Invalsi: basta con la solita
sceneggiata intimidatoria
Lettera inviata al Sussidiario
dal
blog di Giorgio Israel, 15.12.2013
Caro Direttore,
è mia ferma convinzione che se uno viene nominato a una funzione che
deve essere quanto mai imparziale – e mi riferisco alla mia nomina a
membro del Comitato per la selezione della rosa di candidati per la
nuova presidenza dell’Invalsi – è bene che taccia e operi, non
curandosi dei clamori. Per questo ho ritenuto sufficiente che fosse
il presidente del Comitato professor Tullio De Mauro (e il professor
Benedetto Vertecchi) a rispondere all’articolo del professor Andrea
Ichino che, sul Corriere della Sera, ha interpretato la nostra
nomina come un evidente tentativo di stravolgere l’indirizzo
dell’Invalsi. E ciò nonostante questo articolo fosse in
contraddizione con i propositi tenuti dal professor Ichino nel corso
di un recentissimo convegno al Liceo Mamiani a Roma. Né ho
considerato che occorresse rispondere alle valutazioni di Giavazzi e
Alesina, che riprendevano testualmente quelle di Ichino, e neppure a
quelle (espresse in linguaggio identico) da Gianni Bocchieri sul
Sussidiario.
Anche se si hanno tutte le perplessità del mondo sulla composizione
di una commissione non penso che sia una buona idea attaccarne a
priori i membri, facendo processi alle intenzioni e mettendone in
dubbio l’imparzialità. Non mi risulta che questo sia stato fatto in
occasione delle precedenti nomine dei presidenti dell’Invalsi. E
tuttavia meglio tacere e non entrare nella polemica.
Tuttavia, anche se occorre tener saldo il principio di tacere e
lavorare in modo serio e imparziale, c’è un limite oltre il quale
qualche parola va detta: ed è quando il deprecabile stile italico
della denigrazione e del pregiudizio rissoso assume il carattere
dell’attacco personale, dell’attacco con nome e cognome. Leggo sul
sito dell’associazione ADI – che con spirito squisitamente alieno da
faziosità si augura che Renzi rimetta in riga il ministro Carrozza –
che saremmo un quintetto di “revenants” (i.e. zombie, in linguaggio
più giovanile), una vera finezza che mostra il livello di chi
vorrebbe presentarsi come il nuovo che avanza. Ci si chiede se il
sottoscritto («il più virulento oppositore delle valutazioni
standardizzate») non sia «in quota centrodestra». Una insinuazione
volgare, tanto per screditare, e che si commenta da sola: chi mi
conosce sa bene che sono soltanto in quota di me stesso, ovvero (ne
sono consapevole) in quota del poco o del nulla che contano le
semplici idee.
Mi dispiace che, nella tentazione di uno screditamento personale sia
caduta anche una persona che ha una posizione istituzionale
autorevole e influente come Mariella Ferrante, quando scrive sul
Sussidiario che io, come gli altri membri del Comitato, sarei «un
personaggio famoso per le posizioni variamente critiche nei
confronti della valutazione». Un vecchio, consunto, scorretto – ma
evidentemente ancora ritenuto efficace – stratagemma per screditare
è far credere che chi critica una particolare concezione della
valutazione sia nemico della valutazione tout court. Trovo persino
umiliante dover ribadire – come quegli imputati che nei processi
staliniani protestavano invano la loro fede comunista – che non sono
affatto critico della valutazione. Al contrario. Ho difeso in
innumerevoli occasioni la necessità assoluta di una valutazione
seria per riqualificare l’istruzione. Semplicemente, ho le mie
opinioni al riguardo, contestabili ma che spero sia ancora legittimo
avanzare, a meno che non si sia entrati in un regime di pensiero
unico, in cui o la si pensa in un certo modo o si è un nemico
sociale, una persona pericolosa. Mariella Ferrante aggiunge pure che
«oltre ad essere uno dei maggiori critici delle prove di
valutazione» – il che è un altro falso dello stesso genere di quello
precedente, perché non esiste un unico genere di prove di
valutazione a meno che non si sia deciso di dare il cervello
all’ammasso – sarei «un sostenitore della necessità di concentrare
l’attenzione sulla selezione delle eccellenze». Sarebbe da ridere se
non vi fosse da piangere nel vedere il confronto di idee ridotto a
un simile livello. La penso esattamente al contrario e da anni
predico che stiamo costruendo nei fatti la tanto deprecata “scuola
di classe”, in cui avanzano soltanto le eccellenze (per censo, ceto
o altri privilegi) e il resto viene appiattito verso il basso. Sono
fermo sostenitore di un’istruzione che faccia avanzare tutti verso
il livello più alto possibile – altro che “selezionare” le
eccellenze! – e trovo deprecabili alcuni modelli stranieri che
puntano verso questo modello di tipo aristocratico e classista.
Quale è il senso di dare simili presentazioni caricaturali delle
opinioni altrui?
Una sommessa richiesta: per favore, smettetela di strattonare in
questo modo scorretto, con smaccati tentativi di screditare e
condizionare. Un conto è esprimere le proprie opinioni in merito
alle modalità della valutazione e, com’è legittimo, difenderle.
Altro conto è screditare a priori chi si ritiene non la pensi come
te dando un’immagine totalmente falsata e storpiata delle sue
opinioni. Se i membri del Comitato hanno – come concede Ferrante –
indubbia competenza scientifica e interesse per la scuola, sarebbe
il caso di lasciarli lavorare in pace e giudicare dopo. Per parte
mia, dopo aver detto quanto precede non interverrò più in nessun
caso. Neppure in presenza di ingiurie. Tanto peggio per chi vorrà
indulgere al costume nazionale di mettere in piedi la solita insulsa
contrapposizione tra guelfi e ghibellini, che oltretutto qui non si
capisce neppure chi siano, visto che sono dispersi disordinatamente
da tutte le parti.
Giorgio Israel