Norme sui BES:
meno chiacchiere e più applicazione
«Ho forte il timore – scrive Salvatore Nocera
– che mentre si discute sulla legittimità della recente normativa
sui DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento) e sugli altri casi di
BES (Bisogni Educativi Speciali), come il disagio e lo svantaggio,
si stia trascurando il problema assai più difficile e complicato
dell’inclusione degli alunni con disabilità, sulla quale va
registrato un indubbio calo di attenzione e di tensione»
di Salvatore Nocera*,
Superando
6.12.2013
Il titolo di un mio
recente articolo, Basta coi Bes. Pensiamo a una scuola inclusiva,
pubblicato in un’altra testata [«La letteratura e noi.it»,
N.d.R.], mi ha attirato molte
critiche, come se io volessi quasi cancellare la recente
normativa sui BES (Bisogni Educativi Speciali).
Ci tengo allora a precisare che chi scrive è stato tra i primi a
difendere tale normativa e a condividerne le ragioni di
completamento della visione della scuola inclusiva, per la quale mi
batto sin dagli Anni Sessanta sull’integrazione generalizzata degli
alunni con disabilità.
Cosa intendevo dire
allora con quell’articolo? Semplicemente ciò che voglio dire con
questo che sto scrivendo: che si sta facendo un gran chiacchiericcio
su un tema pedagogico importante, rischiando però di
offuscare il problema di fondo e cioè come garantire in
concreto – quotidianamente – il diritto all’educazione e
all’istruzione di quegli alunni con BES particolarmente
complessi, come sono gli alunni con disabilità.
In altre parole, ho forte il timore che, mentre si discute sulla
legittimità della recente normativa sui DSA (Disturbi Specifici di
Apprendimento) e sugli altri casi di BES, come il disagio e lo
svantaggio, si stia trascurando il problema assai più
difficile e complicato dell’inclusione degli alunni con
disabilità.
Molti, infatti, credono che, avendo ormai approvato in Italia una
normativa ampia e articolata, gli alunni con disabilità abbiano
finalmente raggiunto pienamente e in modo generalizzato la loro
inclusione scolastica di qualità. E invece le numerose
lagnanze che le famiglie manifestano e le troppe
cause legali da esse proposte stanno purtroppo a dimostrare
il contrario.
Certo, non è che l’inclusione degli alunni con disabilità sia un
fallimento, ma si va notando negli ultimi anni un crescente divario
tra ciò che la normativa afferma e la disapplicazione
della stessa. Basti pensare al mancato rispetto del tetto massimo di
venti alunni nelle classi frequentate da alunni con disabilità
oppure alla mancata presa in carico del progetto inclusivo da parte
di molti, troppi, docenti curricolari, specie di scuola secondaria,
che lo delegano totalmente ai soli docenti per il sostegno, e ciò
per la “legale” mancata formazione iniziale e obbligatoria
in servizio dei docenti curricolari stessi, sulle
didattiche inclusive. O ancora, si pensi alla mancata collaborazione
delle ASL e degli Enti Locali, prevista per legge, ma sempre più
generalizzata a causa dei tagli alla spesa pubblica.
Per questo sono assai preoccupato per il futuro
dell’inclusione scolastica di qualità di quelli che sono
stati i casi più gravi che l’Italia, da sola al mondo, ebbe il
coraggio pedagogico e giuridico di affrontare con notevole successo.
A questo punto si
potrebbe obiettare che, concentrando l’impegno su casi meno gravi,
quali il disagio e lo svantaggio, si gioverebbe a una maggiore
attenzione ai casi più gravi concernenti la disabilità. Io però,
avendo vissuto tutta la vicenda storica dell’inclusione scolastica,
ho esattamente l’impressione opposta e cioè che sia
stata proprio l’attenzione alla qualità dell’inclusione scolastica
degli alunni con disabilità che ha permesso alla scuola italiana di
affrontare con maggiore impegno e formazione quella degli alunni
stranieri, degli alunni con DSA e di quelli con altri BES, Bisogni
Educativi Speciali o Specifici, che dir si voglia.
La mia impressione può essere confutata e tuttavia non mi sembra
possa essere confutato il mio giudizio sul calo di
attenzione e tensione sulla qualità dell’inclusione degli
alunni con disabilità.
Gli stessi critici più accaniti della recente normativa sui BES
hanno dovuto ammettere che, grazie alla Circolare Ministeriale
8/13 del 6 marzo di quest’anno e alla Nota Ministeriale
n. 2563 del 22 novembre scorso, sono stati chiariti molti punti
oscuri della Direttiva sui BES del
27 dicembre 2012 e notevolmente ridimensionato il problema
dell’individuazione dei nuovi BES e dei PDP (Piani Didattici
Personalizzati) che, inizialmente, sembrava avrebbero dovuto
letteralmente “sommergere” la scuola italiana.
E allora , dal momento che è stato definitivamente chiarito con la
recente Nota 2563/13 che ormai l’individuazione e la gestione dei
nuovi casi è sostanzialmente rimessa ai soli docenti,
indipendentemente da eventuali “diagnosi di BES”, occorre ridurre le
polemiche su questa importante normativa e concentrarsi di più sulla
sua attuazione in termini didattici e sulla ripresa dell’attuazione
didattica della normativa sull’inclusione degli alunni con
disabilità.
Faciliterebbe per altro
questo nuovo slancio operativo l’approvazione della recente norma
dell’articolo 16 della Legge
128/13 sull’obbligo di formazione in servizio di tutti i
docenti che abbiano in classe alunni con disabilità o altri BES. E
gioverebbe pure l’attuazione del Decreto del Presidente della
Repubblica (DPR)
80/13 sull’individuazione di indicatori di qualità del
sistema di istruzione che permettessero anche l’autovalutazione
delle scuole sul livello da loro realizzato di didattiche inclusive.
E ancora, nel medio periodo gioverebbe l’attuazione del
Decreto Ministeriale
249/10 sulla formazione iniziale dei futuri docenti,
comprendente anche un certo numero di crediti universitari formativi
sulle didattiche inclusive, un provvedimento che ancora non decolla
e nel quale occorrerebbe aumentare il numero di crediti formativi
per i futuri docenti delle scuole secondarie.
Senza dimenticare nemmeno l’attuazione di un ruolo a sé stante dei
docenti per il sostegno, come da articolo 14 della
Legge
104/92, in modo da garantirne una scelta professionale
definitiva, evitando l’attuale precarietà.
Occorrerebbe infine la realizzazione dell’organico funzionale di
reti di scuole, in modo da garantire una seria continuità
docente, la cui mancanza oggi disorienta gli alunni, e
specie quelli più fragili. Si potranno finalmente vedere attuate
queste importanti norme, comprese quelle più recenti sui BES?
*
Vicepresidente nazionale della FISH
(Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).