti d'accordo: ad eccezione di M5S, per il quale questo obiettivo non è compatibile con un movimento "né di destra né di sinistra" (o forse perché non ne sanno molto). «Vogliamo ridare ruolo e poteri agli organi collegiali a tutti i livelli per un governo democratico e partecipato delle scuole e dell'intero sistema», si legge in RC; per SEL «è indispensabile garantire Organi Collegiali democratici, aperti, che abbiano pieno riconoscimento e diritto d’intervento nella didattica e negli aspetti organizzativi»; PD-Sc prefigura «un sistema di istruzione secondaria capace di fornire agli studenti una solida e unitaria cultura generale perché possano esercitare il diritto di cittadinanza attiva», e avanza una contorta proposta di decentramento gestionale consistente nel «realizzare pienamente l'autonomia delle singole scuole in campo didattico, finanziario, amministrativo e gestionale, rafforzando al contempo la verifica dei risultati dal parte del centro».
Come è stato da più parti notato, il linguaggio degli estensori del
programma scolastico del PD lascia molto a desiderare: ad esempio,
quando si attribuisce al "centro" (inteso come Regione, stante la
riforma del Titolo V della Costituzione, o come Stato? Non è una
differenza di poco conto) «il ruolo di valutatore a posteriori,
oltre a fissare le indicazioni nazionali (i programmi) e le
competenze richieste». Indicazioni o programmi? Possibile che la
responsabile nazionale scuola del primo partito d'Italia Francesca
Puglisi, porcellata (da "porcellum": mi si passi il neologismo) al
Senato in Emilia-Romagna senza passare dalle primarie, non conosca
la rilevante differenza tra le une e gli altri?
Ma la questione non si risolve nel solo ddl 953/12 e nella riforma
in senso democratico degli organi collegiali. Ancora Stefanel nota
che il controllo sul dirigente da parte del Consiglio di Istituto
contraddice la 150/09 (legge Brunetta) che vuole il dirigente
«controllato dallo stato, che gli fornisce gli obiettivi
contrattuali da raggiungere: come fa un dirigente ad avere due
controllori non necessariamente in armonia tra loro?»
Persino nei programmi generali, laddove si parla di pubblica
amministrazione, non si trova nulla di più esplicito di questa
generica affermazione: «la riforma Brunetta ha dimostrato la sua
debolezza sia sul piano progettuale che su quello della gestione del
cambiamento. Anziché rincorrere perennemente la grande riforma della
PA, velleità che produce (come Brunetta dimostra) un inaccettabile
processo di centralizzazione e conduce al fallimento, pensiamo che
si debba dare continuità ai processi di riforma, attraverso una
costante e mirata manutenzione delle leggi esistenti e delle riforme
necessarie dove e quando servono» ("Pubblica amministrazione. Un
settore pubblico di qualità per far ripartire l'Italia", PD, 2011).
Che sembra voler dire: è brutta, ma non si può cambiare una legge
ogni tre anni. E quindi, per ignavia, insipienza o complicità,
prevedo che la riforma Brunetta resterà dov'è: però continueranno a
raccontarci le barzellette su Brunetta. 4. Quali fondi alle scuole private?
[A sinistra, una simpatica réclame della scuola privata "Istituto
Leopardi" di Padova] Si sa, i voti delle lobby cattoliche fanno gola
a tutti, specie a quelli che le lobby ce le hanno in casa, o hanno
aperto la porta per farle entrare (in Lombardia, ma non solo lì,
significa i voti di Comunione e Liberazione, ora che i ciellini
hanno perso la protezione politica e lanciano segnali a destra e a
manca, essendo la loro natura simile più a quella dei ratti che
abbandonano la nave che a quella dei primi martiri cristiani).
Capita così che, in un quadro di difficile reperimento dei fondi
necessari a far ripartire la scuola (e non solo lei), PD-Sc non
abbia una parola da spendere sullo scandalo dei 500 milioni
destinati alle scuole private (che poi, tra le pieghe della
finanziaria, diventano 6-700, ad esempio in forma di sussidi alla
ristrutturazione edilizia, com'è capitato alla "Libera Scuola dei
Popoli Padani" di Varese, diretta da Manuela Marrone, moglie di
Umberto Bossi). Per contro, per RC «vanno eliminati i finanziamenti
pubblici, diretti ed indiretti, alle scuole private», per M5S
«risorse finanziarie dello Stato erogate solo alla scuola pubblica».
Ma non è facile dire: niente soldi alle private. Per attuare questo
proposito è necessario superare – ma bisogna dirlo, prima di farlo –
l'equiparazione di scuole pubbliche e "paritarie private" attuata
dalla "legge Berlinguer" 62/00 ("Norme per la parità scolastica e
disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione"), come è
scritto nei "Quaderni di scuola": «rivedere il sistema paritario
previsto dalla legge n. 62/2000, togliendo l’incostituzionale
finanziamento di scuole istituite da privati e garantendo controlli
per i requisiti di autorizzazione e di equipollenza». Queste parole,
però, non sono riportate in SEL: qual è la posizione di Vendola,
quella dei "Quaderni" (al tempo delle primarie, ottobre 2012)
contraria alla parificazione tra scuole pubbliche e private, o
quella (odierna) del programma elettorale, che non spende una parola
sull'argomento?
In secondo luogo, la parificazione delle scuole private ha un suo
fondamento nella deformazione della riforma del Titolo Quinto della
Costituzione, ossia nel principio di sussidiarietà previsto dal
primo comma dell'art. 118: «Le funzioni amministrative sono
attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio
unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e
Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed
adeguatezza». È chiaro che la sussidiarietà di cui si parla è quella
verticale, e che il suo significato non è equivocabile: le
prestazioni verso i cittadini devono essere effettuati dall'organo
dello Stato ai cittadini più prossimo, se possibile dai Comuni. Chi combatte i finanziamenti alle scuole private non può non avere presente che questa tendenza alla sussidiarietà orizzontale va contrastata. Al contrario, nei programmi del PD si trova una generica affermazione: «l’autogoverno locale deve offrire spazi e occasioni alla sussidiarietà, alle forme di partecipazione civica, ai protagonisti del privato sociale e del volontariato», buona per tutte le stagioni, a cui fa riscontro un intero paragrafo nel programma sulla pubblica amministrazione, che afferma a chiare lettere che «il principio costituzionale della sussidiarietà orizzontale [corsivo mio] [è la] chiave per definire correttamente l’integrazione tra intervento pubblico e ruolo del settore privato», e che «il ruolo del pubblico [è] intervenire direttamente in tutte le circostanze in cui l’iniziativa dei cittadini non sia in grado di soddisfare adeguatamente un bisogno pubblico». Un'affermazione che potrebbe essere sottoscritta da Bagnasco, Casini, Binetti, Formigoni, e che risuona ancora più forte per effetto dell'assordante silenzio di SEL sull'argomento.
Peraltro, anche nel programma di RC il tema della "sussidiarietà"
non viene nominato: per ignoranza o per scelta tattica? Non
dimentichiamo la presenza di ex-democristiani - in primis Di Pietro
e Orlando – accanto a Ingroia [a destra, Orlando e Vittadini in
dialogo durante l'incontro
"Sussidiarietà e... città abitabile"]. 5. Quale valutazione?
Sulla "valutazione degli apprendimenti" si potrebbe scrivere un
intero documento: tanto vale limitarsi a segnalare le diverse
posizioni. 6. Una costituente per la scuola?
Siamo verso la fine, e c'è qualcosa che non mi torna, in questi
programmi. «Occorre promuovere una "costituente per la scuola", se si vuole uscire dalla rincorsa di questa o quella emergenza e sfuggire al devastante senso comune che da troppo tempo costituisce il solo riferimento per la politica scolastica. C'è bisogno di individuare una nuova direzione per lo sviluppo dell'educazione, che tenga conto del progresso della conoscenza, del mutare dei rapporti sociali, dello sviluppo dell'economia, dei nuovi scenari aperti dalla tecnologia. Ma occorre anche valorizzare la specificità del patrimonio della cultura europea, all'interno della quale quello italiano costituisce un apporto determinante. La costituente per la scuola avrà il compito di delineare un nuovo profilo per la popolazione del nostro paese e di indicare le condizioni che consentiranno di realizzarlo».
Benissimo: ma una costituente costituita da chi? Dal solito manipolo
di esperti, dai portatori di interessi delle lobby, dal ceto
politico del PD che occupa il ministero ed espone il solito cartello
già visto con Berlinguer e Fioroni "Non disturbare – Stiamo
lavorando per voi"? All'interno di ALBA, all'incontro nazionale di Parma il 1 luglio 2012, fu presentato un documento (alla cui elaborazione, pur non essendo iscritto ad ALBA, avevo fornito il mio contributo) nel quale si chiedevano gli stati generali dell'istruzione e della conoscenza in questi termini: «A noi sembra che non possa essere accettata alcuna delega, né alcuna riedizione di ipotetici principi illuminati che calano dall’alto processi di riforma da accettare con benevolente passività. Che la sola modalità che possa porre in essere una scuola come bene del comune sia una modalità di condivisione dal basso di un processo costituente. Che si possa e si debba partire dal rovesciamento dell’attacco in atto agli organi collegiali attraverso un rilancio degli organi collegiali come assemblee costituenti della scuola del comune. Che le assemblee dei docenti e dei lavoratori della scuola – che sono organi istituzionali – possano essere pensati come il principio di un movimento verso gli Stati generali dell’istruzione e della conoscenza, a partire dalla redazione dal basso di Cahiers de doléances in assemblee istituzionali o in accampate in forma di autogestione degli spazi comuni».
Nel lungo décalage che ha portato dai movimenti come ALBA alla lista
Rivoluzione Civile, di assemblea in incontro la voce della scuola,
come quella dei movimenti reali, si è sempre più affievolita, mentre
cresceva quella dei segretari di un pentapartito di fatto (PRC, PdCI,
Verdi, Arancioni-sindaci, IdV): e queste parole non sono entrate nel
programma di RC. È un fatto, e bisogna prenderne atto.
Come sempre, la scuola diventa un argomento sul quale tutti hanno
detto che..., a condizione che la parola e il potere costituente sia
saldamente tenuto lontano dalle mani dei lavoratori della scuola. 7. I costi della scuola
La proposta di PD-Sc chiede di «riportare gradualmente
l’investimento almeno al livello medio dei Paesi OCSE (6% del PIL)».
In realtà la media di riferimento è del 6.3% circa, e se l'Italia si
adeguasse sarebbe del 6.4%: parlando di miliardi di euro, sarebbe il
caso di essere precisi, perché poi ci sono le finanziarie da
scrivere. In soldoni, fanno circa 15 miliardi (a seconda delle
fluttuazioni del PIL, tra 14 e 16): il che significa circa 3
miliardi all'anno.
Il PD-IG promette «un ridisegno profondo del sistema fiscale che
alleggerisca il peso sul lavoro e sull’impresa, attingendo alla
rendita dei grandi patrimoni finanziari e immobiliari», e rimetta in
moto investimenti e produttività, anche grazie a «una lotta decisa
all’evasione fiscale» (ma non una patrimoniale): ma si lascia
sfuggire, in PD-SC, un significativo «nell'attesa di una ripresa
economica del Paese che consentirà forti investimenti». Bersani ha
anche aggiunto, ridendo e scherzando [
qui], che «si deve vendere un po' di patrimonio pubblico».
Parliamoci chiaro. Che ci siano tagli e spostamenti di risorse da un
settore all'altro, non sarò certo io a negarlo: ne attesta la
fattibilità anche quest'anno il
Rapporto
Sbilanciamoci 2013, e nel mio
La scuola è di tutti l'ho sostenuto, conti alla mano (e su
qualche punto mi è stata data ragione dai fatti). Ma non è certo con
i soli tagli agli F 35, o con la stanca retorica sull'evasione
fiscale che si mettono in atto politiche strutturali. Dalla crisi si esce rovesciando le regole del capitale finanziario: promuovendo, in accordo con Grecia, Spagna e Portogallo, una comune strategia improntata sul diritto al default selettivo e alla ridiscussione del debito con le grandi SIM; mettendo in discussione, sulla base della legge sul tasso d'usura e sulla recente sentenza che ha condannato Deutsche Bank, Ubs, Jp Morgan e Depfa Bank per truffa sui derivati stipulati dal Comune di Milano (nel 2005); introducendo nell'ordinamento italiano il "debito odioso", ossia, secondo una moderna riformulazione, un «debito contratto contro gli interessi dei cittadini di uno Stato, senza il loro consenso e senza la piena conoscenza di chi siano i creditori»; riformando l'Euro a partire da quella che Christian Marazzi ha chiamato "moneta del comune", cioè «quella moneta che dà espressione e riconosce ciò che è comune nella moltitudine, diciamo così, in uno spazio politico, sociale, demografico quale è oggi l’Europa».
Senza questo orizzonte di senso, persino proposte di buon senso come
l'audit sul debito o la ridiscussione del Fiscal Compact sono al più
ingenue illusioni. Certo, queste proposte implicano una lotta non
breve e non facile per modificare in modo radicale l'attuale assetto
economico e politico dell'Europa: e da nessuno dei programmi
esaminati si ricava questa volontà. Come sia poi possibile una
radicale riforma di senso e di strutture della scuola in un quadro
generale che resta immutato, e dunque sottoposto agli effetti della
crisi, resta quantomeno misterioso, almeno per me. Note al testo
* Nota di metodo.
Per i programmi elettorali, faccio riferimento, per il PD,
al programma L'Italia giusta. Programma, e a quello del suo
dipartimento scuola L'Italia giusta. Il futuro si prepara a
scuola, nonché ai documenti (indicati come parte integrante del
programma) Valutazione e rilancio della scuola italiana
(Forum Politiche dell’Istruzione del Partito Democratico, agosto
2010) e Scuola. Guardiamo al futuro (ottobre 2010). Per SEL,
il programma generale (la scuola è all'interno della voce
"Formazione"), e il documento (che però non è indicato come parte
del programma) "Quaderni di scuola" (ottobre 2012); per entrambi la
carta d'intenti Italia. Bene comune, sottoscritta dai partecipanti
(candidati ed elettori) alle primarie del centrosinistra (alle quali
ha partecipato anche il PdCI, peraltro interno alla coalizione di
Ingroia); per Rivoluzione Civile La nostra Rivoluzione Civile (la
scuola è al punto 8: "Per la conoscenza e la cultura, per
un'informazione libera"); per il Movimento 5 Stelle, il programma
generale (la scuola è alla voce "Istruzione"). [1] Non considero "di sinistra" il M5S, ma tengo presente che ci saranno elettori soggettivamente collocati "a sinistra" che lo voteranno. In altri termini, mi interessa meno di zero un movimento "né di destra né di sinistra", "oltre il fascismo e l'antifascismo, il razzismo e l'antirazzismo": considero queste affermazioni di Beppe Grillo espressione di un qualunquismo reazionario. Ma mi interessa una parte del suo probabile elettorato, ad esempio i grillini interni al movimento No Tav. [2] Stefano Stefanel, L'interessante proposta del PD sulla scuola: promessa costosa. Stefanel, dirigente scolastico friulano, è un osservatore col quale non sempre sono d'accordo: ma non faccio alcuna fatica a riconoscergli una reale competenza; sulla divergenza delle nostre opinioni rimando al nostro "carteggio" del novembre 2010. [3] È la nota affermazione di Lenin nel cap. 5 di Stato e rivoluzione, ripresa più volte anche da Trotskij. [4] «Negli anni Novanta fu il centrosinistra, con Cassese e Bassanini, a realizzare una stagione di riforme della PA che ha riguardato temi decisivi: semplificazioni amministrative, disciplina della dirigenza, contrattualizzazione del rapporto di lavoro»: Pubblica amministrazione. Un settore pubblico di qualità per far ripartire l'Italia, Assemblea Nazionale PD, 4-5 febbraio 2011. Inopinatamente, al punto 10 dello stesso socumento si afferma che «La dirigenza deve essere autonoma, responsabile, libera dagli effetti negativi dello spoils system, pratica che ha prodotto una forte immissione nel sistema di pseudo dirigenti affini alla politica»: ma lo spoils system è stato introdotto nelle PP. AA. proprio dalla riforma Bassanini! [5] Stefanel, L'interessante proposta..., cit.: «Se ci sono insegnanti a 18 ore e insegnanti a (poniamo) 40 ore dove va a finire la collegialità? E come si integrano le ore? Inoltre nella proposta della Puglisi c’è una evidente progressione di carriera dei docenti, che dovrebbe essere esplicitata in forma un po’ più organica e omogenea e non in forma così implicita». [6] Con buona pace di PD-Sc: «la scuola secondaria superiore, a differenza della Primaria, non è mai stata riformata, tant'è che l'attuale impianto, anche dopo il "riordino della Gelmini", è rimasto quello gentiliano basato su quattro ordinamenti separati tra loro». [7] Mi permetto di citare un aneddoto personale. In una puntata di "Agorà", dibattendo di scuola con il segretario della CISL Scuola Scrima, il senatore del PDL Asciutti, il giornalista (absit invidia verbo) di "Libero" Borgonovo e la responsabile scuola del PD Puglisi, nell'ultimo minuto ho nominato la lobby della Compagnia delle Opere - Comunione e Liberazione [ qui, al minuto 29:20]. Come potete verificare, Scrima (che aveva già cercato di togliermi la parola) e Asciutti hanno immediatamente cominciato a urlarmi contro. Secondo voi Francesca Puglisi ha speso una sola sillaba in mia difesa? [8] Me ne sono occupato soprattuto in due testi, NON SI PA'! Appunti di lettura sulla manovra e sul commissariamento dell'italia |