«Dobbiamo ricominciare a dare ragione alla maestra»
Francesca Tricomi ci parla di una generazione
che rischia di crescere inetta e prepotente. A causa dell'eccessiva
accondiscendenza dei genitori. E della loro mancanza di spirito
critico
di Francesca Porta,
Vanity Fair dicembre 2013
«La maestra ha ragione».
Quando eravamo piccoli e amavamo lamentarci della scuola, i nostri
genitori erano di solito irremovibili: «La maestra ha ragione»,
dicevano. Anche quando non erano del tutto convinti. Anche quando
non era vero. Oggi, invece, le cose sono cambiate. Oggi la maestra
ha spesso torto. Hanno ragione i figli, sempre. O quasi. A porre
l'accento su questo fenomeno è stata, alcuni giorni fa,
Francesca Tricomi con
una lettera inviata a Mario Calabresi, direttore de
La Stampa.
Nella missiva Francesca (felice mamma di due figli che lavora al
Centro di Innovazione di Telecom Italia dove studia e monitora
l’evoluzione di società e tecnologia) rifletteva sul futuro di
questi bambini, educati ad avere sempre ragione. Noi l'abbiamo
incontrata per capire perché è urgente ricominciare a dare ragione
alla maestra.
Cosa l'ha spinta a scrivere questa
lettera?
«Solitamente si scrive per due motivi: perché si è innamorati di
un'idea oppure perché si è arrabbiati. Nel mio caso valgono entrambe
le regole. Sono innamorata dei miei figli e dell'infanzia e sono
arrabbiata per alcuni episodi che ho visto capitare negli ultimi
anni. Episodi che mi hanno indignato e mi hanno convinto a prendere
in mano la penna. "Ci sono cose che vanno scritte", ho pensato».
Quali episodi?
«Frasi che ho sentito, vicende che mi sono state riportate dalle
amiche. Diversi casi che hanno reso evidente l'esistenza, oggi, di
una grossa emergenza educativa. Per esempio, ho sentito numerosi
genitori lamentarsi del comportamento delle insegnanti dei loro
figli: "Poverino, gli hanno dato troppi compiti"; "Poverina, le
hanno chiesto di imparare una poesia di Carducci"; "Poverini, li
hanno costretti a vedere il film del brutto anatroccolo e si sono
messi a piangere". Ho capito che i genitori sono sempre pronti alla
critica, ma non più nei confronti dei figli, bensì dei loro
insegnanti! È come se il mondo si fosse capovolto».
Una volta le maestre avevano sempre ragione, i figli torto.
«Esatto. La nostra generazione è cresciuta così, e molte generazioni
prima di noi. Oggi, invece, è il contrario: i bambini sono perfetti.
E devono avere sempre ragione. I genitori si arrogano il diritto di
salire in cattedra e giudicare gli insegnanti, il loro comportamento
e persino il programma didattico. Anche se non è il loro mestiere e,
la maggior parte delle volte, non sanno di cosa parlano.
L'importante è accondiscendere alle richieste e alle lamentele dei
figli. Trasformandosi, più che in genitori, in avvocati difensori».
Quali sono i rischi di questo comportamento?
«Il rischio è quello di crescere una generazione di figli seduti e
inetti, oppure di prepotenti che credono di sapere tutto.
L'eccessiva accondiscendenza priva i bambini di quelle sane critiche
che li aiutano a crescere. Li priva dell'esperienza, altamente
educativa, di dover affrontare e accettare una visione del mondo
diversa dalla propria. Li preserva ingiustamente dall'occasione di
combattere per le proprie idee, di ambire all'emancipazione. Nel
tentativo di proteggerli, in realtà li danneggiamo».
Cosa possiamo fare per invertire la tendenza?
«Tornare a dire no. Perché, lo sappiamo, i no aiutano a crescere. E
ricominciare a criticare i propri figli quando è il caso, perché è
utile prima di tutto a loro. Al percorso di crescita e di
emancipazione che devono compiere per diventare degli adulti
consapevoli e intellettualmente onesti. Quando si tratta del
rapporto scuola-famiglia, poi, dobbiamo assolutamente tornare a dare
ragione alla maestra. Non perché è infallibile (sappiamo bene che
non è così), ma perché i bambini devono comprendere che le loro
azioni hanno delle conseguenze e che la mamma e il papà non saranno
sempre pronti a coprire le loro spalle. È una mia opinione,
ovviamente, e non ho la pretesa di aver ragione. Ma sono convinta
che ci sia una vera e propria emergenza educativa. Che dev'essere
risolta al più presto».