Trasparenza: qualcosa da chiarire
di Anna Maria Bellesia La Tecnica della Scuola, 18.2.2013 Con il nuovo “Codice della trasparenza”, si introduce il principio dell’accessibilità totale secondo il modello anglosassone. Il ministro Profumo, che ha fatto della trasparenza il leitmotiv del suo mandato, ha tuttavia lasciato in sospeso alcune questioni più opache che trasparenti
È un vero e proprio “Codice della trasparenza” quello deliberato dal
Consiglio dei Ministri il 15/2/2013, che stabilisce la totale
accessibilità delle informazioni che riguardano l’organizzazione e
l’attività della Pubblica Amministrazione. Il modello di ispirazione
è il “Freedom of Information Act” statunitense del 1966. In Italia
ci arriviamo qualche anno dopo, ma il principio è lo stesso: la
“total disclosure”, ovvero la “trasparenza totale”, da tempo in
vigore nei paesi anglosassoni.
“Essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e
collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra
il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla
realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del
cittadino”. Lo scopo è di favorire il controllo sul perseguimento
delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse
pubbliche, promuovere la legalità, prevenire la corruzione.
Il caso più grave riguarda le “pillole del sapere”. Quando a
novembre scoppiò lo scandalo, con piglio deciso il ministro
annunciava: “Qualsiasi eventuale anomalia di funzionamento
dell'amministrazione o presunto cattivo uso del denaro pubblico deve
trovare una risposta tempestiva da parte delle istituzioni
competenti, in termini di trasparenza e chiarezza”. Dichiarava
inoltre di aver avviato degli accertamenti amministrativi e
un’accurata due diligence (con immancabile terminologia inglese).
Un’altra questione che non va nel senso della “accessibilità totale”
riguarda la sospensione delle pubblicazioni “La scuola in cifre” e
“La scuola statale sintesi dei dati”, non più pubblicate a partire
dal 2010/11 proprio in concomitanza con l’entrata in vigore delle
riforme Gelmini. Dati che mancano e pertanto, come è già stato fatto
notare, privano gli operatori del settore degli elementi conoscitivi
necessari per capire se è stato raggiunto l’obiettivo di un più
efficiente utilizzo delle risorse e di una maggiore efficacia
formativa.
Non si è saputo più nulla della richiesta dell’Adi di conoscere
l’elenco completo dei nomi dei docenti/dirigenti comandati,
assegnati temporaneamente a prestare servizio presso enti e
associazioni, né sono noti i criteri selettivi e di assegnazione ad
un ente piuttosto che a un altro. Anzi, il Miur aveva addirittura
tirato fuori la solita scusa della privacy, facendo una figuraccia
nelle cronache nazionali.
A proposito del concorso per 11mila docenti, Profumo ha affermato
che l’obiettivo del suo ministero è stato quello di ricreare un
clima di fiducia dei cittadini nei confronti dei sistemi di
selezione ideati dallo stato e che questa selezione è stata
trasparente. Forse sì è dimenticato che il suo Ministero gestisce
anche un concorso per 145 dirigenti tecnici avviato nel 2008 e
tuttora non concluso (5 anni), che sta per essere sommerso dai
ricorsi a causa soprattutto della nebbia impenetrabile che ha
avvolto le procedure e i criteri selettivi. Anche in tema di digitalizzazione, l’adeguamento alla nuova normativa non pare così solerte. Il Codice dell’Amministrazione Digitale riconosce ai cittadini il diritto all'uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni, nonché la partecipazione al procedimento amministrativo informatico. Ma il diritto non è “assicurato”, perché finora il Miur non ha adottato il regolamento applicativo. |