Pas Scuola: avvio dei Pas
e corsi a metà dicembre 2013

Pas Scuola: I corsi inizieranno a dicembre ed oltre 65 mila candidati attendendo, impazienti, l’evolversi degli eventi relativi ai percorsi abilitanti speciali (Pas)

di da Controcampus, 2.12.2013

Lo scorso 13 novembre, presso la sede del Miur, si è svolto un importante incontro tra i dirigenti del Ministero dell’Istruzione e le Organizzazioni Sindacali in relazione ai Percorsi Abilitanti Speciali (Pas).

Nel corso del meeting, il Miur ha reso nota l’intenzione di calendarizzare con frequenza regolare il confronto con gli esponenti dei sindacati, presentando, altresì, una bozza di decreto relativa alle modalità di attuazione dei Pas.

I dirigenti del Ministero, inoltre, hanno fornito alcune nevralgiche indicazioni relative all’avvio dei bramati percorsi abilitanti, chiarendo che:

  • i corsi inizieranno a metà dicembre

  • e dovranno terminare necessariamente entro il mese di giugno dell’anno venturo.

Le news inerenti ai Pas. Le attività formative si svolgeranno sulla base dei calendari che saranno stabiliti dalle varie università. Per quel che concerne i corsi caratterizzati da un esiguo numero di candidati, il Ministero dell’Istruzione ha avanzato una proposta che prevede l’attivazione dei Pas tramite piattaforme e-learning. La durata complessiva dei corsi, la cui frequenza dovrà essere obbligatoria, sarà di 900 ore ed avrà un peso pari a 36 crediti formativi. Secondo quanto dichiarato dai dirigenti del Miur, la durata delle attività didattiche sarà di 300 ore, mentre per le altre attività di studio saranno impiegate le residue 600 ore. Infine, in merito alla possibilità di suddividere i corsi in differenti anni accademici è stato individuato un apposito ordine di precedenza relativo a fattori emblematici quali la maggiore anzianità di servizio o, in caso di parità di punteggio, la maggiore anzianità anagrafica, e l’assenza di un’altra abilitazione.

I Percorsi Abilitanti Speciali sono finalizzati al conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento presso scuole secondarie, primarie e dell’infanzia. Il fulcro nevralgico della disciplina alberga nella preparazione e nell’accesso alla seconda fascia delle graduatorie dei docenti (non di ruolo) che abbiano maturato almeno tre anni di servizio.

Diventare professore è un percorso intricato, irto di scanalature, ricoperto da molteplici cavilli burocratici. Si tratta di un percorso tanto “diabolico” quanto agognato: un travaglio, un tragitto ad ostacoli, in grado di annichilire brama e passione degli aspiranti educatori. Al di là del bene e del male, dei cavilli burocratici e della selezione naturale, negli ultimi tempi sembra che la strada sia divenuta meno tortuosa. Tant’è che dalle procedure rigorose e selettive della Riforma Gelmini (240 del 2010) si è passati alla circolare del Ministro Profumo ed alle sue soffici  regole.

Dal 2008 al 2012, con l’elisione delle ormai logore Ssis e con la creazione di norme profondamente severe, l’insegnamento italiano ha vissuto il suo periodo peggiore. In questi quattro anni, infatti, non vi è stata la benché minima ombra di un corso abilitativo. La strada per diventare professore era in pratica del tutto bloccata. Gli aspiranti docenti, esausti e desiderosi di lavoro, non avevano idea di quale fosse il proprio destino.  Poi la situazione è cambiata. Il Governo dei “tecnici” ha mutato l’assetto normativo, garantendo la reintroduzione degli agognati corsi formativi, passaggio cruciale per diventare professore. Così, grazie all’introduzione del Tirocinio Formativo Attivo (Tfa), anticipata dalla soppressione delle Ssis, gli aspiranti educatori hanno potuto tirare un sospiro di sollievo.

Il Sistema Attuale. Ad oggi, per diventare professore occorrono tre requisiti fondamentali: conseguimento del titolo di accesso all’insegnamento, conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento e superamento delle prove concorsuali.

Il Titolo di studio varia a seconda del tipo di scuola. Per la scuola dell’infanzia e primaria, i titoli di accesso all’insegnamento sono: Laurea in Scienze della Formazione e Diploma Magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002. Per la scuola secondaria di primo e secondo grado, invece, è necessaria una Laurea con specifico piano di studi.

Il Tirocinio Formativo Attivo, previsto dal Decreto Ministeriale 249 del 2010, simboleggia il nuovo percorso finalizzato alla formazione del personale docente ed all’accesso all’insegnamento nelle scuole di primo e secondo ciclo.

I Pas, percorsi abilitanti speciali, riservati agli insegnanti che abbiano effettuato almeno tre anni di supplenza

Il concorso rappresenta l’ultima tappa. Una tappa dedicata a coloro i quali abbiano conseguito il titolo e l’abilitazione all’insegnamento.

L’iscrizione in graduatorie di seconda e terza fascia, invece, concede agli aspiranti educatori in possesso di titoli di accesso e di abilitazione all’insegnamento, la possibilità di essere chiamati per incarichi di supplenza.

L’immissione in ruolo, infine, è la conseguenza logicamente prevedibile della vittoria del concorso pubblico bandito dal Miur per determinate classi.

Al fin di comprendere nel migliore dei modi i dettagli nevralgici relativi ai Pas ed, al contempo, di far luce sull’inquietante dramma del precariato, abbiamo sentito il Dott. Francesco Scrima, Segretario Generale della Cisl Scuola.

Secondo alcune correnti di pensiero, l’esercito dei docenti precari sarebbe aumentato del 10% rispetto all’anno scorso. Alcuni dati nazionali rivelano che dall’inizio di quest’anno scolastico sono stati sottoscritti circa 136.900 contratti di supplenza annuali.

Segretario Scrima, che cosa ne pensa dell’abnorme impiego dei contratti a termine relativo al settore pubblico ed, in particolare, a quello scolastico? Qual è la Sua opinione generale in merito al precariato ed alla disoccupazione?

“Il precariato è una piaga che non investe solo la scuola. Si tratta, purtroppo, di una vera e propria piaga sociale. Precariato significa mortificazione professionale ed umana, perché chi è precario non lo è soltanto nel lavoro, ma anche nella vita. Il precariato simboleggia un’instabilità esistenziale, una condizione davvero drammatica. Noi ci battiamo per la stabilizzazione del lavoro specialmente per le persone che lavorano da anni in un settore, come quello della scuola, in cui l’area del lavoro precario potrebbe e dovrebbe essere fortemente ridotta, se non eliminata. Naturalmente dobbiamo tenere conto anche dei numeri, perché sono davvero molto alti: è fortissimo lo squilibrio fra domanda e offerta di lavoro. Non aver bandito per più di dieci anni i concorsi, lasciando insoddisfatte molte attese, e il ricorso massiccio a contratti a tempo determinato ha creato una situazione che oggi è difficile gestire. Una situazione penalizzante non solo per i docenti, ma anche per la scuola, che non potendo contare sulla stabilità di organico fatica di più a progettare il suo lavoro. Non c’è dubbio che una quota di lavoro saltuario è fisiologica, ad esempio per la copertura di brevi assenza. Ma noi quando pensiamo al precario da stabilizzare abbiamo in mente chi lavora precariamente per anni interi con contratti a tempo determinato. Il precariato non è solo un problema sociale, è un vero e proprio dramma. Noi riteniamo che la via maestra per tutelare i precari sia quella di attivare politiche e interventi che producano stabilità del lavoro sulla base di piani strategici che siano in grado di garantire la copertura dei posti vacanti e disponibili. Noi abbiamo ottenuto, con il precedente governo, un piano triennale che ha attuato la stabilizzazione di 102.000 unità di personale. Quest’anno, col decreto 104 da poco convertito in legge, è stato approvato un altro piano triennale che consentirà di coprire in modo stabile i posti vacanti. Inoltre si renderanno stabili quasi 26.000 posti per insegnanti di sostegno

Il rischio che si corre quando si affronta la tematica del precariato è quello della demagogia, della strumentalizzazione, del cavalcare in modo opportunistico interessi e attese di tanta gente, non di rado fra loro in conflitto. Noi siamo consapevoli, come già detto prima, dell’esistenza di un grande scarto tra domanda ed offerta. Questo è un dato di fatto di cui dobbiamo renderci conto. Abbiamo quasi 400.000 unità relative al personale docente, senza calcolare il personale tecnico amministrativo. Ma abbiamo un organico di diritto di 630.000 posti. Quindi, non risulta difficile immaginare quanto possano essere lunghi i tempi per realizzare i nostri obiettivi. Tuttavia, se riuscissimo ad attivare con serietà e certezza, da un lato, la programmazione dei concorsi e, dall’altro, la normativa che assegna il 50% dei posti alle graduatorie ad esaurimento, i risultati dovrebbero esserci. Naturalmente dobbiamo calcolare anche i tempi. La Riforma Fornero, ad esempio, allungando, a buona parte del personale, di cinque anni la permanenza in servizio, tende a non aiutare i percorsi di stabilizzazione”. 

Potrebbe renderci edotti in merito al funzionamento e alle finalità dei percorsi abilitanti speciali (Pas Scuola)?

“Il nuovo sistema di formazione dei docenti prevede che si debba prima conseguire una specifica laurea magistrale (normalmente a conclusone del percorso cosiddetto 3 + 2, laurea triennale più biennio specialistico)e poi l’abilitazione, frequentando il TFA, tirocinio formativo attivo, che dura un anno. Il Pas è un percorso abilitante speciale riservato agli insegnanti già da tempo laureati, comunque prima della riforma dei percorsi di accesso alla docenza, e che abbiano lavorato almeno tre anni in supplenze.

“Si tratta di persone che spesso hanno lavorato per anni nella scuola, acquisendo “sul campo” l’esperienza che nei TFA è affidata al tirocinio. Per loro infatti si avviano percorsi in cui è eliminato il tirocinio, e si elimina anche la preselezione, cioè i quiz di accesso. I Pas, a differenza dei TFA, non sono vincolati a numeri programmati. Riguardano tutti gli ordini e gradi di scuola e dovrebbero veder coinvolti all’incirca 70.000 aspiranti, distribuiti nel seguente modo: 9.000 per la scuola dell’infanzia, 15.000 per la scuola elementare, 18.700 per la media e 26.000 per le scuole superiori”.

Lo scorso 13 novembre, presso la sede del Miur, si è svolto un importante incontro tra i dirigenti del Ministero dell’Istruzione e le Organizzazioni Sindacali in relazione ai Percorsi Abilitanti Speciali. Nel corso del meeting, il Miur ha reso nota l’intenzione di calendarizzare con frequenza regolare il confronto con gli esponenti dei sindacati ed ha presentato anche una bozza di decreto relativa ai Pas. Segretario Scrima, qual è l’opinione della Cisl in merito al nevralgico incontro?

“L’incontro era stato chiesto da noi. Il percorso viene affidato alle università e, pertanto, l’incontro era incentrato sulla valutazione della disponibilità e sulle modalità di attuazione da parte degli atenei. Ad ogni modo, si è fatta chiarezza rispetto ad alcuni contenuti nevralgici”. Noi soprattutto chiediamo che le Università facciano presto e bene la loro parte, avviando i corsi senza ulteriori tentennamenti, senza costringere chi ha diritto a frequentarli a doversi magari rivolgere ad atenei di regioni diverse da quella di residenza.

 

In Collaborazione con Antonio Migliorino