Ministro Carrozza, che fine ha fatto di Marina Boscaino e Corrado Mauceri, Il Fatto Quotidiano 8.12.2013 È con una certa incredulità che abbiamo letto ieri del ritorno in campo di una delega al governo (ddl 958), che ricalca alcuni temi apparsi un mese fa sotto forma di collegato alla legge di stabilità. Non ci eravamo fidati all’epoca delle dichiarazioni di Carrozza, colta in Cina dalla “bomba” scatenata da quella iniziativa: la ministra aveva definito quel testo “superato”. Dopo la notizia di ieri abbiamo compreso un po’ meglio in che senso lo fosse, e abbiamo l’implicita conferma che facevamo bene a non fidarci. L’incredulità è dovuta ad un doppio motivo. Il primo, certamente fondamentale: dopo la sentenza della Corte Costituzionale, questo Parlamento e questo Governo non sono illegittimi, ma sono certamente delegittimati politicamente. Quella che viene proposta con il nuovo testo è una delega da parte di un Parlamento delegittimato ad un governo altrettanto delegittimato su una serie di materie strategiche, tra cui scuola e università (“il riordino, l’armonizzazione e il coordinamento delle norme legislative e regolamentari in materia d’istruzione, Università e ricerca”). Apparentemente un innocuo tentativo di sostituire il Testo Unico, che potrebbe però nascondere nascondere delle insidie, come vedremo. Il secondo motivo di incredulità è determinato dal fatto che, se da una parte – rispetto al testo dell’ipotetico collegato alla Finanziaria – scompaiono nel nuovo testo alcuni temi fondamentali (status giuridico dei docenti e norme di reclutamento), rimane assolutamente presente il rovello degli ultimi governi (e delle ultime opposizioni), concordi nel tentativo di depotenziare, se non annullare del tutto, il governo democratico della scuola, attraverso una serie di ipotesi di intervento sugli organi collegiali che si sono confermati nel tempo: dal ddl Aprea, alla revisione in salsa finto-soft che fu partorito dalle proposte di emendamenti del Pd (che diede vita ad un testo che non depotenziava la pericolosità del progetto originario); fino all’esautoramento completo degli organi collegiali nella scuola, previsto nel testo “superato”, che prevedeva la sottrazione di qualsiasi prerogativa degli organi collegiali, ridotti a mera funzione consultiva.
Il motivo di tale
accanimento è evidente e chiaro: lasciare ai dirigenti scolastici
carta bianca sul governo della scuola significa fare di ciascun
istituto scolastico la mano esecutiva del Miur. Significa sottrarre
la vita della scuola, le decisioni che vengono assunte nei vari
settori (da quello relativo alla didattica alla determinazione dei
criteri generali, alla entrata dei privati negli istituti
scolastici, alla gestione dei fondi scolastici) a procedure
democratiche e condivise. Siamo alle solite: viene proposto un disegno di legge, con il pretesto di realizzare una semplificazione dell’attività e dell’organizzazione amministrativa; si interviene invece, in modo subdolo e criptico, attaccando ancora una volta la democrazia scolastica. Ad opera di un Governo che si accinge ad estorcere, nonostante le circostanze, una funzione che nei fatti non esiste più. Vengono stabiliti infatti, come si legge dalla relazione introduttiva, “i princìpi e criteri direttivi della delega: organizzazione delle disposizioni vigenti alla data di adozione dei decreti per settori omogenei o per materie, secondo il contenuto precettivo di ciascuna di esse; coordinamento, formale e sostanziale, delle disposizioni per garantire coerenza giuridica, logica e sistematica, nonché per assicurare il riordino e la semplificazione delle strutture, ivi compresi gli organi collegiali della scuola, e dei procedimenti”. Una formulazione criptica, che determina una delega in bianco in palese violazione della Costituzione (art. 76). Ma questa ormai è una consuetudine. È auspicabile che i comitati per la difesa della Costituzione, forti della sentenza della Consulta, diano un seguito agli impegni assunti nella manifestazione del 12 ottobre (La via maestra). La scuola in questa occasione, però, deve esser davvero presente. |