Diplomati ai tempi della crisi Un terzo dei giovani che esce dagli istituti superiori (specie quelli professionali) è senza lavoro. E 13 per cento di quelli che hanno un impiego è senza contratto regolare. Nelle scelte dei ragazzi pesa ancora troppo il contesto socio-culturale: fra chi prosegue gli studi i giovani di estrazione borghese sono quasi il doppio dei giovani di famiglia operaia. I risultati del rapporto di AlmaLaurea sul percorso di 48mila diplomati Federico Pace la Repubblica, 21.2.2013
DIFFICILE essere ventenni oggi. Soprattutto se non ti danno la
possibilità di dimostrare quanto vali. E di questi tempi, accade
sempre più raramente di vedersi offrire una chance concreta. A un
anno dal diploma, il 33 per cento dei ventenni è già alle prese con
la disoccupazione, di quelli che riescono a lavorare, solo uno su
cinque ha un impiego stabile e quasi la metà si lamenta di non
sfruttare le conoscenze apprese nel corso degli studi. Tanto che
molti di loro arrivano a pensare che quella che credevano fosse una
pista di decollo, sia in realtà una sala d'attesa.
TAB 2 Diploma e tipologia di contratti
Gli autori del rapporto hanno intervistato oltre 48mila diplomati
che hanno superato la maturità nel 2011, nel 2009 e nel 2007. Ad un
anno dal diploma, più di sei diplomati su cento proseguono la
propria formazione e si iscrivono a un corso di laurea anche se una
buona percentuale di loro (il 12 per cento sul totale di tutti i
diplomati) frequenta l'università e alla stesso tempo svolge anche
un lavoro. La quota di diplomati che si dedica solo allo studio
universitario è molto elevata tra i liceali (72 per cento) e
decisamente inferiore tra i diplomati del tecnico (37 per cento) e
del professionale (21,5 per cento). Ancora oggi, sottolineano gli
autori dell'indagine, il contesto socio-culturale di origine,
condiziona le scelte dei ragazzi in maniera significativa. Si
iscrivono all'università il 78 per cento dei diplomati di estrazione
borghese contro il 48 per cento dei giovani di famiglia operaia. La stabilità occupazionale cresce, seppure non di molto, con il passare del tempo. A tre anni dal diploma, tra chi è dedito solamente al lavoro, il contratto formativo coinvolge il 34,5 per cento dei diplomati. La quota di lavoratori stabili raggiunge il 32,5 per cento, mentre si riduce la quota di precari (il 18 per cento) e quella di chi lavora senza contratto (4 per cento). A tre anni dal conseguimento del titolo il guadagno mensile netto dei diplomati lavoratori a tempo pieno è in media pari a 1.084 euro (1.146 per i diplomati professionali). A cinque anni di distanza, si arriva al 60 per cento di occupati stabili mentre il lavoro in nero rimane al 3 per cento. Differenze significative, al variare del tipo dei percorsi di studio, si registrano anche nei settori in cui i diplomati trovano occupazione, seppure il commercio rappresenti per tutti l'area di attività di maggiore sbocco. Più ampiamente, i diplomati dei licei sono quasi completamente assorbiti dal settore dei servizi: vi trovano impiego quasi nove su dieci degli occupati. In particolare, il 28 per cento lavora nel commercio, il 17 per cento nei servizi sociali e personali e il 16 per cento nei servizi ricreativi e culturali. Il 42 per cento dei diplomati degli istituti professionali trova impiego nel commercio mentre un altro 25 per cento viene assorbita dall'industria, in particolare dalle aziende metalmeccaniche. I diplomati degli istituti tecnici lavorano nel commercio (il 27 per cento) e nell'industria (il 24 per cento). Ma i diplomati sono soddisfatti del posto che hanno? La domanda è stata rivolta ai diplomati del 2007 che, a cinque anni dal conseguimento del diploma, per lo più hanno concordato nel dare una riposta positiva con un voto medio pari a 7,2 (il massimo era 10). Quanto ai saperi appresi nelle aule, a un anno dal termine degli studi, sono in particolare i neodiplomati degli istituti tecnici a dichiarare di non utilizzare "per niente" (il 42 per cento) le competenze acquisite con il diploma. Sono invece i diplomati nei professionali a impiegare in maggior misura quel che hanno appreso sui banchi di scuola. |