scuola
Carrozza: formazione e assunzione dei prof, intervista a Maria Chiara Carrozza, il Sussidiario 23.8.2013
Il reclutamento dei docenti? "Dobbiamo superare il transitorio ed avviarci verso una soluzione a regime. Tutelando anche i
più giovani". Le paritarie? "Occorre una stabilizzazione delle risorse a sostegno delle scuole paritarie in un'ottica pluriennale. Ma nell'invarianza della spesa pubblica". Questi e altri i temi toccati da Maria Chiara Carrozza, ministro dell'Istruzione, in un'intervista a ilsussidiario.net, alla vigilia dell' appuntamento, previsto per oggi, del ministro con il Meeting di Rimini.
Il percorso di formazione e reclutamento degli insegnanti ha subito negli anni continui cambiamenti e modifiche che hanno impedito il consolidamento del sistema. In particolare, la
difficoltà principale è nel conciliare le esigenze contrapposte di chi, dopo anni di insegnamento, aspira a essere stabilizzato, e dei
più giovani che hanno seguito un percorso di formazione duro e selettivo. Dobbiamo superare il transitorio ed avviarci verso una soluzione a regime. Penso anche a questo quando dico che
è giunto il momento di una Costituente della scuola, dove insegnanti, dirigenti, lavoratori della scuola discutano insieme agli studenti e ai genitori del futuro senza limitarsi alle esigenze della singola categoria, che pure sono importanti. Per me invertire la rotta rispetto agli anni precedenti significa anche questo, tornare a immaginare un vero e proprio progetto culturale per la nostra scuola.
Stiamo lavorando a definire un percorso per il medio periodo, consapevoli della
necessità di tutelare sia chi nella scuola ha già lavorato, come ho detto in precedenza, per tanti anni sia i
più giovani che si affacciano all'insegnamento. Nel lungo periodo penso invece che il sistema di reclutamento debba essere basato su formazione e selezione mediante concorso.
Sono consapevole, come tutto il Governo del resto, che
è stato chiesto un ulteriore sacrificio ai dipendenti pubblici, che in questi anni sono stati molto penalizzati pur dando tanto ogni giorno al nostro Paese. Per quanto riguarda la scuola occorre lavorare affinché si trovino, pur salvaguardando le esigenze di finanza pubblica, risorse per la copertura necessaria a garantire le progressioni economiche del personale della scuola.
L'apertura della discussione sul contratto deve essere anche il momento per l'avvio di un percorso ed un ripensamento complessivo sul ruolo dell'insegnante che valorizzi l'impegno individuale, la capacità di lavorare in gruppo e l'aggiornamento.
Il rapporto tra scuola, università e mondo del lavoro è fondamentale. Sono troppi i giovani che concludono il loro percorso formativo senza aver mai fatto uno stage o un'esperienza diretta nell'amministrazione o nelle imprese. Nel Dl Lavoro abbiamo potenziato i tirocini curriculari degli studenti universitari incentivando gli atenei che li attivano. Quanto alle superiori, stiamo attivando un percorso di valutazione dell'esperienza degli Its proprio per consolidarla e far partire interventi di potenziamento delle migliori esperienze. Il sottosegretario Toccafondi si sta occupando di questo tema, e ho voluto dare una delega proprio per sottolinearne l'importanza.
Stiamo lavorando su questo tema con i ministri Giovannini e Trigilia prendendo a modello esperienze straniere in questa direzione, in particolare quella tedesca che favorisce l'alternanza scuola lavoro e una più efficace immissione nel mondo del lavoro.
Noi ci stiamo muovendo in linea con la legge Berlinguer per un sistema che includa le scuole paritarie come parte integrante del sistema nazionale di istruzione pubblica. Auspico un meccanismo che, pur nell'invarianza della spesa pubblica, consenta una stabilizzazione delle risorse a sostegno delle scuole paritarie in un'ottica pluriennale.
La semplificazione è una forma di innovazione. Se vogliamo essere all’altezza delle sfide europee, dobbiamo innovare semplificando. Il sistema universitario è regolato da una stratificazione caotica e spesso irrazionale di norme succedutesi nel corso degli anni. Due sono gli obiettivi: coordinare e semplificare. Riguardo al primo punto, c’è la necessità impellente di lavorare a un nuovo Testo Unico che raccolga in modo ordinato le norme e cancelli articoli, leggine, commi, laddove si hanno sovrapposizioni o, addirittura, contraddizioni. Quanto alla semplificazione vera e propria, essa va avviata subito sulle norme della didattica, sui bandi per la ricerca di base, sulle regole per i dottorati, sulle università telematiche. Soprattutto deve essere consentito alle università e ai centri di ricerca più meritevoli di fruire di percorsi agili e di un’autonomia ampia per continuare a crescere e a competere. A questo scopo ho istituito apposite commissioni che stanno ultimando i propri lavori in questi giorni. Ma la madre di tutte le semplificazioni è quella che dovrebbe consentire, con regole facili e rigorose, l’ingresso dei giovani nel mondo della ricerca. Un obiettivo ambizioso al quale sto lavorando.
Le cifre assolute non dicono nulla. È noto che, confrontato con quello di altri paesi, il nostro sistema non è affatto quello più ricco. Ma – queste sono le cifre che contano − il numero di laureati è ancora troppo basso rispetto all’Europa; la classe docente si è depauperata ed è oggi la più vecchia del continente. La vera questione è l’efficienza. Un sistema pubblico dell’istruzione deve essere diffuso ma anche efficace. Il recente rapporto dell’Anvur ha indicato che esistono squilibri che vanno corretti ed eccellenze che vanno premiate. Lo faremo già con la distribuzione delle risorse per il 2013 (sul finanziamento ordinario e sulla programmazione triennale). Ma senza investire nel diritto allo studio e nel merito per gli atenei ogni intervento rischia di essere isolato: nessun reclutamento dei giovani, pochi studenti immatricolati. Inoltre c’è bisogno di un raccordo territoriale che aiuti a vincere gli squilibri oggi esistenti in Italia in un’ottica d’integrazione e ottimizzazione fra atenei ed enti di ricerca.
Il percorso che ha condotto alla creazione dell’Agenzia unica di accreditamento (l’Anvur) è stato lungo e faticoso. Ma ampiamente condiviso. Ci sono voluti ben 5 anni per avviarne i lavori e, davvero, vorrei evitare il tipico male italiano di affondare una cosa appena nata. Esistono naturalmente luci e ombre, complessità da sfrondare, competenze da chiarire e regole da semplificare. Ma il già ricordato rapporto sulla Valutazione della Qualità della Ricerca (Vqr) che abbiamo presentato lo scorso 16 luglio dimostra che siamo sulla buona strada. Peraltro, l’esistenza di un sistema pubblico relativamente omogeneo (a differenza di quanto avviene in altri paesi europei) rafforza l’idea che esso venga valutato da un’unica agenzia, così come un unico ministero vigila e delibera sulla ripartizione delle risorse. Ho letto quel rapporto e ne condivido le linee essenziali. Tuttavia bisogna intendersi. Nelle procedure di reclutamento delle singole università la didattica è contemplata dalla maggior parte dei regolamenti che gli atenei si sono dati in autonomia. Dunque non è vero che la didattica è fuori dal reclutamento. Piuttosto ritengo che vada approfondita la politica di incentivazione della buona didattica. A questo scopo sono stati distribuiti i fondi per l’incentivazione (50 milioni di euro nel solo 2013) che le università devono destinare a chi dei docenti presenti buone prestazioni anche (o solamente) didattiche, magari sulla base della valutazione degli studenti. Stiamo poi studiando un nuovo sistema di incentivazione della qualità della didattica che faccia riferimento alla ripartizione del finanziamento ordinario e che andrà a regime nel 2014. |