Dieci piccoli saggi ovvero, Se proprio serve una prova che i maschi preferiti di re Giorgio fossero lì a prender tempo, se ne legga il miserrimo “documento” sulla scuola, una questione di due minuti due di Irene Serracchioli (*) Pavone Risorse, 24.4.2013 Una tragedia. A cominciare dal linguaggio (perché è vero che chi parla male pensa male): espressioni quali «performance dei sistemi educativi», «deficit in termini di qualità del capitale umano», «background socioeconomico e culturale svantaggiato», «opportunità verso gli studenti meritevoli», «cultura attiva del dato» perlomeno dimostrano la fatica di navigare in acque sconosciute. Per continuare con la sostanza, a tratti umoristica, perlopiù povera e discutibile. Povera. Tre paginette scarse – titoletti e interlinee inclusi – perse fra sanità (ebbene sì) e produttività (naturale!), cosicché per l’istruzione avanzano poche righe, figuriamoci per la scienza della formazione: desueta, femminile, forse urticante, certo intonsa. Discutibile. Due sembrano gli obiettivi per cui valga «potenziare l’istruzione e il capitale umano»: «l’aumento della produttività» («assicurare nel medio termine una crescita economica in grado di riassorbire la disoccupazione e la sottoccupazione di cui è afflitto il nostro Paese») e «l’insegnamento di stili di vita salutari» limitando i «costi sul sistema sanitario nazionale», compito che la scuola dovrebbe sobbarcarsi al fine di «migliorare la qualità della vita odierna». Si può notare come l’utopia non abiti fra queste righe.
Ma insomma: per
produrre di più e più in fretta, per alleggerire le spese sanitarie,
per potenziare il capitale umano, questa maschia elite abbozza poi
qualche ideuzza tanto banale e ingenua che, se potessimo
permettercelo, commuoverebbe. Ma va’? Che idea fantastica e stravagante … ma non è per caso quello che si faceva prima della cura morattigelminiana? E non è quella scuola che avrebbe portato allo sfascio le finanze pubbliche, quella che non potevamo più permetterci, che l’Europa ci chiedeva di abolire, che era parte di un sistema vetero-pedagogista? Secondo – aguzzate la vista – aumentare le borse di studio per aiutare «gli studenti meritevoli provenienti da famiglie meno abbienti», proprio le stesse borse di studio – ricordano candidamente i saggi – che sono state quasi abolite dal governo Monti-Napolitano.
Terzo
– e ti pareva – migliorare «l’infrastruttura di rete delle scuole».
DI RETE!? E l’infrastruttura di mattoni e cemento e tegole? Lo sanno
i dieci piccoli saggi che a molti di quegli istituti da cui dovrebbe
partire la rimonta italiana non stanno più in piedi? Certo che sì,
però qui non si vola terra-terra, qui si filosofeggia di massimi
sistemi, si preconizza «una nuova cultura della decisione basata sui
dati, che superi le barriere disciplinari e apra la strada agli
approcci sistemici e quantitativi» (sic!), «una forte domanda di
formazione e di innovazione attraverso i linguaggi digitali».
“La maggior parte
degli uomini in ultima analisi non ama e non brama di vivere se non
per vivere. L'oggetto reale della vita è la vita, e lo strascinare
con gran fatica su e giù per una medesima strada un carro
pesantissimo e vôto”. Addio Leopardi, sublime poeta e sopraffino pensatore: con le sue speculazioni, con il suo studio “matto e disperatissimo”, oggi al massimo sarebbe considerato uno “sfigato”.
(*) da Varieventuali del 24 aprile 2013 |