Con il blocco dei contratti
stipendi pubblici a -9%

di Bianca Di Giovanni, l'Unità 26.4.2013

Tra le tante grane che il prossimo governo dovrà affrontare (oltre alla lunga serie di questioni su disoccupazione e fisco) ci sono quelle dei contratti pubblici e dei precari della Pubblica amministrazione. Sul primo punto l'esecutivo uscente ha già segnato una traccia molto pesante per il 3 milioni e mezzo di dipendenti: il blocco degli aumenti e dell'indennità di vacanza contrattuale anche nel 2014. Il regolamento relativo a questa decisione è stato varato da uno degli ultimi consigli dei ministri, non senza qualche malumore da parte di alcuni ministri.

Primo tra tutti Francesco Profumo, titolare all'Istruzione.

Oggi quel testo è all'esame del consiglio di Stato, che ha già inviato qualche «osservazione» al governo uscente. Nulla di fatto, invece, per i circa 240mila precari che vedranno scadere i loro contratti a luglio. Una proroga costerebbe circa 50 milioni, dovranno pensarci i prossimi ministri. Palazzo Spada ha fatto sapere a palazzo Chigi che, pur confermando il blocco degli aumenti, si deve esplicitamente assicurare che non ci sarà il taglio del 5% sugli stipendi che superano i 90mila euro annui e del 10% su quelli di oltre 150mila. Insomma, il contributo di solidarietà istituito da Giulio Tremonti, va cancellato «apertis verbis» per via della bocciatura della Corte costituzionale. La Consulta aveva contestato la misura perché riguardava solo i dirigenti pubblici e non anche quelli privati, e perché incideva sui diritti acquisiti.
 

I CONTI DELL'ECONOMIA Se gli stipendi d'oro sono salvi, non lo sono quelli dei «semplici» dipendenti, che non vedranno aumenti anche per l'anno prossimo, mentre per il triennio successivo potranno vedersi riconoscere solo la vacanza contrattuale. La decisione di prolungare il blocco all'anno prossimo è stata presa «di concerto» tra Funzione pubblica e Economia. Ma a quanto pare il ruolo di Vittorio Grilli sarebbe stato predominante. Il ministro del Tesoro avrebbe argomentato la decisione indicando un risparmio di 1,4 miliardi nei tendenziali dell'anno prossimo: ecco perché le risorse non sono state neanche allocate. Negli anni successivi si aggiungerebbero altri 659 milioni sul 2015 e 726 milioni per il 2016. Sempre che il prossimo governo confermi la decisione. Il provvedimento, infatti, ci metterà una cinquantina di giorni prima di diventare operativo. I ministri in arrivo potrebbero anche decidere altrimenti. Per ora tuttavia la scure è stata calata sugli stipendi di 3,3 milioni di lavoratori del settore pubblico. Particolarmente gravi sono gli effetti della decisione sugli insegnanti. La riforma Gelmini, infatti, collegava gli aumenti al raggiungimento di un dato livello di risparmi. Ebbene, quel livello è stato raggiunto: se non fosse stato tutto congelato si sarebbero dovuti stanziare 300 milioni.
 

Su questo si è impuntata l'Economia.

Per questa ragione Profumo aveva espresso perplessità durante il consiglio che ha definitivamente deciso il blocco, ma non è riuscito a convincere il collega Grilli. Così i livelli di reddito dei lavoratori pubblici resteranno fermi al 2009, visto che il congelamento è partito nel 2010.

Secondo valutazioni del Sole24ore nei cinque anni gli statali e i loro colleghi delle Pubbliche amministrazioni territoriali rinunceranno, in termini di mancati aumenti, a circa il 9,2% dello stipendio. Un sacrificio permanente, perché le norme escludono espressamente ogni possibilità di recupero di quanto perso alla ripresa dei rinnovi. Senza contare gli effetti sulle pensioni di coloro che lasceranno il lavoro nei prossimi anni. Effetti ancora più devastanti dal punto di vista del reddito si prevedono per i precari, che scadranno a fine luglio. Anche questa dovrebbe essere una priorità per il governo in gestazione, eppure il dibattito politico ignora la questione. Si tratta di 80mila contratti a tempo determinato e 40mila cococo, mentre il resto è composto da Lsu (20mila) e partite Iva, che includono prestazioni diversissime: dai consulenti, ai giovani atipici.