Che fine ha fatto il dibattito sulla scuola? di Marina Boscaino da MicroMega, 6.4.2013 Che fine ha fatto il dibattito sulla scuola? Dopo più di un mese di stallo in seguito alle elezioni, una cosa è certa: l’unico che ha continuato a muoversi – e in maniera estremamente incisiva – è stato Francesco Profumo. Il Parlamento sembra essere immobile. Ma per legiferare – o almeno per indicare la direzione in cui si intende legiferare – non c’è bisogno di un governo che abbia un mandato stabile e definitivo. Basta anche quello che (solo apparentemente) sia preposto al “disbrigo degli affari correnti”. Non sono state ancora composte le commissioni; infatti Pd e Pdl, nonostante le sollecitazioni dei due presidenti di Camera e Senato, non hanno ancora indicato i nominativi, impedendo in tal modo il funzionamento del Parlamento. Comunque, cosa pensino o cosa abbiano intenzione di fare i parlamentari di ogni schieramento (il Movimento 5 Stelle, ad esempio, annovera ben 8 senatori e 6 deputati che dichiarano nei loro curricula di essere insegnanti) su due temi al momento scottanti, ancora non lo abbiamo saputo. E nemmeno lo possiamo intuire. Tutto tace. Le questioni più urgenti in questo momento sono due. Innanzitutto lo schema di regolamento sulla valutazione, licenziato dal consiglio dei Ministri l’8 marzo scorso. Ho espresso altrove le perplessità di una parte del mondo della scuola su quel provvedimento. Quello che qui interessa sottolineare è che non una voce si è alzata (subito dopo le rare, che stigmatizzavano l’intempestività e l’improprietà di un simile intervento da parte di un governo “scaduto”) per indicare una strada alternativa o linee di azione concrete. Per di più su un tema – quello della valutazione – che ha mobilitato (a cominciare dai test Invalsi, di imminente svolgimento) il mondo della scuola e sul quale sarebbe più che mai necessario trovare convergenze, in seguito ad un ascolto autentico di coloro che nella scuola operano. Non tutti sanno, poi, che a Bologna il Comitato art. 33, con grande impegno e ponendo meritoriamente all’attenzione di tutti un tema che non riguarda solo la città emiliana, ma che ha respiro e dimensione nazionale, è riuscito a ottenere per il 26 maggio un referendum consultivo sul finanziamento comunale alle scuole dell’infanzia paritarie private, grazie alla raccolta di tredicimila firme di cittadini e cittadine che hanno chiesto di potersi esprimere su questo tema. La cittadinanza dovrà dare un voto di indirizzo per l’amministrazione su cosa sia meglio per garantire il diritto all’istruzione dei bambini e delle bambine: continuare a erogare un milione di euro annui alle scuole paritarie private, come avviene ora; oppure utilizzare quelle risorse per le scuole comunali e statali. Finalmente un’azione concreta e collettiva per ribadire l’interesse generale; contro il quale i tagli alla scuola statale e il mantenimento di incongrui finanziamenti alla paritaria hanno operato negli ultimi anni. Si tratta di una scelta di campo ben precisa, che interroga coscienze e visioni del mondo, ma soprattutto chiede di rispondere ad una coerenza intrinseca con il dettato costituzionale. È un tema che vuole assegnare un preciso significato in termini di diritti a principi come laicità, uguaglianza, pari opportunità. È un tema che interroga sul nostro stare al mondo come cittadini; e alla funzione – laica ed emancipante o esclusiva ed omologata al pensiero unico – che vogliamo affidare alla scuola e alla cultura. Siamo al cospetto, dunque, di un modo nobile di interpretare la democrazia diretta, ovvero mantenersi intenzionalmente nel solco dei principi costituzionali di cui si rivendica, con la propria iniziativa, la piena applicazione. Anche per questo, “Bologna riguarda l’Italia”: un “modello” per questo Paese. Sarebbe utile che i parlamentari si esprimessero, su questi ed altri temi, recuperando tutti il proprio ruolo istituzionale pieno. Che comprendessero che i cittadini li guardano e li vedono – e non solo da ora – come rappresentanti e responsabili rispetto all’interesse generale della comunità. |