Anche sui test Invalsi, la parola ai docenti

di Marina Boscaino, MicroMega 11.12.2013

Qualche giorno fa, durante un incontro sulle Lavagna interattive multimediali, tenuto da un bravo formatore di una casa editrice seria (ma sulla formazione a cura delle case editrici ci sarebbe da scrivere un trattato, sia per il probabile conflitto di interessi tra proposta metodologica e proposta di mercato sia per la scarsa credibilità professionale di un progetto di aggiornamento che scelga di ricorrere a risorse di questo genere), mi è capitato di ascoltare questa frase, proferita con assoluta nonchalance: “Perché voi sapete che dal prossimo anno i test Invalsi saranno obbligatori anche al V anno delle superiori e all’Esame di Stato”.

Non ho potuto fare a meno di intervenire. E di sottolineare che l’ipotesi che ciò avvenga è stata ventilata in una lettera (ora, come potete constatare cliccando sul link, scomparsa) che l’Invalsi ha indirizzato ai Dirigenti scolastici a metà di novembre. E di rimarcare – dato che c’ero – come tutti i prodigi tecnologici che venivano presentati da lui come da alcuni che lo avevano preceduto, testi digitali da usare, appunto, con la Lim, contenessero un apparato di esercizi ben nutrito, quasi interamente propedeutico ai test Invalsi. In altre parole: ci siamo fatti dettare l’agenda – senza una normativa di riferimento – consentendo il lento inserimento nella pratica didattica (di cui non avremmo dovuto essere noi gli esperti?) di elementi che lentamente e implacabilmente hanno plasmato lo stile pedagogico di molti di noi, il modo di lavorare, la determinazione delle prove di verifica. A poco a poco, applicando pseudo-provvedimenti con il contagocce, ma costantemente, si riesce a “forgiare” il Pensiero Unico: così è stato per il neoliberismo e le sue infinite deviazioni, ormai accolte diffusamente; così per l’idea che parole come “comunista” fossero portatrici di per sé di tumori mefitici; così – ma è uno dei tanti esempi – molte misure inaccettabili sono entrate nella nostra vita e, con essa, nei nostri istituti, mimetizzate dall’idea di una modernità sempre positiva e vincente. In un Paese come il nostro, caratterizzato da una tradizione pedagogica illuminata, si tratta di una vergogna, di cui siamo tutti responsabili.

Da noi è possibile pensare che un’affermazione – per di più contenuta in una “lettera”- determini la norma cui doversi attenere. La stessa cosa è accaduta con i Bisogni Educativi Speciali. Sono bastate una direttiva ed una circolare a far sì che in molte scuole si procedesse all’esecuzione acritica, propiziata dall’intransigente volontà di molti dirigenti di essere più realisti del re.

Ma di prescrittivo non esiste nulla. Come per i BES, la cosiddetta normativa Invalsi è fluttuante ed incerta. Uso e consuetudine hanno indirizzato le nostre azioni, facendoci perdere senso critico e coscienza professionale. Ma, soprattutto, esercizio della cittadinanza.

Prendiamo l’Invalsi, di cui tra pochi mesi si celebrerà la triste consuetudine, caratterizzata da obbedienza a capo chino da parte di molti e da opposizione da parte di pochi. Esclusi rari casi, le prove Invalsi paiono essere per tutti affare che inizia al principio di maggio e finisce con la loro conclusione, al punto che la norma sull’istituzione del Sistema Nazionale di Valutazione è passata nell’indifferenza generale lo scorso luglio, senza che la comunità educativa e scolastica quasi se ne accorgesse. Non esistono norme precise che vincolino a svolgere i test Invalsi. Nel 2011, dopo una lettera (sic!) inviata agli istituti scolastici dall’allora presidente Invalsi, Roberto Cipollone, in cui si sottolineava l’obbligatorietà delle prove, si pronunciò l’avvocato dello Stato Paolucci, che affermò che le scuole non dovevano per forza essere sede delle prove e ne determinò l’incompetenza rispetto alla materia, poiché nessuna legge affidava loro questa competenza. Intervenne così l’art. 51 del dl 5/ 2012 che prevede, al secondo comma: “Le istituzioni scolastiche partecipano, come attività ordinaria d’istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti, di cui all’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176”. Si chiama decreto-legge “semplificazione”, ed effettivamente ha tanto semplificato la fatica che il governo avrebbe dovuto fare se fosse arrivato a spiegare e far accettare alla scuola questa norma con pratiche di ascolto e di dialogo con le componenti coinvolte. A proposito dell’art. 51 del dl 5/12 l’avvocato Mauceri (Per la scuola della Repubblica) chiarisce: “Si tratta di una disposizione formulata in modo ambiguo, ma che certamente non afferma l’obbligatorietà dei docenti a svolgere tale specifica attività a prescindere dalle delibere dei Collegi, né, tanto meno, l’obbligo di questi ultimi di deliberarle. Poiché l’anno scorso era stato a lungo dibattuto proprio di vincoli e la questione si è riproposta anche quest’anno, se il legislatore avesse voluto stabilire l’obbligatorietà delle prove Invalsi, avrebbe potuto affermarla esplicitamente. Il legislatore si è invece limitato a qualificare dette prove come attività ordinaria di istituto; si tratta in sostanza di una norma attributiva di una competenza alle istituzioni scolastiche; il problema dell’obbligatorietà della partecipazione dei docenti a dette prove non è quindi risolto da tale disposizione”. Il dl 5/12 corregge, casomai, il vulnus segnalato da Paolucci. Ciò non toglie che – per rendere l’Invalsi vincolante – occorra una delibera del Collegio dei docenti, che – nella dimensione della volontà collettiva su temi di competenza esclusiva – contempera il principio della libertà di insegnamento, costituzionalmente determinato. È ancora nelle nostre mani, dunque, la scelta: anche nella necessità di animare la discussione sugli Invalsi non in maggio, quando tutto è già definito; ma in settembre, quando si votano le attività nei collegi dei docenti.

È questo uno dei motivi per cui non possiamo assolutamente distrarci rispetto alle recenti e passate incursioni dei governi sulla democrazia scolastica e sulle prerogative degli organi collegiali.