Invalsi e il falso termometro dell’Inquizsizione di Vincenzo Pascuzzi, 27.12.2013 Paragonare i test Invalsi al termometro o è una svista macroscopica e imperdonabile oppure è un inganno voluto di proposito. Assunto per buono un simile paragone (che ripetiamo è improponibile!), è poi facile giungere alla conclusione voluta, ma questa risulta anch’essa errata. Perché si usano sì passaggi logici e suggestivi ma a valle di una premessa inconsistente e falsa. «Rinunciare ai test significa fare come quel malato che butta via il termometro per non sapere se ha la febbre oppure no» così ripropone Piero Cipollone intervistato da Lorenzo Salvia per il Corriere della Sera. Intervista probabilmente sollecitata dalla …. lobby pro-Invalsi, entrata in panico a seguito del decreto Miur n. 985/28.11.2013. Senza invertire l’onere della prova, che rimane tutto a carico di chi propone il paragone, osserviamo che il termometro associa un numero a una temperatura. Il numero viene letto su una scala graduata costruita in un certo modo. La temperatura rilevata può essere confermata con una seconda lettura (dopo averlo “abbassato” se è un termometro clinico) oppure da un altro termometro. Il termometro ha un costo relativamente basso, può essere prodotto in diversi esemplari, non varia nel tempo, può essere facilmente usato da chiunque e quando occorre. Non serve il costruttore del termometro per decidere l’uso o per leggere la temperatura. Invece i test Invalsi hanno caratteristiche e modalità d’uso differenti. Non esiste una soglia che indica la febbre, non esiste una scala di riferimento. I test vengono usati a tappeto (modalità censuaria) come una specie di screening coatto applicato anche a chi non ha sintomi di febbre, per restare nel paragone. L’Invalsi elabora poi del livelli medi di valutazione per cui – se fosse davvero possibile il paragone col termometro - risulterebbe che metà della popolazione testata ha sempre la febbre, né sarebbe possibile determinare se si tratta di febbricola o di febbrone. I test variano di anno in anno, e l’Invalsi non fa una seconda tornata di test per confrontare i risultati della prima e così verificare anche se stesso. Quella che abbiamo indicato, forse esagerando, come lobby pro-Invalsi sfugge al confronto, non risponde alla concretezza delle critiche e di chi non è d’accordo, ma spinge sul terreno ideologico e ripropone ostinata le sue solite tesi di sempre, crede di possedere verità rivelate, dogmi. E lo stiamo ancora vedendo con la sua mobilitazione mediatica di questi giorni. D’altra parte, non possiamo certo dire che l’azione del ministro Carrozza brilli per efficacia e riscuota diffusi consensi. Il riferimento è all’iniziativa del c.d. liceo breve, alle dichiarazioni imprudenti sui compiti delle vacanze, solo per citare le ultime cose. Anche il decreto sopra citato (n. 985) ha dei punti critici importanti, acuiti da chi tifa per l’Invalsi attuale. Il decreto infatti non indica né le linee operative da seguire, né le risorse da destinare all’Invalsi, né i tempi, né i punti critici da risolvere. Sarà tutto a carico, discrezione e responsabilità del presidente che verrà scelto dal ministro?
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