Reclutamento per chiamata diretta,
di Alessandro Giuliani La Tecnica della Scuola, 25.4.2013 Doccia fredda per la Regione guidata da Valentina Aprea (Pdl). La Corte Costituzionale ha accolto il ricorso della Presidenza del Consiglio contro la norma voluta dal presidente Formigoni. Le motivazioni: il modello approvato dalla Giunta regionale è del tutto eccentrico e non tiene conto che il personale docente fa parte del pubblico impiego. La cui gestione rimane una prerogativa dello Stato, come previsto dell’art. 117 della Costituzione. Ricordate l’intenzione della Regione Lombardia, approvata dalla Giunta Formigoni attraverso l'art. 8 della legge n.2/2012, con cui si voleva introdurre un modello di reclutamento innovativo, sganciato dalle tradizionali graduatorie e più vicino alla chiamata diretta, attraverso una selezione decisa direttamente dal capo d’istituto? Ebbene, a distanza di circa 16 mesi, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima quella norma locale che consentiva alle scuole di organizzare concorsi e reclutare insegnanti. La sentenza - la n. 76, redatta dal giudice Sergio Mattarella e depositata il 24 aprile – ha accolto quindi il ricorso presentato il 19 giugno 2012 dalla Presidenza del Consiglio. Per la Consulta si tratta di una volontà istituzionale locale "del tutto eccentrica rispetto all'ordinamento nel suo complesso", visto che "ogni intervento normativo finalizzato a dettare regole per il reclutamento dei docenti non può che provenire dallo Stato, nel rispetto della competenza legislativa esclusiva di cui all'art. 117" della Costituzione.
La legge regionale stabiliva che, a titolo sperimentale, le
istituzioni scolastiche statali potessero organizzare per un
triennio a partire dall'anno scolastico successivo alla stipula
concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi, con l'obiettivo
di reclutare il personale docente con incarico annuale. Ciascuna
scuola statale avrebbe quindi avuto la possibilità di bandire i
concorsi per il reclutamento dei docenti precari con incarico
annuale. "E' evidente, però, che in tal modo – ha sottolineato la
Consulta - la Regione dispone in merito all'assunzione di una
categoria di personale, appunto quello docente, che è inserito nel
pubblico impiego statale" e a questo modo la Regione sarebbe andata
oltre quelle le sue competenze invadendo quelle dello Stato
centrale. |