Tablet time/1. da TuttoscuolaNews, n. 581 8.4.2013 Si può fare una didattica sintonizzata con il modo di pensare, interagire, apprendere dei giovani di oggi, i ‘nativi digitali’, per usare la fortunata espressione lanciata da Marc Prensky nel 2001? E possono i docenti della scuola italiana, che hanno fra l’altro una età media tra le più elevate al mondo, imparare a gestire questa nuova metodologia didattica? Risponde decisamente di sì Dianora Bardi, docente di italiano e latino del liceo Lussana di Bergamo, vicepresidente dell’associazione ImparaDigitale, protagonista della due giorni di dibattito, workshop e formazione dei docenti che si è svolta il 5 e 6 aprile a Bergamo con il titolo generale di ‘Tablet School’, proposto e scelto on line dagli studenti. La condizione, come ha spiegato la stessa Bardi nel corso di formazione, poco teorico e basato invece sull’analisi di esperienze concrete, è che gli insegnanti imparino a utilizzare uno strumento, come il tablet, che assai più dei ‘vecchi’ computer portatili, compresi i netbook, si presta a soddisfare l’esigenza dei giovani di oggi di gestire i processi di apprendimento in modo collaborativo, condiviso, co-creativo e multimediale, e non più in quello individualistico e monomediale legato alla tradizionale didattica centrata sul binomio lezione ex cathedra-studio individuale su testi stampati. Gli insegnanti non devono però focalizzarsi sulle tecnologie, inseguire i produttori e gli editori in una affannosa rincorsa alle ultime novità hardware e software: devono sapere tuttavia come esse possono essere impiegate a fini didattici, e scegliere solo le funzioni necessarie a questo scopo. Fondamentale diventa, nell’ottica dell’apprendimento co-costruito, tablet-based, che è naturaliter e per molti aspetti transdisciplinare, la collaborazione tra i docenti nella programmazione condivisa delle attività didattiche, compresa la valutazione dei risultati raggiunti dai singoli studenti. |