Dirigenti scolastici:
annullato dal Tar il concorso in Toscana.
Commissione e correzione irregolari.
E nelle altre regioni?

Dopo il Molise, è stata la volta della Toscana, ma dall’ambo si potrebbe passare al terno e alla quaterna se la stessa sorte capitasse alla Lombardia e alla Campania (entrambe a rischio). Insomma, un poker di anormalità. E forse non unico.

inviato da Polibio, 29.4.2013

Dopo il Molise, è stata la volta della Toscana, ma dall’ambo si potrebbe passare al terno e alla quaterna se la stessa sorte capitasse alla Lombardia e alla Campania (entrambe a rischio). Insomma, un poker di anormalità. E forse non unico. Potrebbe esserci un gemello. Oppure dalla quaterna si potrebbe passare alla cinquina, e andare oltre partendo dal sei e procedendo per scala numerica. Già, perché non tutto è chiaro in Calabria, nel Lazio e in Sicilia. E altrettanto per la Puglia.

 

All’Associazione nazionale presidi (Anp) – che in un suo comunicato, contro la sentenza del Tara che ha annullamento il concorso in Toscana, ha espresso “disapprovazione per gli interventi inefficaci dell’avvocatura e dell’amministrazione periferica nel contrasto alla marea di ricorsi”, qualificandoli “tutti pretestuosi”, e ha “sollecitato l’amministrazione centrale a promuovere insieme con l’USR Toscana immediato ricorso al Consiglio di Stato per la sospensione degli effetti della sentenza del TAR fino all’esito del giudizio di merito richiesto allo stesso Consiglio di Stato” e addirittura di mantenere nel frattempo “tutti i dirigenti nominati nelle loro funzioni” – va evidenziato, con determinazione, come ha già fatto la Gilda degli insegnanti (e Polibio lo condivide, ed è certo che lo condividono centinaia di migliaia di docenti, l’Associazione nazionale docenti, i rappresentanti sindacali unitari e i sindacalisti democraticamente impegnati per il puntuale rispetto delle norme di legge), che “sono inammissibili le leggerezze commesse nella gestione della procedura concorsuale”, che l’amministrazione scolastica ha gettato “discredito sulla figura dei dipendenti pubblici le cui prestazioni proprio in questo periodo sono oggetto di un acceso dibattito riguardante la loro valutazione”, che “è scandaloso come tante risorse economiche, intellettuali e professionali siano state dissipate da prassi che denotano una superficialità sfociata addirittura nell’illegittimità”, a parte “i costi che dovrà sostenere l’Avvocatura dello Stato” – nei confronti della quale l’Associazione nazionale presidi ha espresso “disapprovazione per gli interventi inefficaci”, volutamente non tenendo presente che l’Avvocatura dello Stato non può sanare “le prassi”, ovviamente dell’amministrazione, “che denotano una superficialità sfociata addirittura nell’illegittimità” –, “un organismo pagato dal cittadino con le proprie tasse ma che si erge a difensore di un’amministrazione indiscutibilmente colpevole di non aver proceduto secondo la legge”. Legittimo che difenda “un’amministrazione indiscutibilmente colpevole di non aver proceduto secondo la legge”, ma non è corretto che un sindacato di dirigenti scolastici, dirigenti dello Stato, esprima “disapprovazione per gli interventi” professionali dell’Avvocatura dello Stato qualificandoli come “inefficaci … nel contrasto alla marea di ricorsi” nei confronti di “prassi che denotano una superficialità” dell’amministrazione “sfociata addirittura nell’illegittimità”.

 

Sembra che ce ne sia abbastanza – realizzando parecchio risparmio per lo Stato, ma anche per i docenti che partecipano ai concorsi che sembrano essere “farlocchi”, e soprattutto per rendere trasparente e produttivamente operativo il sistema scolastico, che sembra essere ridotto alle ortiche di una deserta gleba, in condizioni di assoluta servitù nei confronti di politici e di personaggi che puntano sulla clientela e su altre attività “remunerate” con euro  piuttosto che sull’istruzione e sulla formazione delle giovani generazioni, e nel quale c’è anche la presenza di presidi condannati, anche alle spese di giudizio, qualcuno anche per la terza volta (è il caso del preside dell’ITI “Cannizzaro” di Catania, Indelicato, già nell’ANP fino al 2009, poi nella Dirpresidi come vice presidente nazionale (ma Beniamino Sassi ha avuto ragione in sede giudiziaria e della Dirpresidi era ed è tuttora presidente nazionale), e dal 2012 nella Dir-presidi-scuola, quella con i trattini, come vice presidente nazionale, dal 2001 presidente di un Consorzio di circa 90 scuole e dagli anni successivi vice presidente regionale dell’Asasi, associazione alla quale aderiscono circa 200 scuole, con attività di preparazione, a Palermo e a Catania, ai concorsi per dirigenti scolastici e altro), per comportamento antisindacale (e ci fermiamo, per ora, al comportamento antisindacale) – per passare all’elezione democratica del preside. E con essa a una più operativa e produttiva organizzazione del sistema scolastico che coinvolga la partecipazione di tutto il personale, docente e ata, delle scuole, tenendo anche presente che gli stipendi, peraltro in perdita per quanto concerne il potere d’acquisto, sono inadeguati alla funzione e vanno aumentati, destinandovi una parte di quei 160 miliardi di euro di evasione fiscale che massacrano l’economia del nostro Paese e ne impediscono lo sviluppo nel contesto europeo e internazionale. E che pertanto vanno tutti recuperati.

 

Le sentenze emesse dal Tar della Toscana, infatti, hanno posto in evidenza aspetti di notevole importanza, qual è quello della composizione delle commissioni e delle sottocommissioni, che potrebbero essersi verificati anche in altre regioni.

 

A proposito del commissario supplente, prof. De Puri, dirigente dell’Associazione nazionale presidi e svolgente “ancora attività sindacale”, essendosi “dimesso prima di svolgere attività in seno alla commissione”, “la censura che lo riguarda” (cioè, l’incompatibilità), così nella sentenza n. 00645/2013, Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, Sezione Prima, depositata in segreteria il 19 aprile 2013, “è manifestamente inammissibile”. Né potrebbe essere altrimenti, dato che il dirigente dell’ANP prof. De Puri, che era stato nominato “commissario supplente”, “si è dimesso prima di svolgere attività in seno alla commissione”. Altrimenti, come sembra di poter dedurre, avrebbe causato, ancorché unico profilo di  illegittimità, e sia pure con dimissione durante l’iter della correzione delle prove scritte, “l’annullamento di tutte le operazioni concorsuali a partire dalla correzione delle prove scritte”. E il pensiero va al segretario generale della sezione italiana e presidente europeo di un’associazione professionale (l’Aede: Associazione europea degli insegnanti), nominato componente della commissione d’esami nella regione Puglia, che ha partecipato all’intero percorso di lettura, di correzione e di valutazione degli elaborati assegnati a una delle due sottocommissioni.

 

Nella stessa sentenza del Tar per la Toscana è scritto che “coglie nel segno la censura riguardante il metodo seguito nella lettura e nella valutazione degli scritti”, poiché “la regola generale in materia di funzionamento delle commissioni di concorso è che le stesse si atteggino quali collegi perfetti in tutti i momenti in cui siano chiamate ad adottare determinazioni rilevanti, comprese la valutazione e la correzione delle prove scritte, cosicché collide con tale regola sia l’attribuzione individuale, da parte dei commissari, di giudizi o di punteggi, sia l’attribuzione del giudizio operata collegialmente ma a seguito della lettura individuale dell’elaborato da parte di uno soltanto dei commissari il quale riferisca agli altri. Occorre cioè che la valutazione collegiale sia preceduta dalla lettura dell’elaborato da parte di tutti i commissari”. Insomma, la commissione (presidente e commissari) deve essere sempre unita (presidente e commissari insieme presenti) durante la lettura ad alta voce, da parte di uno dei commissari o da parte del presidente, di ciascuno degli elaborati, procedendo subito dopo alla valutazione dell’elaborato che è stato letto. Pertanto, essendo mancata l’unità della commissione durante la lettura dei singoli elaborati, la censura di cui al ricorso è fondata: “risulta violato il principio del collegio perfetto” (così anche nella sentenza n. 00641/2013 e nella sentenza n. 00643/2013). Di qui, “l’annullamento di tutte le operazioni concorsuali a partire dalla correzione delle prove scritte”.

 

Nella sentenza n. 00641/2013 c’è un punto che riguarda la composizione della commissione giudicatrice del concorso, censura formulata nel ricorso originario perché non conforme alla previsione dell’art. 10 del D.P.R. n. 140/2008, “posto che” – così nella censura – “il Presidente non possiede la qualifica richiesta e che gli altri due componenti rappresentano una sola delle due categorie contemplate dalla norma (sono entrambi infatti dirigenti scolastici)”.

A tal proposito, così da parte del Tar nella sentenza, con riferimento a “fatto e diritto”, la commissione giudicatrice del concorso era originariamente composta “nelle persone del prof. Giuseppe Parlato (docente universitario, presidente), della prof.ssa Elisabetta Bonalumi (dirigente scolastico) e del dott. Sesto Vigiani (dirigente tecnico). A seguito delle dimissioni del presidente si è successivamente reso necessario modificare la composizione della predetta commissione; con decreto n. 27 del 2/4/2012 il Direttore generale dell’U.S.R. ha nominato presidente il dott. Sesto Vigiani, integrando il collegio con la nomina a componente del prof. Paolo Calusi (dirigente scolastico)”.

Così prosegue la sentenza: “L’art. 10 del D.P.R. n. 140/2008 … stabilisce ai commi dal terzo al quinto, per quanto qui interessa, che il presidente delle commissioni esaminatrici è scelto tra i professori di prima fascia di università statali o equiparate, tra i magistrati amministrativi o contabili o avvocati dello Stato, ovvero tra i dirigenti di amministrazioni pubbliche che ricoprano o abbiano ricoperto un incarico di direzione di uffici dirigenziali generali; e che, in carenza di personale delle qualifiche citate, la funzione di presidente è esercitata dai dirigenti amministrativi o tecnici o scolastici con una anzianità di servizio di almeno dieci anni. Gli altri due componenti sono scelti uno fra i dirigenti scolastici e l’altro tra esperti di organizzazioni pubbliche o private con competenze in campo organizzativo o gestionale, dirigenti tecnici o dirigenti amministrativi”.

Si tenga presente l’espressione “esperti di organizzazioni pubbliche o private con competenze in campo organizzativo e gestionale”. Quindi: “esperti di organizzazioni pubbliche o private”, ma “con competenze in campo organizzativo e gestionale”. Ovviamente, documentati, quindi certificati – e niente affatto indicati soltanto nel “curriculum vitae”, se presentato, o soltanto nella presentazione della candidatura –, sia l’essere “esperti di organizzazioni pubbliche o private”, sia le “competenze in campo organizzativo e gestionale”.

Nella sentenza è precisato: “Le disposizioni dianzi richiamate rivelano l’esigenza che nella composizione della commissione sia riflessa la compresenza di professionalità differenziate quanto complementari, nel senso di affiancare al presidente – scelto fra soggetti non necessariamente muniti di specifiche conoscenze nel campo della dirigenza e dell’organizzazione scolastica, ma qualificati per assumere il ruolo di coordinamento e guida richiesto dalla funzione – due componenti di estrazione non omogenea, in modo da veder rappresentate in seno all’organo sia le competenze specifiche nell’ambito scolastico, sia quelle tecnico-gestionali e amministrative di carattere generale. Le medesimo disposizioni disegnano, peraltro, un’alternativa residuale per l’ipotesi in cui la carenza di aspiranti al ruolo di presidente costringa ad attingere a personale estraneo alle categorie indicate in via principale: in tale evenienza, peraltro, il dato di rilievo non risiede tanto nella diversa estrazione professionale della figura investita della funzione presidenziale, quanto nel fatto che l’estrazione del presidente può – beninteso, fisiologicamente – finire per coincidere con quella di uno dei due commissari rimanenti, fatta salva la diversa anzianità minima di servizio (dieci anni per i dirigenti chiamati alla funzione di presidente, cinque anni per quelli chiamati alla funzione di commissario). Il chiaro tenore letterale del citato art. 10, sintomatico del favor riservato dal regolamento all’opzione indicata come primaria, rende in ogni caso evidente l’assenza di discrezionalità nella scelta dei componenti la commissione e, segnatamente, del presidente, il cui nominativo può essere attinto tra i dirigenti con anzianità di servizio decennale soltanto laddove si verifichi l’indisponibilità di aspiranti tra i professori universitari, i magistrati, i dirigenti generali”. “Se così è,” – così procede la sentenza – “non può che concludersi per l’illegittimità della sostituzione del dimissionario presidente della Commissione esaminatrice, prof. Parlato, effettuata dal Direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale della Toscana con l’impugnato decreto del 2 aprile 2012. La decisione di procedere alla sostituzione con altro componente la commissione ‘al fine di garantire, ad un lato, la maggiore speditezza nelle operazioni concorsuale e il rispetto dei tempi previsti dalla vigente normativa per la conclusione della procedura concorsuale e, dall’altro, in ossequio al principio di par condicio, tenuto anche conto dello stato di avanzamento dei lavori della commissione’ non risponde, invece, agli unici criteri dettati dalla disciplina regolamentare per la nomina del presidente della commissione e, in particolare, non dà alcun conto della sussistenza nel caso concreto dei presupposti legittimanti la scelta di un dirigente con anzianità decennale, vale a dire l’assenza di aspiranti disponibili nelle categorie di dipendenti pubblici al cui interno la ricerca del nuovo presidente avrebbe dovuto essere condotta in via privilegiata (così come era stato fatto per il presidente originario)”. Pertanto, “violazione del comma 4 dell’art. 10, che impone di selezionare i componenti tra diverse categorie di aspiranti, mentre con il decreto del 2/4/2012 sono stti nominati componenti due dirigenti scolastici”. Inoltre, poiché “è vero che nell’elenco degli aspiranti … figurava un solo dirigente tecnico … mentre tutti gli altri avevano qualifica di dirigente scolastico”, “proprio per questo il dott. Vigiani avrebbe dovuto essere mantenuto nell’incarico originario assegnatogli”.

 

Situazione analoga sembra che esista in Sicilia, anche a seguito delle dimissioni del presidente, professoressa Ida Angela Nicotra, ordinario di Diritto costituzionale presso L’università di Catania, seguite dalla nomina a presidente del dott. Nicola Nicoletti, dirigente tecnico in quiescenza, che nella commissione originaria, poi diventata prima sottocommissione, era componente insieme alla prof.ssa Giuseppe Milazzo, dirigente scolastico (perfettamente rispondente all’art. 10 del D.P.R. n. 140/2008, così come la seconda sottocommissione, composta dalla prof.ssa Irene Iannello, dirigente scolastico in quiescenza, e dal prof. Orazio Lombardo, esperto di organizzazioni pubbliche e private, dirigente scolastico in quiescenza e soltanto come dirigente scolastico in quiescenza indicato nel successivo ddg 23838 del 28 dicembre 2012; ma sono entrambi indicati soltanto quali dirigenti scolastici il prof. Fausto Clemente e la prof.ssa Maria Rita Moschetti nel ddg 8170 del 16 maggio 2012 che li nomina membri supplenti della seconda sottocommissione esaminatrice). Col ddg 16005 del 7 settembre 2012, pur risultando nell’elenco degli aspiranti alla nomina a componente (presidente) della commissione circa 50 candidati, tra i quali anche professori ordinari di Università, il dott. Nicola Nicoletti, che era componente della prima sottocommissione, viene nominato presidente, cosicché nella prima sottocommissione i due componenti (la prof. Giuseppe Milazzo e la prof.ssa Maria Rita Moschetti, già componente supplente della sottocommissione) sono entrambi soltanto dirigenti scolastici. Esattamente, salvo a involontaria svista, o a semplici errori anche da parte di chi scrive, come in Toscana.   

 

Non tutto è chiaro anche in Puglia, regione nella quale l’accesso agli atti (violando un diritto dei candidati) è stato centellinato col contagocce dall’Ufficio scolastico regionale e tra i componenti della commissione (nella prima delle due sottocommissioni, quella istituita con ddg 8169 del 26 settembre 2011 e poi integrata con ddg 10226 del 22 dicembre 2011) c’era, e vi è rimasto, il segretario generale della sezione italiana e presidente europeo (internazionale) dell’Aede (Association Europèenne des enseignants – Associazione europea degli insegnanti) Silvano Marseglia, dirigente scolastico adesso “a riposo”, ovvero “in pensione”, ma indicato soltanto quale “esperto di organizzazioni pubbliche” (che non può corrispondere affatto alla funzione di dirigente scolastico, tant’è che i due commissari non possono essere entrambi dirigenti scolastici).

Poiché nelle procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni i principi sanciscono che la composizione delle commissioni deve essere fatta con esperti di provata competenza nelle materie di concorso e, oltre a non essere componenti dell’organo di direzione politica dell’amministrazione, a non ricoprire cariche politiche, a non essere designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali, non debbono essere designati “dalle associazioni professionali”, è legittimo chiedersi: il segretario generale della sezione italiana e presidente europeo di un’associazione professionale (l’Aede: Associazione europea degli insegnanti) può far parte della commissione di concorso per l’assunzione di dirigenti scolastici? Peraltro, risultandovi quale “esperto di organizzazioni pubbliche”?

Nella sostanza, e per analogia, il segretario generale, nazionale, regionale o provinciale, di una confederazione e associazione sindacale può fare parte di una commissione d’esami per il reclutamento nelle pubbliche amministrazioni presentando autonoma domanda per essere nominato presidente o commissario? Appare assolutamente ovvio che, presentando la domanda, si auto designa, anche indicandosi “esperto di organizzazioni pubbliche” (qualifica sulla quale ritorneremo).

 

Nel decreto dell’allora direttore generale dell’Usr per la Puglia, Lucrezia Stellacci, di istituzione della commissione d’esami (8169, 26 settembre 2011), e nel successivo decreto di  integrazione della commissione giudicatrice e di articolazione della stessa in due sottocommissioni (10226, 22 dicembre 2011), il segretario generale della sezione italiana e presidente europeo dell’Aede, Silvano Marseglia, è indicato soltanto quale “esperto di organizzazioni pubbliche”, a differenza degli altri commissari che sono indicati anche, se preceduti da “esperto di organizzazioni pubbliche”, quali dirigenti scolastici (“a riposo” o senza questa espressione, e quindi in servizio) della scuola espressamente citata.

 

E c’è pure il “mistero”, sempre in Puglia, della “correzione” e della “prima valutazione” – che doveva essere seguita da “rivisitazione”, che però non è avvenuta nonostante la commissione fosse stata modificata a seguito delle dimissioni di una commissaria; “mistero” tuttora irrisolto – dei 62 elaborati “velocemente valutati” il 10 gennaio 2012 e rinviati, all’unanimità da parte della commissione, così anche per i 24 elaborati “valutati” il 9 gennaio 2012, a una successiva “rivalutazione”. Ma soltanto il 24 aprile 2012, pochi giorni prima della pubblicazione dei risultati, la commissione, peraltro modificata a seguito delle dimissioni della professoressa De Masi, ha senza alcuna motivazione deciso “di non dover procedere alle revisione degli elaborati stabilita nella seduta del 10.01.2012”.

 

Il 10 gennaio 2012, la commissione giudicatrice (presidente la prof.ssa Maria Luisa De Natale, commissari la prof.ssa Fiorentina De Masi e il prof. Silvano Marseglia: l’originaria e adesso la prima delle due sottocommissioni) ha “lavorato” – comprese le operazioni di apertura dell’aula e dell’armadio in cui erano custoditi i plichi contenenti gli elaborati, di verifica dell’integrità dei plichi contenenti gli elaborati, di apertura dei plichi e di applicazione dei contrassegni sulle buste e sugli elaborati, di immediata collocazione delle buste chiuse contenenti i dati anagrafici in una cassetta munta di chiave, di voto e di giudizio sintetico relativi a ciascuna prova scritta, di impacchettamento degli elaborati e delle buste chiuse, di ricollocazione nell’armadio blindato del pacco contenente gli elaborati e del pacco contenente le buste – per 7 ore e 15 minuti.

Un tempo, questo di 7 ore e 15 minuti, comprensivo delle operazioni di cui si è detto,  interrotto (e tuttavia qualche altra interruzione per necessità fisiologiche, e alimentari, dei componenti la sottocommissione si sarà certamente stata), con sospensione, alle ore 8,30, della lettura degli elaborati, “per l’ingresso di due tecnici, incaricati dal preside dell’istituto ospitante, su richiesta effettuata dalla commissione, al fine di rendere fruibile da parte della commissione, il computer e la relativa stampante, allocati nell’ambiente attiguo e comunicante con quello ove si svolgono i lavori”. Nuova interruzione alle ore 11,15, perché è arrivato il direttore dell’Usr “accompagnato dall’economo del medesimo ufficio per prendere visione dell’ambientazione ove si svolgono i lavori”. E in quella sede “si condividono perplessità circa la sicurezza dell’armadio in cui sono contenuti i documenti di lavoro”, e pertanto “il Direttore si reca con la Presidente dal preside del liceo ‘Salvemini’ per valutare la possibilità di trasferire l’armadio cassaforte, già utilizzato nella prima fase dei lavori, nell’aula multimediale”. Di seguito, “sentito il personale ausiliario, il Preside dispone l’immediato trasferimento dell’armadio in questione, a garanzia ulteriore della sicurezza dei lavori concorsuale”.

“La commissione riprende, quindi, i lavori”, procedendo “alla lettura e ad una prima valutazione degli elaborati contrassegnati dal n. 13 al n. 43, perché la Commissione decide all’unanimità che i compiti valutati in data odierna nonché quelli valutati il 9.1 u.s. saranno rivisti in giornate successive allorquando saranno stati acquisiti ulteriori elementi di giudizio in ordine all’andamento complessivo degli elaborati”. “Le schede di valutazione” – così nel verbale – “sono, comunque, allegate al presente verbale, di cui costituiscono parte integrante”. Naturalmente, ma non hanno alcun valore, se non quello di rappresentare una traccia, una bozza, erano necessarie per la revisione degli stessi elaborati “in giornate successive”. Ma poiché la “revisione” non c’è stata, le schede di valutazione non rappresentano altro se non “appunti”.

 

E passiamo ai tempi di correzione. Ammettiamo pure che per la lettura dei 62 elaborati – detratti un’ora e quindici minuti impiegati per svolgere le già indicate, e verbalizzate, incombenze, comprendendovi anche le “sospensioni” per necessità fisiologiche e alimentari dei singoli componenti la sottocommissione – siano state impiegate 6 ore (360 minuti), corrispondenti a poco meno di 6 minuti (compresivi dei tempi – un terzo dei 6 minuti, quindi con lettura limitata a 4 minuti – necessari per un minimo di discussione, per l’assegnazione e la trascrizione dei punti relativi agli indicatori di ciascuno dei criteri (complessivamente, 3 criteri e 7 indicatori nell’elaborato A; 2 criteri e 5 indicatori nell’elaborato B), per la somma dei punti degli indicatori di ciascuno dei criteri e per quella generale derivante dalla somma dei punti dei criteri, ovvero il totale dei punti, e inoltre per il giudizio sintetico, per la compilazione della scheda di valutazione, comprensiva di data e firma dei componenti della commissioni e del/della segretario/a, per ciascuno degli elaborati (assai poco il tempo per la lettura, meno della metà, rispetto al dato medio della correzione generale).

 

Ci sarebbe tanto da destare il legittimo sospetto (il dubbio) che la commissione potrebbe aver fatto ricorso alla “lettura” degli elaborati effettuata da uno soltanto dei commissari (il quale, per così dire, avrebbe riferito agli altri) e che pertanto la valutazione collegiale – di qui la necessità della “rivalutazione” rinviata a data da destinarsi, ma non avvenuta – potrebbe non essere stata preceduta dalla lettura del singolo elaborato da parte di tutti i commissari, ovvero “da parte del collegio in ciascuno dei suoi componenti”.

Se la “lettura” dei 62 elaborati si è svolta in quattro o, se si vuole essere generosi, in cinque ore, corrispondenti, rispettivamente, a 240 e a  300 minuti, e se teniamo presente che la media della stesura degli elaborati corrisponde a 6 pagine (molte delle quali con grafia minuta), e quindi le pagine “lette” sarebbero 372, dividendo il numero delle pagine per 300 (minuti), ovvero per 18.000 (secondi), abbiamo un quoto di 48 secondi (48 secondi per la “lettura” di una pagina; 39 secondi se i minuti fossero 240 e quindi 14.400 i secondi). Leggendo velocemente, e conseguentemente comprendendo non perfettamente, occorre anche più del triplo rispetto a 39 secondi e abbastanza più del doppio rispetto a 48 secondi.

Provare per credere, e conseguentemente provvedere, in termini di legge, anche con trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica e alla Procura regionale della Corte dei conti per le eventuale determinazioni di competenza, se risultasse vero. Accertare il tempo è facile: nomina di un consulente o di una commissione di tre consulenti per svolgere una lettura puntuale e completa, attenta perché finalizzata all’assegnazione di punti, differenziati da 1 a 4, da 1 a 5, da 1 a 4, rispettivamente nei tre indicatori del criterio 1, nei due indicatori del criterio 2 e nei due indicatori del criterio 3 per l’elaborato A, nonché nei tre indicatori del criterio 1 e nei due indicatori del criterio 2 per l’elaborato B.

 

E lasciamo, per il momento, da parte gli errori e le imperfezioni che caratterizzano gli elaborati (i pochi centellinati col contagocce) che hanno ottenuto o superato il 21, tra i quali quello nel quale viene irrogato il provvedimento disciplinare del rimprovero scritto al collaboratore scolastico, che era stato delegato alla sorveglianza degli alunni dalla docente che per “una impellente necessità” si era allontanata per dieci minuti durante la “ricreazione”, ma che a sua volta, il collaboratore scolastico, non poteva avere nessuna colpa per il semplice fatto che “aveva assistito al verificarsi dell’evento”, cioè all’alunno che “viene ferito gravemente con una pietra che X, suo compagno di classe, “tira fuori dal suo zaino”. Ebbene, quale colpa poteva avere il collaboratore scolastico dato che l’alunno aveva “tirata fuori dal suo zaino” la pietra scagliata contro il compagno di classe? Ovviamente, nessuna. E nessuna colpa poteva avere l’insegnante, che, allontanatasi “per una impellente necessità”, aveva correttamente delegato alla sorveglianza il collaboratore scolastico, ma “il dirigente la richiama verbalmente”.

 

Ciò e tant’altro, nell’elaborato della “pietra nello zaino” e in altri elaborati, con ammissione dei rispettivi autori a sostenere la prova orale, mentre la non ammissione alla prova orale ha riguardato autori/autrici i cui elaborati sono corretti, interessanti, ma forse non corrispondenti alle “attese” dei componenti la sottocommissione, per esempio, magari perché “la figura del Dirigente Scolastico” viene indicata come “primus inter pares” (“che riesce a raccogliere dai risultati rilevati dall’Invalsi elementi di indagine conoscitiva per attuare il piano di miglioramento della qualità dell’offerta formativa e degli apprendimenti”) e non “super partes”, e perché l’autore/autrice dell’elaborato risponde, dopo aver formulato a se stessa la domanda “qual è il senso delle rilevazioni fatte dall’Invalsi”, che “per alcuni docenti sembrerebbe un ulteriore aggravio nel difficile e mal pagato compito di docente” e “per altri potrebbe risultare un vessillo da sventolare se gli esiti risultano superiori alla media nazionale o una croce per essere denigrati dagli altri colleghi o dalle altre istituzioni scolastiche”. Un elaborato da pubblicare.  

 

Polibio

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