Lettera aperta al ministro che verrà?

di Maurizio Tiriticco Educazione & Scuola 12.2.2013

Perché il punto interrogativo? E’ sufficiente scrivere al ministro per chiedere che intende fare per il nostro Sistema nazionale di Istruzione e Formazione? Od occorre, invece, scrivere all’intero governo? Sono anni che, chiunque sia il ministro dell’istruzione, non solo le cose non migliorano, ma addirittura vanno sempre più peggiorando! E allora mi chiedo: vale la pena chiedere qualcosa a un ministro che tanto vale e varrà quanto il due di briscola? Purtroppo nel nostro Paese esiste da sempre una gerarchia dell’importanza e dell’autorevolezza dei vari dicasteri. Al primo posto figurano gli esteri, gli interni, l’economia e la finanza, l’industria, la giustizia, ma… istruzione, università, beni e attività culturali vengono sempre agli ultimi posti. Perché? E’ presto detto: con la cultura non si mangia! Questo è ciò che si pensa effettivamente da parte di chi aspira a dirigere il Paese. Anche se lo dice a bassa voce! E i programmi sono lì! Aria fritta! L’ho già dimostrato nel mio ultimo “Per un’educazione anche umanistica: dobbiamo crederci?”. I dibattiti di queste giornate sono eloquenti. Si parla di tutto, e purtroppo sempre con buone dosi di approssimazione: le banche sono il leitmotiv quotidiano! E poi l’economia, il lavoro! Quante formulazioni salvifiche! E quanta genericità, purtroppo! La stessa approssimazione con cui un nostro ministro ha tratto dal suo cilindro migliaia di esodati! Non sa come ha fatto e non sa neppure quanti sono!

I livelli sono questi e chi concorre non deve misurarsi con l’avversario con fondate argomentazioni, ma con mitragliate di parole! E i talk show sono l’ideale per questi minestroni! Non più di un minuto a testa, questo vuole – o si pensa che voglia – il pubblico in casa! E poi l’insulto, l’offesa, la lite, la parolaccia! Tutto ciò, purtroppo, è anche atteso e fa spettacolo! E Crozza ci costruisce i suoi gustosissimi siparietti! Poi il minestrone passa sul web per moltiplicarsi all’infinito e il cicaleccio di Twitter fa da amplificatore: e lo chiamano cinguettio! Il nulla elevato a sistema! Offensivo per i nostri uccellini! Parlare di economia, oggi, è difficile! Anche il più agguerrito studioso si trova in grandi difficoltà. Le regole del gioco sono cambiate e cambiano ogni giorno di più e non è facile capire! Figuriamoci argomentare!

Tuttavia, tutti hanno l’asso nella manica! Tutti vantano promesse salvifiche! Promesse che non sono confortate da nulla. Non c’è uno straccio di ricerca, di saggio, anche perché studiare, capire, argomentare richiede tempo e tanta tanta pazienza. Ma i nostri eroi della tivvù quando leggono, quando studiano, quando scrivono? Mai! Se corrono da uno studio televisivo a un altro!? Ebbene, a fronte di questi maltrattati macroproblemi la scuola è poca cosa! Sì, ci sono stati un po’ di tagli, ma in fondo è un carrozzone che comunque cammina! Basta qualche accorgimento, qualche piccola promessa… tanto battono alle porte migliaia di cinquantenni a cui si chiede in prima battuta se sono capaci di operazioni logiche! Come se non le avessero, se fino adesso sono riusciti a sopravvivere in questa società iniqua.

Però, da parte di ricercatori autorevoli si dice e si scrive che la conoscenza è la sfida del futuro! Si veda a questo proposito una nuova ricerca di Edgar Morin e Mauro Ceruti, La nostra Europa, per Cortina Editore: saranno mai ministri dell’istruzione? Mah! E poi si dice e si scrive che il cervello è il carbone della nuova era! Che l’istruzione è quindi un valore immenso! E che non si esaurisce nel breve tempo degli anni scolastici, ma ha tempi lunghi! E che dobbiamo studiare sempre, altrimenti siamo tagliati fuori da tutto! Belli i tempi della zappa che passava di padre in figlio, per decenni, per secoli! Oggi non è più così! Le tecnologie cambiano la nostra vita giorno dopo giorno e il cellulare di ieri oggi è già da gettare, anche se non si sa come e dove perché sarebbe opportuno, anzi necessario riciclarlo! C’è la questione dell’ambiente, che dall’avvio della rivoluzione industriale stiamo facendo a pezzi! Se queste argomentazioni sono vere, non è altrettanto vero che la ricerca, l’istruzione e la cultura dovrebbero essere la materia prima su cui occorre investire?

Non si possono affrontare i macroproblemi del lavoro, dell’economia, della moneta se di questi problemi non abbiamo conoscenza! Se la cultura non si mangia, la conoscenza però ha un costo, anzi ha costi lunghi nel tempo! “Fabbricare” un cervello pensante richiede anni e investimenti a lungo termine! Fabbricare una Punto oggi richiede tempi brevi, ma perché a monte, dalla Ford T ad oggi, si è investito soprattutto in conoscenza!

Investire in conoscenza, però, richiede lungimiranza, richiede investimenti alti, i cui benefici non si vedranno domani, ma dopodomani e dopodomani ancora! Insomma bisogna pensare in grande e alla grande! Ma, se l’obiettivo dei nostri concorrenti è quello di una poltrona che in tempi brevi, anzi brevissimi, consenta laute prebende, se non mazzette, allora diamo pure forfait!

Caro ministro! Tu che sarai ancora una volta un illustre sconosciuto, in parte gioirai per l’avvio della tua carriera politica, forse dimostrerai anche tanta buona volontà! Ma non potrai fare nulla, a parte qualche lim, qualche iscrizione on line, un po’ di belletto su una struttura fatiscente! Non potrai fare nulla, se l’intero governo non assume come impegno primario quello della conoscenza e delle ricerca! Per una vera e propria inversione di rotta! E l’impegno di una progettazione a lungo termine che investa sulla scuola, nelle sue strutture fisiche e in quelle culturali! Che dia corpo e risorse perché l’autonomia e i riordini in atto non siano soltanto inapplicati e inapplicabili decreti! Ma ci sarà una decisa volontà politica in questa direzione? Temo di no!

Quanto vorrei essere smentito!

 

 

Leggo tanti contributi in rete, a volte mi piacciono molto. Ce ne sono di varia tipologia e ognuno accentra il proprio interesse su qualche ambito di rilevanza per la scuola: dagli ambienti fisici ai problemi organizzativi, alle risorse che occorrerebbero per essere al passo con l’Europa…altri denunciano situazioni di emergenza, altri ancora rilevano i fallimenti delle politiche…mi piacciono, mi entusiasmano anche, ma…

la scuola si fa, si fa ogni mattina e nel caso della scuola a tempo pieno, anche ogni pomeriggio. E allora? Be’, io voglio scrivere nero su bianco che la scuola non si pensa a tavolino, perché leggendo i programmi elettorali e i commenti di autorevoli opinionisti, ho l’impressione che questo fare quotidiano non sia nella testa di coloro i quali ne scrivono, magari colti, dotti, appassionati, ma lontani, sempre più lontani. Il lavoro di una insegnante è il qui e l’adesso, non è il domani, non è il futuro . E’ qui.

Ho bisogno di risposte per il qui e ora. Ne voglio alcune: meno alunni, meno traguardi prescrittivi, più libertà d’azione, meno lacci sulla possibilità di uscita nel territorio anche con la classe che ho, senza venire terrorizzata dalle leggi sul rapporto alunni-docenti per la sicurezza.
Voglio più libertà di movimento senza dover chiedere permessi e senza dovere aspettare il beneplacito di qualcuno per sfruttare le risorse che mi offrono musei ed esperti che potrebbero arricchire il percorso culturale dei miei alunni.

Ho bisogno che l’aggiornamento sia dentro la mia scuola, che gli insegnanti esperti di qualcosa interagiscano con me e io con loro nella risoluzione dei problemi contingenti senza aspettare le riunioni canoniche per studiare Indicazioni nazionali distanti dai problemi d’apprendimento del qui e ora.

Ho bisogno che la mia scuola non sia claustrofobica e oppressa da riforme che si susseguono alla velocità della luce senza portare alcun valore aggiunto al mio insegnamento.

Ho bisogno che ci siano insegnanti-tecnici sempre a disposizione se un pc salta, se il collegamento a internet non funziona.

Ho bisogno che la biblioteca sia aggiornata da un bibliotecario esperto anche in informatizzazione delle risorse cartacee disponibili.

Ho bisogno di materiali e di insegnanti-tecnici di laboratorio esperti nell’utilizzo degli stessi, esperti di codici formali e di prodotti artistici e scientifici di varia tipologia. Insegnanti in grado di coprire il fabbisogno di cultura e didattica specialistica ce ne sono, precari da una vita ma trattati come minus habens e mai utilizzati: si crei una task force con questi docenti a disposizione sui territori, e poi si lasci libertà alle scuole di recepirli in breve tempo e senza troppe pastoie burocratiche.

Ho bisogno, se mi ammalo (e perdo pure parte del mio misero stipendio), che il mio posto venga “coperto” da supplenti esterni e non da colleghe e colleghi che devono abbandonare le compresenze sulla propria classe che necessita del loro aiuto continuativo!

Ho bisogno della scomparsa dei voti e dei quiz Invalsi, di qualsiasi quiz. Prego. La misura uccide sia la pedagogia sia la didattica che la rende applicabile con i nostri alunni, i quali hanno necessità di apprendere sbagliando e riprovando senza la spada di damocle delle verifiche di ogni respiro.

Ho bisogno di materie curricolari ridimensionate nelle pretese delle Indicazioni e al contrario esigo più spazio per il mio “artigianato” allo scopo di agire didatticamente secondo le esigenze di apprendimento delle classi e dei singoli con cui mi trovo a lavorare.

Ho bisogno di autonomia, l’unica vera autonomia che mi interessa, quella di ricerca e della scelta di una valutazione adeguata ai bambini, quindi ho assoluta necessità che lo Stato si fidi di me e della scuola che autonomamente si dà delle regole e degli obiettivi minimi da raggiungere rispettando spazi per la creatività e la propositività dei singoli insegnanti, ciò per ridare a essi l’entusiasmo pionieristico di un tempo, che ora è sfumato nella miriade di incombenze a latere dell’insegnamento: una fra tutte, ad esempio, la pretesa che si rifacciano curricoli e si ripensi tutta la materia che li riguarda per poi scrivere elenchi di obiettivi, invece che il praticare insieme strade per fare il giorno stesso e quello dopo.

Mi è capitato sempre di più in questi anni appena trascorsi di accorgermi che i bambini siano diventati una specie di cosa ovvia da ritrovare il giorno dopo, come un dato di fatto, la routine di un lavoro qualsiasi, e di contro, contemporaneamente, mi è capitato di dovere pensare a come stendere relazioni dotte e curricoli su cosa si potrebbe fare di “bello” in un futuro che sfugge sempre più in avanti! E’ veramente il colmo una situazione simile! La classe come un’ovvia routine, i documenti da redigere con i colleghi come qualcosa di importante da produrre e su cui lambiccarmi il cervello. E lambicca qui, lambicca là, i giorni e i mesi sono passati ad accontentare dirigenti e ministri…e i bambini? Allora dai a metterci una toppa, magari di nascosto, come associati alla Carboneria, con un linguaggio quasi segreto fra le colleghe che credono in una scuola senza fotocopie, senza fretta, senza ansia di mostrare qualcosa all’utenza, con lo sguardo nello sguardo dei bambini. Allora dai a ritrovarsi, di nascosto, ore in più a casa di qualcuno a preparare ciò che sarebbe lecito fare tutti i giorni alla luce del sole. Allora dai a chiedersi se abbia un senso costruire con i bambini un linguaggio comprensibile, aiutarli ad affrontare la lingua scritta e orale, stimolarli a pensare per poi esprimersi, definire, descrivere, narrare esperienze, e poi dai a crederci e a praticare il nostro credo, con tutti , disabili, stranieri, italiani che parlano dialetti di varie regioni a casa loro, italiani che a casa non parlano se non in maniera funzionale a uno scopo da raggiungere subito e il più in fretta possibile. Di nascosto, perché pare che insegnare anche i “codici formali” di italiano e matematica ormai sia quasi da vergognarsi, anzi si nota che negli scritti in voga di esperti e opinionisti li si dà per scontati in un perfido gioco intellettualistico che li porta, nel parlare del cosa e del come insegnare, verso uno squilibrio tra i saperi per farne risalire alcuni al rango di materie nobili, dimenticando che senza l’interazione costante e creativa tra le stesse non c’è sapere e i saperi restano sulla carta, non certo nella mente. Per realizzare il sogno di un umanesimo degno di chiamarsi tale, la scuola ha bisogno certo di docenti preparati, ma anche di uno Stato e di dirigenti fiduciosi nel loro operato e nella loro esperienza, ha bisogno che le persone non vengano continuamente rese ridicole da campagne diffamatorie dei media e della stampa su una loro presunta vagabondaggine e mancanza di impegno, su un presunto furto di ore sottratte al lavoro!

Ho bisogno che la riforma Gelmini venga cancellata in ogni sua parte, di sapere che non sarò mai una maestra unica, che tempo e pieno e moduli paritari vengano ripristinati al più presto per garantire una scuola che affronti i saperi in modo efficace e profondo.

Ho bisogno di certezze e di poter fare previsioni sensate per ciò che riguarda un percorso scolastico senza abbreviazioni di anni o anticipazioni in entrata e in uscita degli alunni, perché voglio ragionare serenamente su cosa proporre o no ai bambini e alle bambine in base al numero di anni che dovranno affrontare…

Leggo le parole di chi vorrebbe le scuole aperte tutto il giorno, vorrebbe alchimie che si potrebbero realizzare fra insegnanti di vari ordini di scuola interagenti fra di loro e con gruppi disomogenei di ragazzi per età e per vocazioni individuali: il tutto è affascinante e accattivante, tuttavia vorrei che prima si pensasse al qui e all’ adesso, al tempo che abbiamo e ai bambini presenti ogni mattina e ogni pomeriggio, ora. Questi bambini con i loro docenti sono qui ora e hanno poco e niente se non le loro teste e la loro voglia di fare. Vogliamo ricordarci che le classi dell’anno che viene, quello che è alle porte, accoglieranno milioni di bambini “nuovi di zecca”? A loro e ai loro docenti, qui e ora, promettiamo subito qualcosa di fattibile e sensato, poi penseremo al resto.