Il declino del Liceo Classico Massimo Rossi, 4.4.2013 Leggendo, in questi giorni, i dati emanati dal MIUR sulle iscrizioni alla scuola secondaria superiore per il prossimo anno scolastico 2013/14, si nota che a livello nazionale risultano in aumento gli istituti tecnici e professionali, mentre nell’ambito dei Licei, l’unico incremento significativo è quello dello scientifico delle scienze applicate. Non buoni sono invece i risultati dei Licei tradizionali, ed in particolare quello del Liceo Classico, per il quale risulta in calo la percentuale degli iscritti a livello nazionale, con un passaggio dal 6,7% del totale al 6,1%; se poi consideriamo che, attorno agli anni 2005-2007, la percentuale dei ragazzi che sceglievano il Classico era intorno al 10% del totale, il declino appare ancor più chiaro e inarrestabile,con un’accentuazione in questi ultimi due o tre anni. Quali le cause di questo mancato gradimento degli studi classici e della cultura umanistica, che pure ha costituito da sempre la culla della nostra civiltà? In parte possiamo chiamare in causa la crisi economica, che induce le famiglie a ritornare al vecchio concetto del diploma da utilizzare dopo cinque anni di studi, senza dover affrontare l’Università, che come tutti sanno è molto dispendiosa; e questa motivazione può essere chiamata in causa per tutti i Licei, non solo per il Classico, cioè tutte le scuole che presuppongono, come naturale esito del proprio percorso formativo, la prosecuzione degli studi in ambito universitario. A ciò si è aggiunta però, per volontà del nostro Ministero e del ministro Profumo, una insistente propaganda, effettuata anche mediante spot televisivi, a favore degli istituti tecnici e professionali. Io considero vergognosa e bugiarda questa propaganda: vergognosa perché un ministro della Repubblica non deve mai favorire un ordine di scuole rispetto ad un altro, e illusoria perché con questi spot si è lasciata intravedere per i diplomati un’immediata immissione nel mondo del lavoro, un’affermazione che è pura e semplice fantasia, considerato l’attuale tasso di disoccupazione giovanile, che, se è elevato per i laureati, è elevatissimo per i diplomati, il cui inserimento nell’attività produttiva è sempre più problematico. Ma per quanto attiene al Liceo Classico le cause del declino sono ancor più variegate. A quelle sopra descritte va aggiunta anche la superficialità della società moderna, che non tiene più in alcun conto la cultura e la formazione umana dei nostri giovani. Si tratta, nel caso specifico delle discipline umanistiche, di una formazione lenta e graduale, i cui frutti non si colgono subito, ma nel corso degli anni e durante l’intero percorso dell’esistenza: una mente che funziona, che mediante lo studio del passato sa comprendere il presente e programmare il futuro, che sa ragionare autonomamente e compiere in piena libertà intellettuale le proprie scelte, non si forma in poco tempo, né con poca fatica. Ma questi princìpi, che per noi uomini alle soglie della terza età e da sempre cresciuti con questo tipo di cultura sono ovvi e scontati, non lo sono per i giovani di oggi, figli della società del “tutto e subito” e alimentati con la tecnologia della tv e del computer, anch’essa peraltro vissuta passivamente e superficialmente da chi passa le sue giornate su facebook o su twitter. I ragazzi di oggi, condizionati dall’ignoranza dei mass-media, dei politici e dei ministri stessi, i quali fanno intendere che per realizzarsi nella vita è sufficiente saper usare un tablet o sapere l’inglese, non comprendono più nemmeno l’importanza ed il valore della cultura umanistica, e perciò non prendono più neanche in considerazione l’idea di frequentare un Liceo Classico. La loro è pura ignoranza, l’ignoranza di chi è inconsapevole del valore di certi studi e perciò li rifiuta a priori. A ciò si aggiunge il fatto che studiare il latino e il greco (oltre ovviamente alle altre materie) richiede tempo e impegno costante, una fatica che i giovani di oggi non sono più disposti a sostenere; e non solo perché non ne comprendono il valore e l’utilità, ma anche perché è la società stessa a distoglierli, una società dove chi meno si impegna e più si fa furbo ottiene i maggiori successi. Non va poi trascurato che quelle scuole a cui si iscrive la maggior parte degli studenti attuali richiedono un tempo dedicato allo studio molto inferiore a quello richiesto da un Liceo Classico, mentre ad un tale disimpegno totale o parziale corrispondono, nella maggior parte dei casi, valutazioni più alte sia negli esiti dei singoli anni di studio sia in occasione dell’esame di Stato. Non ci vuole molto a capire, con tali premesse, il motivo per cui i ragazzi di terza media, interrogati sulla scelta della scuola superiore, storcono il naso quando si nomina loro il Liceo Classico e pongono all’interlocutore varie domande, tra le quali le più frequenti sono due: “A cosa servono il latino e il greco?”, e “Perché dovrei studiare tanto per avere voti più bassi di quelli che avrò in altre scuole studiando meno?”. Già: perché dovrebbero sacrificare la loro gioventù, i loro anni migliori, sui libri? Andiamoglielo a spiegare, con gli esempi che si vedono oggi in questa nostra società, a cominciare da quelli che ci fornisce la nostra classe politica. |