“Spotted” e la bacheche Fb delle
scuole La Tecnica della Scuola, 16.4.2013 “Spotted” e la bacheche Fb delle scuole diventano la gogna feroce dei giovanissimi La nuova gogna virtuale dei nativi digitali ha un nome inglese: “spotted”, racconta il Messaggero, e la Bacheche su Facebook da due mesi si espandono come formicai, una per scuola. In allarme i presidi e interviene anche la polizia postale contro cecchini senza nome e senza volto Colpiscono nel mucchio. Spotted, “avvistati”. Presi di mira. Colpiti. Affondati. Travolti da compagni che li denigrano senza un movente che non sia la cattiveria. Senza neppure riconoscere il cyberbullo che c’è in loro. Bersaglio riconoscibile dall’intera scuola. Classe, iniziali, a volte nome e cognome. E poi ogni possibile metafora per segnalare una ragazza o un ragazzo come brutti, perdenti, tossici, sporchi, da emarginare. E poi i più malevoli pettegolezzi. E poi i più feroci sinonimi per dire ”sei una ragazza facile”, per dire ”sei un fallito”, per dire ”sei un omosessuale”. R.L., II B, (riferimenti di fantasia), che è «un fr..», B.D., I A, che «è una ninfomane», G.F., II H, che «è una balena», D.L, II L, che «è un nano complessato». E poi c’è la «porcona», la «poraccia», quello «non si lava mai», quello che «sembra Moby Dick», quella che «è cagna dentro», quella che «fa i pomp.. a tutti», e via così. E poi ”mi piace”, ”mi piace”, ”mi piace”, cliccano i lettori. E poi una risata agghiacciante, spietata, collettiva. Ahahahahaha!!!
Accanto a ”spotted”, il nome della scuola. La Polizia Postale ne ha
già chiuse molte, su richiesta dei presidi, mentre montavano maree
di insulti, pettegolezzi, oscenità, minacce, razzismo, omofobia.
Contro i compagni. Talvolta contro i professori. Un’altra capriola
del cyberbullismo, un’altra confezione virtuale di veleno da
spandere nel web. Firma anonima, a disposizione della comunità. Spotted Visconti, Mamiani, Farnesina, Mameli, Convitto, Dante, solo a Roma. Lo spotter può essere maschio o femmina, di una classe o di un’altra, piccolo o più grande. Può trasformarsi da bullo in bulleggiato o viceversa. I genitori ignorano. I presidi no. Quelli dell’Asproni di Nuoro e dell’Agnesi di Milano hanno fatto chiudere le bacheche che pubblicavano una la lista di alunni gay, l’altra una raffica di insulti feroci contro gli insegnati. Chiusi anche gli ”spotted” di alcuni licei di Trieste, che avevano scaraventato certi alunni nella depressione, e del liceo Cossa di Pavia, dove avevano scatenato una rissa collettiva in piazza. Pare che le ragazze siano le più attive. Come quella che, sulla bacheca di un liceo romano, scrive: «Ti amo anche se soffri di eiaculazione precoce». Con nome e cognome. Solo iniziali e classe, invece, per una tredicenne: «È incinta di uno del V B. Chiunque sia, faccia un fischio: la classe non ha intenzione di accudire un bambino». Sullo spotted di Piazza Cavour, qualcuno racconta di sballi, con perfidia: «A L.F. piace vomitare e dormire per strada». «Si fa così, per ridere», spiegano gli autori. Antonio Apruzzese, direttore della Polizia Postale, sa bene che affrontare il cyberbullismo è come misurarsi con una nebulosa in continua mutazione, con un’antropologia in continua evoluzione, con un’acrobazia virtuale collettiva, da parte di uno sterminato esercito di piccoli fantasmi compulsivi, aggressivi, fuori controllo, ansiosi di ferire. Prendiamo l’uso delle bacheche ”spotted” in certi licei. La Polizia Postale ne ha già chiuse alcune. Un fenomeno pericoloso? «Sta dilagando. Rientra tra le opportunità sempre più numerose di colpire sul web nascondendosi dietro l’anonimato. Gli effetti sono imprevedibili. Accade, per esempio, che intere città si dividano in piazze virtuali sulle quali, partendo da un cyberspotting contro qualcuno, si scontra tutto un liceo, e poi più licei, e poi tutta la comunità». «..e magari dallo scontro virtuale, si passa a quello reale. E’ successo in una città del centro sud. I nostri tentativi di incoraggiare una riappacificazione sono falliti perché alla fine nello scontro erano stati coinvolti pure i genitori». «Sono attivissime le femmine. Equivalenti ai maschi, nel numero. Questi ultimi sono nettamente più propensi a minacce fisiche o riferimenti sessuali osceni. Le ragazze, invece, sono molto più sottili, più feroci. Usano la parola con cattiveria, per invidia nei confronti delle più belle, oppure per isolare le più timide, attraverso pettegolezzi, discredito, malignità sul loro aspetto fisico». Chi sono i ragazzi che agiscono e quelli che subiscono?
«Non esiste una tipologia prevalente di ragazzi che subiscono e
agiscono. I temi sono quelli classici del bullismo: infierire sulla
diversità, denigrare a emarginare i più deboli. Le competenze
informatiche permettono di scatenare a questo scopo vere e proprie
guerre tecnologiche: i cyberbulli, tra l’altro, per isolare il loro
perseguitato, possono persino inibirgli l’accesso a certe pagine,
creargli del gruppi contro, rubargli l’identità». |