Elementari, i libri insegnano a discriminare le donne

 Gli uomini fanno 50 lavori diversi, le donne 15.
I primi sono sicuri e liberi, le seconde invidiose

di Giulia Siviero, Linkiesta 25.4.2013

Ci sono cose da maschi che che le femmine non possono fare, e cose da femmine che è vergognoso che i maschi facciano. Ci sono, inoltre, vicende che non vengono raccontate o che vengono liquidate in poche, pochissime righe. Nei libri di storia, in quelli di filosofia, nei manuali di letteratura, di scienze o di storia dell’arte. L’assenza e il silenzio delle donne nei testi scolastici è proporzionale alla presenza costante e tenace, in quegli stessi testi, dei cosiddetti stereotipi di genere, che mostrano immagini di uomini e donne non solo sempre uguali a loro stessi, ma anche irrealistiche e ormai superate nella realtà.

Un quadro molto chiaro lo si ricava da un’indagine realizzata da Irene Biemmi, ricercatrice presso il dipartimento di Scienze dell’educazione dell’Università di Firenze, sui testi per la quarta elementare delle maggiori case editrici italiane. Dalla ricerca (pubblicata con il titolo Sessi e sessismo nei testi scolastici ), non emergono grandi sorprese: da un punto di vista quantitativo bambine e donne sono sotto-rappresentate: ogni 16 protagonisti uomini ci sono 10 donne.

Queste ultime sono pettegole, invidiose, vanitose, smorfiose, affettuose, apprensive, angosciate, premurose, pazienti, tenere, vergognose, silenziose, servizievoli, comprensive, docili. Tra gli aggettivi riferiti invece esclusivamente al genere maschile si trovano: sicuro, coraggioso, serio, orgoglioso, onesto, ambizioso, minaccioso, pensieroso, concentrato, generoso, fiero, duro, egoista, iroso, virtuoso, saggio, deciso, audace, libero.

Tra i protagonisti maschili il 70% lavora (contro il 56 delle donne) e ha a disposizione 50 diverse professioni (tra cui re, cavaliere, marinaio, mago, scrittore, dottore, giornalista, ingegnere, esploratore, scienziato, medico, direttore d’orchestra). Tra i personaggi femminili le "professioni" sono 15, di carattere prevalentemente domestico e quasi del tutto slegate dalla realtà (quella della maestra è la più frequente, ma ci sono anche strega, maga, fata, principessa, casalinga).

Anche nelle immagini che accompagnano i testi, i bambini e gli uomini predominano numericamente, e vengono rappresentati in massima parte all’aperto (e se in casa, in salotto), mentre le bambine e le donne vengono ritratte in spazi chiusi, occupate a curare l’aspetto, ad accudire bambole o a fare lavori domestici.

La scuola in Italia (paese che è all’ottantasettesimo posto al mondo per le politiche di genere) continua insomma a tramandare modelli rigidi e fuori tempo, sulla base dei quali alunni e alunne formeranno le loro rispettive identità di genere e le loro relazioni. Da questa consapevolezza è nata una petizione (che è possibile firmare sulla piattaforma change.org a questo link) rivolta al Presidente Napolitano e promossa dall’insegnante e giornalista Mila Spicola con una richiesta precisa: raccontare nei libri di scuola la storia di Franca Viola, prima donna in Italia a denunciare, nel 1966, uno stupro dalla estrema provincia italiana di Alcamo.
«La richiesta è un pretesto, più che un obiettivo in sé», dice Spicola. «Le politiche di genere sono completamente assenti nei contenuti, nei programmi e nelle metodologie. Sarebbe necessaria l’adozione di una serie di azioni importanti. Una sensibilizzazione dei docenti e buoni provvedimenti a sostegno di un insegnamento di genere come si fa in tanti paesi dell’Unione Europea».

In Italia ci si è mossi finora con la direttiva Prodi-Finocchiaro del 27 marzo1997: tra gli obiettivi prioritari per promuovere le pari opportunità si indicava «la formazione a una cultura della differenza di genere» anche e soprattutto attraverso l’aggiornamento dei materiali didattici. Si trattava però sostanzialmente di un atto formale a seguito della Quarta conferenza mondiale sulle donne di Pechino.

Due anni dopo una nuova iniziativa, il progetto Polite, con cui gli editori italiani associati, il ministero delle pari opportunità e altri partner educativi si sono dati un codice di autoregolamentazione per riqualificare i materiali didattici in un’ottica di genere. Cosa ne è stato? Come è stato recepito? «Non ve n’è traccia - spiega Mila Spicola - i libri recano ancora il plurale maschile, sono zeppi di stereotipi e la storia, soprattutto la storia, è scritta esclusivamente al maschile. Il mio obiettivo reale è far sì che quel codice venga adottato per legge e che tutti i libri di testo ottengano una sorta di bollino che certifichi l’adozione di termini e di impostazioni non sessiste, come accade già in tanti paesi europei». La petizione Le donne cambiano la storia, cambiamo i libri di storia ha ormai raggiunto le dodicimila firme. E c'è anche chi ha proposto di trasformarla in disegno di legge.



@glsiviero