Chi ha ancora paura dell’Invalsi?

Antonio Schizzerotto, La Voce.info 17.12.2013

In attesa del nuovo presidente, rimangono aperti gli interrogativi sulla possibilità che l’Invalsi riesca a continuare nell’importante opera di misurazione degli apprendimenti, diventando il perno del sistema nazionale di valutazione. Il nodo del potenziamento di personale e strumenti.

LA RICERCA DI UN NUOVO PRESIDENTE

Le dimissioni di Paolo Sestito dalla presidenza dell’Invalsi e la nomina di una commissione ministeriale incaricata di selezionare i candidati alla sua sostituzione, hanno riaperto il dibattito sui processi di valutazione del nostro sistema scolastico e sull’utilizzazione, a tal fine, di misure oggettive delle competenze acquisite da chi lo frequenta.
A ridestare la preoccupata attenzione sull’Invalsi di almeno una parte della pubblica opinione ha contribuito la scelta dei componenti della commissione. Non c’è dubbio che si tratti di studiosi di chiara fama e che il loro presidente, Tullio De Mauro, sia persona attenta all’uso di prove standardizzate per misurare gli apprendimenti scolastici. È anche vero, però, che l’inserimento nella commissione di qualcuno tra gli economisti, i sociologi e gli statistici che, negli ultimi anni, e proprio grazie ai test dell’Invalsi, hanno condotto rigorose analisi quantitative sul nostro sistema di istruzione, avrebbe aiutato a fugare qualsiasi timore sugli orientamenti culturali dei possibili candidati alla presidenza dell’Invalsi. Negli ultimissimi giorni, la ministra Carrozza ha dato ampie assicurazioni al riguardo e, dunque, il discorso sul futuro responsabile dell’Istituto può considerarsi chiuso, almeno fino a quando non si conosceranno il nominativo e il curriculum del prescelto.

IL FUTURO DELL’INVALSI

Aperti rimangono, invece, gli interrogativi sulla possibilità che l’Invalsi riesca a continuare le importanti iniziative di misurazione degli apprendimenti fin qui attuate e cominci a operare come perno del sistema nazionale di valutazione (Snv), giusto quanto stabilito dal pertinente Regolamento licenziato dal governo nel marzo di quest’anno (Dpr 80/2013).
Le rilevazioni Invalsi sulle competenze acquisite al termine dei vari cicli dell’istruzione d’obbligo hanno consentito che anche l’Italia disponesse di affidabili informazioni oggettive sulle quali basare meditate analisi dei punti di forza e di debolezza delle singole scuole, pacate riflessioni sulle capacità del sistema scolastico, nel suo complesso, di trasmettere saperi indispensabili per partecipare alla vita associata e – questione, forse, ancora più importante – rigorose valutazioni della capacità delle singole misure di politica scolastica di raggiungere gli obiettivi formativi che esse si erano prefisse. Per tempo immemorabile, nel nostro paese, il dibattito su tutti questi temi è stato preda di pregiudizi ideologici e di sentenziosità arbitrarie. L’Invalsi ha consentito che anche da noi si cominciassero a esprimere opinioni sulla scuola fondate sui fatti . Naturalmente, oltre a trasmettere competenze, la scuola deve insegnare adeguate strategie cognitive e contribuire alla formazione complessiva delle persone. Una scuola che fallisse nella trasmissione di competenze sarebbe, però, una scuola generatrice di disuguaglianze e un ostacolo allo sviluppo del paese. Si può discutere se altre competenze, oltre a quelle fin qui considerate dall’Invalsi, dovrebbero essere fatte oggetto di analisi. E si può discutere su quali siano gli strumenti di misurazione più adeguati. Pare, tuttavia, ragionevole affermare che senza la raccolta di solide informazioni oggettive e standardizzate sugli apprendimenti di chi frequenta i vari ordini e gradi del nostro sistema scolastico, nulla potrebbe essere fatto per porre rimedio a sue eventuali carenze formative, o di sue singole componenti, né diffondere le buone pratiche organizzative, pedagogiche e didattiche poste in atto da dirigenti e insegnanti. Per continuare in questa sua essenziale funzione di documentazione e di analisi del funzionamento del nostro sistema scolastico e per completarla, indagando anche sugli apprendimenti raggiunti al quinto anno di corso delle secondarie superiori, l’Invalsi abbisogna, oltre che di un vertice competente, di accrescere le proprie risorse scientifiche e tecniche e la propria strumentazione informatica. Del resto, senza il potenziamento del suo personale e delle sue dotazioni strumentali, l’innesco dei processi di autovalutazione, di valutazione esterna e di rendicontazione sociale delle singole scuole e del sistema scolastico nella sua interezza, così come stabilito dal Dpr 80/2013 e già disegnato nei suoi tratti essenziali dallo stesso Invalsi (progetto Vales), non potrà mai avvenire.