Cuneo, 111 docenti scrivono: “Prima di inoltrare il presente documento abbiamo atteso l’esito dei sondaggi promossi presso i nostri studenti e le loro famiglie, al fine di non prestare ulteriormente il fianco alle critiche gratuite di esponenti della Giunta Provinciale circa il plagio da noi esercitato” targatocn, 24.12.2013 Noi insegnanti dei licei di Cuneo intendiamo manifestare il nostro fermo dissenso rispetto alla sospensione del trasporto pubblico per studenti nel giorno di sabato. Tale provvedimento impone alle scuole, per non ledere il diritto allo studio dei giovani cittadini della provincia di Cuneo, la chiusura in giorno di sabato riorganizzando il quadro orario settimanale, sovraccaricando i restanti cinque giorni.
Facciamo notare che prima di inoltrare il presente documento abbiamo
atteso l’esito dei sondaggi promossi presso i nostri studenti e le
loro famiglie, al fine di non prestare ulteriormente il fianco alle
critiche gratuite di esponenti della Giunta Provinciale circa il
plagio da noi esercitato: ci spiace, anzi ci piace constatare
l’indipendenza di giudizio che gli studenti hanno mostrato in questa
circostanza, come in molte altre.
Uno degli assessori competenti dichiara pubblicamente che “solo i
collegi docenti” sono contrari alla chiusura delle scuole di
sabato. Al di là della fondatezza dell’affermazione - quali le
fonti? - non sono forse proprio i docenti le figure competenti dal
punto di vista dell’organizzazione didattica (che parlando di scuola
non è proprio un elemento marginale)? Sgombriamo il campo da
equivoci: non abbiamo interessi di casta (non abbiamo nemmeno un
centro ricreativo, né privilegi se non come per molti altri lo
sconto del 10% in alcune librerie); molti di noi peraltro chiedono
il sabato libero pur senza ottenerlo per ovvie ragioni
organizzative, dunque ci sarebbe anche un interesse di comodo
personale nella chiusura delle scuole al sabato. Ma vediamo
l’impoverimento che discenderà da questa decisione e lo vogliamo
spiegare, nella speranza che decisioni amministrative che
coinvolgono la scuola vogliano tener conto “anche” (sembra strano
doverlo ricordare) della didattica. Tutte le scuole, ma ancora di più i licei, prevedono una parte di lavoro di lezioni frontali e una altrettanto considerevole di studio a casa per consolidare quanto appreso. A più ore di lezione concentrate in meno mattine, corrisponderà un prevedibile calo qualitativo di produttività delle ore terminali e soprattutto un aggravio del lavoro a casa nei pomeriggi che nel frattempo saranno più brevi (non è pensabile né proficuo che si concentri il sabato mattina tutto il lavoro a casa). Con la conseguenza che molti più studenti incontreranno difficoltà nello studio, altri non riusciranno a conciliarlo con impegni sportivi, artistici o di altro tipo, altri ancora opteranno per una istruzione non liceale. Non si coglie la gravità di questa circostanza, considerando i tagli già operati su ore di insegnamento (riforma Gelmini) e risorse per i corsi di recupero? Si immagina la ricaduta che ci sarà in termini di partecipazione ad attività di istituti musicali, associazioni sportive agonistiche e dilettantistiche, volontariato ecc.?
Peraltro l’organizzazione su cinque giorni per scuole che hanno
percorsi con monti-ore differenti, comporterà che alcuni studenti
usciranno alle 14, altri alle 15 o più tardi: si organizzeranno più
corse per il rientro (circostanza che eroderà il risparmio
perseguito con la sospensione del servizio al sabato), oppure si
costringeranno gli studenti specie delle valli a lunghe attese in
città, poco proficue né riposanti? E ancora, a che cosa si ridurrà
il pranzo degli studenti, in termini di qualità e costi per le
famiglie? L’Europa la si invoca quando fa comodo. Nel caso del confronto tra studenti di diverse nazionalità, ospitando e promuovendo più volte l’anno scambi con studenti di altre realtà europee e del resto del mondo constatiamo abitualmente la miglior preparazione e attitudine allo studio dei nostri studenti (che non a caso vediamo sovente espatriare come eccellenti ricercatori). In questo caso uniformarsi agli standard della maggior parte dei paesi d’Europa significherà un abbassamento del livello di preparazione. Non ingannino i dati relativi a misurazioni fatte tra studenti di diversi paesi: 1) intanto i nostri svolgono un programma assai più approfondito, spalmato però su cinque anni anziché quattro; 2) le rilevazioni INVALSI sono tali che risultati eccellenti a livello di classi – come accaduto in più di un caso nei nostri licei – non vengano conteggiati poiché (paradossalmente) considerati l’esito di violazioni di regole;
3) i dati nazionali sono a macchia di leopardo, quelli relativi ai
nostri licei cuneesi sono lusinghieri (come attestato dalle ricerche
della Fondazione Agnelli): per questo noi stiamo chiedendo
all’amministrazione provinciale di Cuneo di mantenere questa
eccellenza, anch’essa di Cuneo, su livelli che diversamente non
potremo più garantire. E non ci è di conforto sapere che in altre
città già lo si fa. Fermo restando che in tali città la mobilità
presenta caratteristiche diverse.
Nel manifestare il nostro dissenso, noi insegnanti ci rendiamo
disponibili al confronto con la parte politica così come con gli
uffici dell’ente provinciale che dovrebbero aver elaborato, dati
alla mano, lo studio del rapporto tra benefici e costi (diretti e
indiretti) di questa scelta. Nel frattempo solidarizziamo con gli
studenti e le loro famiglie che avvertono questo provvedimento come
una sottrazione ulteriore di risorse per la loro formazione.
Solidarizziamo anche con i lavoratori delle aziende di trasporto che
dovessero venire toccati dalle conseguenze di tale decisione.
Si allegano le firme di 111 docenti dei
Licei della città di Cuneo |