Da zero a uno Mario Piemontese da ReteScuole, 21.4.2013
L’Invalsi quest’anno
per la prima volta ha restituito alle scuole i punteggi relativi
alle rilevazione degli apprendimenti al netto del
“Cheating”. Cerchiamo di capire
di cosa si tratta.
Per stabilire
l’attendibilità dei dati raccolti l’Invalsi ha deciso di rilevare
indirettamente “comportamenti impropri che hanno consentito, secondo
modi e forme differenti, agli allievi di fornire le risposte
corrette non in virtù delle loro competenze, ma perché copiate dagli
altri studenti o da libri e altre fonti (student cheating) o,
persino, suggerite più o meno esplicitamente dai docenti (teacher
cheating)” (Rilevazioni
nazionali sugli apprendimenti 2011 – 12 : il quadro di sistema).
L’Invalsi dovrebbe
occuparsi direttamente della rilevazione annuale degli
apprendimenti, ma non lo fa perché non è in grado di retribuire un
adeguato numero di esaminatori esterni. Per questo la
somministrazione è affidata ai docenti dai dirigenti scolastici,
anche se tale attività non rientra assolutamente tra i loro compiti.
Nel mese di febbraio
l’Invalsi ha organizzato un workshop dal titolo
“Metodi di identificazione, analisi e trattamento del cheating”.
Dai documenti presentati in quella occasione sono tratte le
informazioni che seguono.
L’Invalsi ha deciso di
rilevare gli effetti di “comportamenti anomali” che si possono
verificare durante la somministrazione delle prove, calcolando per
ogni classe: la media e la deviazione standard dei punteggi,
l’indice di omogeneità delle risposte date al medesimo quesito e il
tasso di risposte non date. L’Invalsi infatti ritiene che siano
sintomo di “comportamenti anomali”: un elevato punteggio medio e una
elevata concentrazione dei punteggi della classe attorno al
punteggio medio, una elevata concentrazione di risposte identiche,
giuste o sbagliate non importa, date a un medesimo quesito e infine
un basso numero di risposte non date.
Il punteggio al netto
del “Cheating” si calcola moltiplicando il punteggio totalizzato per
la differenza tra uno e l’indice di propensione. Per esempio se uno
studente ha totalizzato 100 e l’indice di propensione al “Cheating”
della sua classe è pari a 0,05, allora il punteggio dovrà essere
ridotto del 5% e passerà quindi a 95 = 100 X 0,95.
La mediana minore tra
quelle delle cinque aree è presa come soglia di riferimento. Da
questo si deduce chiaramente che in ogni area almeno il 50% delle
classi non può che avere un indice di propensione al “Cheating”
superiore alla soglia. L’invalsi ha corretto i punteggi degli
studenti di tutte le classi che avevano un indice di propensione al
“Cheating” superiore alla soglia così determinata. Quindi ha
corretto il punteggio di almeno il 50% delle classi di ogni area.
Classi seconde della
primaria: 52,7% (Italiano) e 54,4% (Matematica).
L’Invalsi non ha
restituito il punteggio delle classi che hanno un indice superiore a
0,5 escludendole anche dal calcolo del punteggio medio di scuola. In
presenza di un numero di classi superiore al 50% con indice
superiore a 0,5, l’Invalsi non ha calcolato neppure il punteggio
medio di scuola.
Classi seconde della
primaria: 6,6% (Italiano) e 7,5% (Matematica).
Nel complesso le classi
con un indice di propensione al “Cheating” superiore alla soglia, ma
inferiore a 0,5 sono state il 55,1% in Italiano e il 59,2% in
Matematica. L’Invalsi ha deciso di utilizzare l’indice di propensione al “Cheating” per ridurre il punteggio delle rilevazioni nazionali sugli apprendimenti ad almeno il 50% delle classi coinvolte. Nei fatti poi questo è accaduto a più del 60%. È come se un insegnante decidesse a priori che abbasserà la valutazione ad almeno la metà dei suoi studenti, indipendentemente da quale sarà l’esito della verifica che andrà a proporre loro, perché è convinto che sicuramente copieranno. Un comportamento simile, oltre a essere particolarmente demotivante, non può che provocare negli studenti un profondo senso di ingiustizia perché sottende una logica assolutamente punitiva. La logica punitiva che viene applicata dall’Invalsi agli studenti è identica a quella delle tre fasce che il “Decreto Brunetta” applica ai dipendenti pubblici: a prescindere, il 25% dei dipendenti deve essere collocato nella “terza fascia di merito”, quella dei “fannulloni”. A prescindere, almeno la metà degli studenti deve finire nell’elenco dei “copioni”. Milano, 21 aprile 2013 |