Un bilancio da sottosegretario

Marco Rossi-Doria presenta il suo bilancio di mandato da sottosegretario
al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

di Marco Rossi Doria da Education 2.0, 22.2.2013

È tempo di bilanci. Il mio ho deciso di pubblicarlo in rete (“Quest’anno al MIUR”): è giusto rendere conto di come ho impiegato questo tempo. Momenti come questo dovrebbero essere sfruttati dalla comunità nazionale per la riflessione su quanto fatto e sul da farsi. Sarebbe importante che la campagna elettorale si occupasse maggiormente di scuola, anche nel dettaglio.

Come sta la scuola? Questa è la giusta domanda da cui partire. La scuola italiana sta bene e male insieme.

Bene perché – come documenta con cura Education 2.0 da diversi anni – c’è un esercito civile che ogni giorno si impegna, studia, sperimenta, mette in atto, valuta i risultati ottenuti, individua punti deboli e punti forti da cui ripartire, in mezzo a tante difficoltà. Professionisti che lavorano nella complessità, in un panorama frammentato, creando apprendimento diffuso e coesione sociale, pur esprimendo gradi diversi di innovazione.

Male per la mancanza di risorse prodotta da una stagione di tagli senza precedenti (tra il 2008 e il 2011 8,4 miliardi di euro in meno all’anno). Una cifra enorme, in controtendenza rispetto alla storia d’Italia e anche alle scelte di investimento e rilancio dell’istruzione compiute dagli altri Paesi OCSE di fronte alla crisi. C’è stato un disinvestimento culturale e politico che ha prodotto la mancanza di riconoscimento del ruolo della scuola. Complice un linguaggio pubblico troppo spesso sprezzante e contraddittorio, incurante dei dati di realtà, mancante di una paziente lettura dei grandi numeri della scuola e di quello che sottendono in termini di esperienze concrete. È mancato a lungo nelle istituzioni e nella politica un atteggiamento pacato e fattivo, determinato e costante, di riparazione dei guasti e di sostegno all’innovazione.

A questo, nel poco tempo e in un contesto difficilissimo, abbiamo cercato di dare qualche prima risposta. Ma ora serve una nuova stagione di investimento. Occorre mettere la comunità nazionale d’accordo attorno a un grande patto per la scuola.

Per ripartire dall’autonomia scolastica occorre dare finalmente gambe e fiato alla capacità delle scuole di agire con responsabilità, entro una cornice nazionale comune, in modo partecipato e collegiale, con risorse certe e programmabili e con il sostegno di una solida cultura della valutazione. Il rapporto tra amministrazione centrale e scuole deve cambiare: il centro deve prendere in mano le funzioni di indirizzo e di controllo, supportando fortemente l’innovazione laddove presente e trovando modi cooperativi e non impositivi per intervenire nelle situazioni problematiche. Un ministero come snodo di reti. Va sostenuta, in particolare, la laboratorialità, l’insegnamento cooperativo, la riflessione tra docenti, l’alleanza educativa tra scuole, famiglie, ognuno entro i propri confini. Abbiamo da tempo imparato che così è possibile fare passi in avanti decisivi sotto il profilo dell’inclusione, della didattica, della lotta alla dispersione scolastica.

La bussola è l’equità. Declinata in modo ricco, per dare di più a chi ha più bisogno, sostenendo in ognuno le parti deboli, valorizzando le parti forti e permettendo a ciascuno di scoprire le proprie parti nascoste. Occorre dare a tutti un apprendimento solido in età precoce, con il rigore e l’accoglienza insieme. Siamo riusciti nel corso di quest’anno a gettare alcune basi: le nuove Indicazioni per il curricolo della scuola di base, la direttiva sui bisogni educativi speciali, i prototipi contro la dispersione scolastica. E il decreto semplificazioni, quando sapremo conquistare le risorse, renderà possibile dotare le scuole autonome di un organico funzionale, onnicomprensivo, stabile per almeno un triennio.

È finalmente tempo di riprendere una formazione in servizio per i docenti sulle grandi questioni educative contemporanee – dalle forme di apprendimento in generale e dei “nativi digitali” in particolare a un nuovo patto educativo scuola-famiglia-territorio – anche sulla base della sensibilità e delle esigenze della comunità dei docenti. Serviranno per questo risorse adeguate.

Dentro al patto nazionale per la scuola, con una nuova consapevolezza del suo ruolo chiave per lo sviluppo legata al riconoscimento della professionalità e della valenza sociale degli insegnanti, sarà forse finalmente possibile affrontare in modo inclusivo e partecipativo la discussione su una nuova organizzazione del tempo scuola. Capace di riconoscere quanto già fanno ogni giorno i docenti, di sostenere il loro impegno, di valorizzare il gruppo dei docenti che lavorano insieme. Andare oltre l’esistente, per aprire le porte al cambiamento che la scuola aspetta da tanto tempo. La scuola non può più aspettare.