Modeste proposte per il ministro che verrà: dematerializzare, con giudizio e costanza dal blog di Max Bruschi, 4.2.2013
Lasciamo da parte l’impatto delle Tecnologie dell’informazione e
della comunicazione nella didattica, per alcuni miracolistico, per
altri catastrofico (e, per chi scrive, uno strumento e una opzione
come tante altre, che andrebbe conosciuta per essere utilizzata al
meglio). Resta invece indubitabile come la digitalizzazione della
pubblica amministrazione (dalle procedure alla trasparenza)
rappresenta una svolta utile e necessaria, i cui risultati in altri
Paesi avanzati, in termini di efficacia, efficienza ed economicità,
sono lampanti. Benvenuto, dunque, in questo campo, il “furore
modernista” (per usare le parole di
Paolo Di Stefano sul Corriere della Sera) del ministro Francesco
Profumo, abbattutosi come una frusta sul corpaccione meditabondo del
MIUR. Ricordo ancora alcune facce stranite quando imposi (una “prima
volta” nella storia del processo di formulazione delle norme in
Italia) di creare un
sito apposito
dove collocare il materiale sulla riforma dei licei e aprire un
dibattito aperto usando le risorse del 2.0. Scelta trasparente e
fine (purtroppo senza seguito “istituzionale”) del malvezzo di
girare bozze sottobanco, spesso apocrife, a giornalisti e
sindacalisti. E ricordo anche le resistenze al progetto “Scuola in
chiaro”, “cotto” in era Gelmini e prontamente e meritoriamente
“mangiato” dal suo successore. Una prima questione investe i processi decisionali nella pubblica amministrazione. Per evitare la sindrome dello zulu di fronte alle perline, occorre avvalersi di competenze “altre” e perennemente aggiornate. Insomma, è fuori luogo pretendere da un dirigente dell’amministrazione competenze specifiche e aggiornate (anche le valutazioni di competenze informatiche nelle varie prove preselettive sono davvero imbarazzanti), ma è ottuso imperdirgli di avvalersene, nel momento in cui occorre fare delle scelte o “trattare” con i fornitori, in modo tale da poter essere consapevoli di “ciò che si può fare” (e a quale “giusto prezzo”). Seconda questione: occorre che le scelte sui “processi” siano progettate (prima, durante e dopo) assieme a chi questi processi li conosce molto bene: e quando dico progettate assieme, dico “lavorare fianco a fianco”. In modo da prevenire i problemi; da creare sistemi che possano essere adottati da operatori “non skillati” (ma non è, in fondo, la filosofia del 2.0?); da evitare di piombare nell’UCAS (Ufficio comprilazione affari semplici) telematico, dopo decenni se non secoli di permanenza in quello cartaceo. E occorre far valutare i sistemi tanto in itinere che a risultato finale: da considerare appunto pietra miliare e non traguardo. “Commissione web”, “Scuola in chiaro”, le procedure telematizzate allestite per il concorso docenti: al di là della soddisfazione, il giorno dopo, non è il caso di valutare cosa abbia funzionato bene e cosa abbia bisogno di modifiche e rettifiche? Terza, e conseguente questione: non mollare le iniziative in atto, dandole per acquisite oppure sostituendole frettolosamente (qualcuno ricorderà l’anagrafe delle professionalità dei docenti…), ma perfezionarle. A partire dalla “Scuola in chiaro”. In altri paesi europei è uno strumento formidabile (e basta vedere il portale olandese per capire dove, con estrema facilità, si potrebbe arrivare). Va implementato e aggiornato costantemente . Altrimenti, muore. Implementare significa tenere aggiornati i dati, ampliarli, inserire tutti i soggetti che fanno pare del sistema nazionale di istruzione e formazione professionale con indicatori certi e verificabili - non a caso, nelle riunioni iniziali avevo insistito sul valore e sul concetto di “carta di identità”), creare un sistema di “interrogazioni” che consenta, su quella base, di sviluppare ricerche e analisi senza tormentare le segreterie scolastiche e usandolo come strumento di lavoro, non finalizzato, esclusivamente, alle iscrizioni. Occorre insomma, in questo come in altri casi, uscire dalla logica della “notizia” da dare negli unici momenti in cui l’istruzione diventa (purtroppo) motivo di attenzione da parte di pubblico e mass media (iscrizioni, esami di stato, concorsi) per abbracciare la filosofia della continuità. Che magari non fa titolo, ma migliora la vita di migliaia di persone, giorno per giorno. |