Flavia Piccoli Nardelli (PD)

da Tuttoscuola, 6.2.2013

Una donna trentina in Parlamento il Pd la porta di sicuro. È Flavia Piccoli Nardelli, figlia del numero uno dei dorotei trentini, Flaminio Piccoli, che fu parlamentare e segretario nazionale della Dc dopo Zaccagnini tra il 1980 ed il 1982. Flavia Piccoli è capolista dei Democratici per la Camera nella circoscrizione della Sicilia orientale, ed è quarta anche in Piemonte: è nata a Trento ma vive a Roma dove è segretario generale dell’Istituto Luigi Sturzo,

 

Molti si riempiono la bocca della scuola e dei suoi problemi. Ma pochissimi sembrano conoscerla davvero. Cosa vuol dire per lei che nell’istruzione – e anche nell’educazione – c’è il futuro del paese? E come trasformare un’enunciazione di principio in una politica concreta di sviluppo della conoscenza?

“Nella società della conoscenza, in cui qualsiasi forma di lavoro necessita di saperi e competenze disciplinari e pluridisciplinari, il Sistema Nazionale di Istruzione e Formazione – dire scuola è riduttivo – deve assolvere a compiti di alto profilo. La leva dell’istruzione è strategica per l’intero sviluppo del Paese: culturale, civile e socioeconomico. Il problema scuola, insomma, è da inserire in un ambito più ampio: non si può parlare di scuola senza parlare anche di ricerca e di cultura, cardini ineliminabili per una cittadinanza consapevole.
Le risorse per l’istruzione dovrebbero essere al primo posto in un Governo che comprenda pienamente quale sia la sua importanza. Invece, secondo gli ultimi dati diffusi dall’Istat, a cui è stato dato spazio sufficientemente ampio negli ultimi giorni, in Italia la spesa in istruzione e formazione e’ pari al 4,5% del Pil, valore molto più basso di quello dell’Unione europea che si attesta al 5,5%. Inoltre, il 18,2% dei nostri ragazzi tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato gli studi prima di conseguire il titolo di scuola media superiore,contro il 13,5% dei paesi Ue. Ma non solo. Il Consiglio universitario nazionale ha diffuso un documento da cui risulta che in meno di dieci anni gli immatricolati sono scesi del 17% con un calo pari a 58.000 studenti.
Il commento è stato che la caduta è pari alla scomparsa di un intero ateneo. A questa situazione bisogna porre rimedio ricordando che l’Italia giusta ricomincia, innanzitutto,dalla scuola”.

Qual è il primo provvedimento da prendere per il settore dell’istruzione? Si impegna a presentarlo se sarà eletto?

“Bisogna agire su urgenze diverse. La prima, più concreta e pratica, riguarda la messa in sicurezza degli edifici con un massiccio intervento sull’edilizia scolastica. Torno proprio oggi dal Piemonte dove le scuole sono tutte in sicurezza, ma si tratta di un’isola felice in un paese Italia che su questo fronte ha ancora tanta strada da fare.
Il secondo punto da affrontare riguarda la creazione di un’ agenzia permanente per la “validazione” dei siti web, un osservatorio per la definizione di modelli e standard di siti validi per la didattica in modo da sfruttare a pieno le nuove tecnologie mettendole a disposizione dei nostri ragazzi ed aiutando, con corsi di formazione specifici, gli insegnanti ad avere un quadro dell’esistente che consenta loro di usarli.
Un ultimo punto è relativo al recupero e al potenziamento delle biblioteche scolastiche, spesso chiuse per mancanza di personale e che invece potrebbero, come accade in molti paesi europei, diventare snodi fondamentali su cui costruire un sistema che veda insieme nuove tecnologie, scuole, biblioteche, ricerca, archivi, librai ed editori. Domenica scorsa il forum del Libro ha proposto, in un incontro a Torino che si ripeterà la prossima settimana a Roma, la richiesta di un impegno ai candidati per sostenere la lettura attraverso una proposta di legge condivisa. Mi sembra particolarmente importante anche in questo cominciare dalla scuola”.

Cosa invece cancellerebbe di quello che c’è? Se ne farà promotore?

“Mi sembra che le attuali proposte valutative offerte alle scuole spesso non coincidono con quelle che vengono riconosciute valide negli istituti scolastici. Quindi, tra le prime iniziative vedrei quella di riproporre una cultura della valutazione: era stata affrontata all’inizio del 2000 e poi con i governi di centrodestra ci si è fermati. Invece di andare avanti, alla ricerca di una valutazione fondata su articolati giudizi più che su numeri, si è tornati indietro. In questa situazione di precarietà le prove proposte sono avvertite più come un minaccioso controllo che come una importante risorsa produttiva, come accade in molta parte d’Europa”.

Qualità e risparmi si possono coniugare nel mondo della scuola? Faccia un esempio di dove una illuminata spending review potrebbe recuperare delle risorse nel settore dell’istruzione e in cosa le reinvestirebbe per la qualità della scuola.

“Risparmi non ne vedo! La scuola è stata fortemente penalizzata e deve essere sostenuta di nuovo. Ciò non significa che non occorra esercitare sempre e comunque una oculata vigilanza sull’uso delle risorse da parte dell’amministrazione centrale e periferica. Va detto inoltre che molti progetti avviati dalle scuole hanno avuto scarsi risultati soprattutto per quanto riguarda la ricaduta e la socializzazione perché non sono stati messi a rete; in questo caso avrebbero potuto dare esiti più duraturi”.

Che ne pensa dell’idea di utilizzare l’ultimo anno di secondaria come anno ponte verso l’università, riorganizzando i piani di studio individuali – d’intesa con le varie facoltà (o dipartimenti) – in modo da concentrare l’esame finale su due-tre materie, vincolanti per le scelte successive, con riconoscimento da parte delle università dei relativi CFU (crediti formativi universitari) e la possibilità per gli studenti di risparmiare un anno, o almeno un semestre, sui tempi della laurea triennale?

“L’Europa ci chiede di anticipare l’ingresso dei nostri studenti nel mondo del lavoro e questa è una proposta interessante e da discutere. In effetti il “due più due più uno”, tuttora a regime, già va in tale direzione.
Sarebbe corretto che nell’ultimo anno l’alunno facesse già una scelta oculata delle materie che intende incentivare e su cui chiede di essere valutato”.