La scuola al tempo della chiamata diretta di Claudia Pepe, Lettera 43 29.12.2013 Ora insinuano la “chiamata diretta” come soluzione alla disastrata situazione della Scuola italiana. Ebbene, quando leggo definizioni che non mi rappresentano e anzi mi umiliano dopo anni di lotta, di sacrifici e di speranza, tento di non dire parole che mi farebbero apparire quella che non sono. Io sono un’insegnante che legge dichiarazioni irresponsabili proprio da chi dovrebbe essere documentato e consapevole per affrontare tutti i dilemmi della Scuola. E mi arrabbio ancor di più se questi concetti sono proclamati da un’ iscritta al Partito che ha partorito un Ministro dell’Istruzione degna di non ricordare. Ci siamo capiti. Affermazioni dette da una donna, Elena Centemero, che ritiene l’età media dei professori troppo alta (40 anni), e pensa che la colpa sia la forma di reclutamento. Consultando il vocabolario alla voce reclutamento, subito dopo l’accezione riguardante il servizio militare, viene la spiegazione che mi sembra più idonea. La più vera rispetto alla questione delle nostre assunzioni. “Reclutamento”: di cavalli, di muli, registrazione, previa visita veterinaria, dei quadrupedi di proprietà privata, che resteranno a disposizione dell'autorità militare in caso di bisogno”. Come, infatti, negare la nostra discendenza dai muli che hanno attraversato tanti campi di battaglia e che, nonostante tutte le bastonate ricevute, rimangono a disposizione dello Stato per eventuali nuovi conflitti con armi tradizionali o nucleari. Il nostro reclutamento, fino all’anno scorso, prevedeva la visita dal medico per sapere se avessimo la sifilide e, adesso, dopo tutti questi anni vissuti da umili, servizievoli, maltrattati e negletti muli, siamo diventati di loro esclusiva e feudale proprietà. Ci troviamo all’ombra di una nuova era di fascismo. All’epoca del duce dicevano: 'La terra ai contadini'. Ora, invece, i nuovi duci predicano la nuova verità: “L’insegnante deve ritrovare la propria dignità” Ma, se non ricordo male, terminata la guerra, furono varati solo dei timidi provvedimenti per passare alle cooperative di ex-combattenti, le lande incolte, cioè le terre più povere, che nessuno voleva coltivare perché non compensavano la fatica. Nell'Italia meridionale alcuni moti disordinati per l'occupazione dei ricchi latifondi dei padroni vennero presto repressi dal governo. I grandi proprietari terrieri fecero poi distruggere dalle squadre fasciste tutte le organizzazioni che davano forza alle pretese dei contadini. E dopo la 'marcia su Roma' non si sentì più parlare di riforma agraria. Il fascismo difendeva i privilegi dei signori e regalava al popolo solo le buone parole esortando alla muta virtù dell’obbedienza in cambio della promessa alla vita eterna. Ora non occorre affrontare questo avvento di neo-fascismo nei fatti. Bisogna essere fortissimi a non viverlo nella nostra normalità. Ecco a noi non rimane neanche la buona novella di De André ma solo il disprezzo di consulenti gaudenti che amano vederci saltare da un campo minato all’altro. Sono i nuovi riformatori della Scuola che offendono la Costituzione ma soprattutto fanno di tutto per non rispettarla. L’ultimo insulto che mancava (ma subito recuperato da Centemero), è per la nostra vecchiaia e la spossatezza con cui affrontiamo il nostro lavoro. Si perché a quarant’anni ( per loro che hanno passato tutte le Repubbliche a defraudare la Scuola), noi siamo vecchi. Quarant’anni sono la piena maturità di una persona, l’età dove la professione offre il meglio perché hai l’esperienza che ti guida, la motivazione che ti spinge a fare il meglio per questi giovani a cui ogni giorno cambiamo scenari, speranze, angosce e rabbie, la maturità per capirne meglio dubbi, contraddizioni, sogni, speranze. Ci danno dei vecchi a quarant’anni quando i politici di questa età vogliono cambiare il verso all’Italia e si trastullano a parlare di scarto generazionale. Proprio quei quarantenni che dovrebbero farci risorgere da una terza Guerra tutta italiana in cui una consigliera regionale sfilava con la maschera di un magistrato e un Parlamento giurava sulla Costituzione la difesa di una giovane minorenne, riconosciuta come la nipote di un capo di Stato. I quarant’anni per un docente (e io mi allargo anche oltre), sono i migliori anni della nostra vita. Abbiamo acquisito non senza difficoltà la professione più bella del mondo, perché per essere docenti, formatori ed educatori ci vuole coraggio, forza e schiena diritta. I responsabili scuola dei vari partiti, lo sanno cosa vogliono i ragazzi oggi o disquisiscono su concorsi senza sbocchi, nuovi corsi abilitanti che formeranno altre liste? Liste come quelle di Schindler, di donne e uomini condannati da questi partiti e da questi sindacati alla precarietà a vita, destinati a non vedere mai la pensione. Questi signori che vogliono la “chiamata diretta” danno a questo sistema scardinato, sconquassato dai tagli sempre più evidenti pagati dai docenti e dagli allievi, una chiave di lettura irresponsabile, pretestuosa, irricevibile, faziosa, di parte, all’insegna di un sistema clientelare che non rispetta la democrazia e la giustizia. Ma cosa possiamo aspettarci da chi invade i Ministeri della Giustizia e pratica le leggi come il chirurgo plastico ? E, allora, discriminiamo ancora di più il mondo, separiamo i ricchi dai poveri, i brutti dai belli, i normodotati dai disabili. Forza: eliminiamo ancora una volta il sistema, generazioni di insegnanti, in modo velleitario e irragionevole. Usiamo sempre di più il metodo-killer di uno Stato che condanna i suoi cittadini a diventare sudditi, prigionieri della gogna dell’ignoranza e della sub-cultura. E, anche, in questo frangente, dove sono i sindacati che dovrebbero difenderci? Dove si nascondono ? Quale nuovo alibi porteranno ? Quando, finalmente, potranno essere premiati il merito e l’esperienza, gli anni di servizio e la vita spesa aspettando un giorno che deve sempre arrivare e si allontana ad ogni giro di giostra? La signora Centemero che è stata insegnante di latino e greco nei Licei, evitando le montagne russe del concorso per dirigente, è addetta all’educazione dei nostri giovani per “Forza Italia” (ma in fondo il passato di certa gente si riassume in un curriculum vitae). Ecco lei ci manderebbe non a fare un giro sulle montagne russe ma su quella giostra dove spingi con un piede la persona che hai avanti per farla volare via in alto, di fianco, chissà dove, alla ricerca di una coda di volpe finta. Per mandarci a quel paese dove i furbi prevalgono sempre sulle persone oneste, quello con l’esercito di Silvio e senatori che darebbero la vita per il capo, quello con i Ministri dell’Istruzione che fanno pagare allo Stato un prezzo esorbitante per le “pillole del sapere” e non sanno che il mondo è rotondo. Ma a nessuno è mai venuto in mente di fermarsi e dire :”Gli abilitati del 1990 ora vanno in ruolo, l’anno prossimo quelli del 1999 e così via”?. E’ così difficile concettualizzare e elaborare questo principio? Abbiamo così paura di essere dimenticati che frequentiamo tutti i corsi, i master, gli aggiornamenti, e tutte le cose che continuano ad inventare periodicamente per illuderci e rimandare all’infinito una soluzione credibile. Siamo arrivati al punto di avere più abilitazioni che soldi in banca. Questi signori, che troneggiano e pontificano, hanno votato una riforma delle pensioni che non darà mai spazio ai nostri giovani e loro, guadagnano in un mese quanto noi vediamo in un anno con la tredicesima. Anzi, tanti di noi non hanno avuto neanche quella. Come si permettono di emendare la nostra vita a colpi d’accetta senza guardarci negli occhi e non provare il senso della vergogna? La vergogna quella vera, quella che non ti fa dormire la notte pensando a qualcuno che dopo i loro attacchi vili e irridenti potrebbe pensare all’inutilità della sua vita. Sono arrabbiata, delusa ma non rassegnata. Abbiamo vissuto fino ad ora pensando che le cose si sarebbero accomodate, ma ora sappiamo che dobbiamo metterci al riparo da persone che non vivono la nostra vita, non sanno nulla delle nostre giornate, non conoscono i nostri sentimenti e non sanno che il tempo è l’unico che riesce a finire il mese. Pensano di calpestarci, di annullarci, senza capire che la ragione è dalla nostra parte, che il vento della storia batte per noi. Come diceva Pasolini :”La passione non ottiene mai il perdono”, ed è questa la nostra colpa. Essere innamorati del nostro lavoro, di una scuola che abbia la missione etica di quella ateniese di Socrate, crederci fino in fondo, non tradirla mai, e non abbassare mai lo sguardo. Almeno finché ci saranno occhi che conoscono le mattine d’inverno squarciate dal sole e invase dalle voci dei propri studenti che inseguono un futuro. |