Le scuole migliori? Quelle multietniche di Alessia Camplone Il Messaggero, 24.2.2013
ROMA
Ma tornando all’Invalsi. I test fatti su quasi tre milioni di
studenti nel 2012, hanno evidenziato che lo scarto medio tra
italiani e non si sta riducendo sempre più al punto che gli
stranieri di seconda generazione (quasi trecentomila) sono
praticamente allineati agli italiani. In terza media, in italiano,
la differenza è di sette punti. Mentre in matematica di appena tre.
Quello che sorprende è che questa differenza si riduce nelle regioni
che hanno una maggiore presenza di alunni stranieri. Tanto per fare
un esempio, nel Veneto (la seconda regione in Italia per numero di
alunni stranieri con 89.367 presenze) i risultati degli studenti
nelle prove di matematica sono superiori di 35 punti rispetto alla
Sardegna (solo 4.741 alunni stranieri, quart’ultima nella classifica
nazionale) che è la regione con gli esiti più bassi. «Gli alunni
stranieri possono essere una ricchezza per la scuola – spiega
Vinicio Ongini, autore di saggi sull’educazione interculturale e uno
dei massimi esperti italiani del settore -. Là dove le scuole hanno
saputo cogliere questa opportunità, i risultati si vedono. Nelle
classi con gli alunni stranieri c’è più dinamismo. I compagni sono
più aperti al confronto e pronti ad aiutarsi se sostenuti dagli
insegnanti». L’integrazione degli alunni stranieri è un problema particolarmente sentito dalla scuola italiana. Gli studenti immigrati sono il 9% del totale, circa 756mila. Ci sono quasi mille scuole che arrivano ad una concentrazione che supera il 40% del totale degli iscritti. Poco più di 400 quelle dove gli italiani sono in minoranza. Tra queste 40 sono istituti record con gli stranieri che superano l’80%. L’Italia, poi, ha un primato europeo: è il Paese più multiculturale, non come quantità, ma come differenze (con alunni di 80 lingue diverse). Nell’interazione, nell’esempio diverso, nell’apprendimento reciproco, la multicultura è un valore aggiunto. E gli stranieri qualche volta permettono alla scuola di vivere: è la storia di due istituti, uno in Lombardia e uno sull’Appennino calabrese, che stavano per chiudere e hanno tenuto aperto per ospitare rispettivamente piccoli rifugiati dal Kurdistan e dall’Afghanistan. |