Anche nel “girone dei lucernai”
di Milano erano trasparenti
le buste bianche con i nomi
dei candidati al concorso per d.s.!

La correzione degli elaborati si sarebbe svolta in “delle stanze prive di finestre e comunque dotate di una scarsa illuminazione naturale”, presenti solo “dei lucernai”, “di vetro opaco”, “che fanno da cornice alle porte”, “che danno su un cortile buio”.

inviato da Polibio, 28.8.2013

La correzione degli elaborati si sarebbe svolta, manifestandosi come conseguenza di una sorta di legge del contrappasso, in “delle stanze prive di finestre e comunque dotate di una scarsa illuminazione naturale”, essendo presenti solo “dei lucernai, peraltro di vetro opaco, di modestissime dimensioni che fanno da cornice alle porte, senza volere trascurare poi il fatto che le porte danno su un cortile interno buio”. Così dalle parti, indicate nell’epigrafe della sentenza del Consiglio di Stato, che hanno proposto appello incidentale autonomo alla sentenza del Tar per la Lombardia, Milano, rilevando, sul piano processuale, l’erroneità della sentenza emessa dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia (n. 2035 del 18 luglio 2012), che aveva annullato gli atti relativi allo svolgimento delle prove scritte per “violazione del principio dell’anonimato”. La dettagliata descrizione “delle stanze” formulata in “piena libertà” da parte di chi ne è stato l’autore, a nome e per conto delle parti che hanno proposto appello incidentale autonomo indicate nell’epigrafe della sentenza del Consiglio di Stato, desta stupore e, insieme, suscita ilarità e riso. E ironia. Satira. Al punto da poter dire che – di fronte alla descrizione di una sorta di “girone dei lucernai”, che ha le parvenze di un girone dantesco, dentro il quale erano sostanzialmente “chiusi” (come a scontare una “pena”, cioè quella di non essersi accorti a suo tempo che le buste bianche, ciascuna delle quali contenente il cartoncino con le generalità del relativo candidato) i componenti delle due  sottocommissioni per correggervi gli elaborati  dei 996 candidati al concorso a d.s. che li avevano consegnati (eppure, in quel “girone dei lucernai”, anche altri, che della trasparenza delle buste avrebbero dovuto avere conoscenza se avessero prestato prima la dovuta attenzione, potevano essere “collocati”) – non ci resta che ridere. Lo vedremo meglio in seguito.

 

Intanto un minimo di storia, anche perché Polibio è uno storiografo e pertanto presta attenzione a quanto è scritto nelle fonti primarie. Si tratta della sentenza pronunciata dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, n. 03747 dell’11 luglio 2013: puntuale e chiarissima nella descrizione del “fatto”, una perla di saggezza per quanto concerne il diritto.

L’Amministrazione statale si era costituita nel giudizio del Tar e poi, a seguito della sentenza del Tar della Lombardia, il Ministero aveva proposto appello davanti al Consiglio di Stato, “deducendo che le buste e i cartoncini ‘si presentano di conformazione tale da non essere, né far apparire, ictu oculi, alcuna possibile violazione del loro contenuto e quindi del principio di riservatezza e di anonimato delle prove’”, e che “ciò sarebbe confermato, da un lato, dal fatto che l’acquisito delle buste è avvenuto tramite la Consip, dall’altro, che ‘in sede di esame nessun commissario, nessun componente del comitato di vigilanza o addetto alla vigilanza d’aula e soprattutto nessun candidato (…) ha rilevato o contestato alcunché’”.

Il Tribunale amministrativo, con ordinanze istruttorie, aveva disposto l’acquisizione delle buste contenenti gli elaborati, ed esse erano state depositate in data 10 luglio 2012. Così, a tal proposito e per quanto concerne la “verifica” di quanto era stato depositato, nella sentenza del Consiglio di Stato (n. 03747 dell’11 luglio 2013): “Nel merito, si è dedotto che ‘alla camera di consiglio del 17 luglio 2012, alla presenza dei difensori di tutte le parti del presente contenzioso, si è proceduto alla verifica del materiale depositato in data 10 luglio 2012 dall’amministrazione resistente (…). Dall’esame svolto, è emerso nitidamente che il contenuto del cartoncino, contenente i dati anagrafici dei candidati, risulta agevolmente leggibile, se posto in controluce, anche all’interno della busta bianca piccola in cui il predetto cartoncino è stato posto dallo stesso candidato. Ciò avviene a causa del colore bianco, della consistenza molto modesta – al limite della trasparenza – dello spessore della carta utilizzata per realizzare la busta piccola, che deve contenere il cartoncino, e dall’assenza di un ulteriore rivestimento interno alla stessa, come solitamente dovrebbe avvenire con riguardo a tutte le buste destinate ad essere utilizzate in sede concorsuale’. Per queste ragioni il primo giudice ha annullato gli atti relativi allo svolgimento delle prove scritte”.

 

La Sezione del Consiglio di Stato ha disposto, con ordinanza 26 novembre 2012, n. 5959, una “verifica tecnica” volta: “ad accertare, mediante un’indagine tecnica sulla composizione e sulle caratteristiche materiali delle buste, la loro natura e consistenza” e “a verificare se e con quali modalità siano leggibili i nominativi dei canditati posti all’interno delle buste». A tale fine, dopo la rinuncia all’incarico di verificatore conferito al Direttore del Dipartimento di scienze merceologiche dell’Università La Sapienza di Roma, la Sezione ha nominato, quale nuovo verificatore, il prof. Teodoro Valente, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Chimica Materiali Ambiente dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Il prof. Valente ha depositato la relazione tecnica l’11 aprile 2013. In particolare, egli ha accertato che “i nominativi dei candidati sono leggibili in condizioni ‘di luce media con cielo privo di nubi e con irraggiamento indiretto all’interno di un locale non illuminato artificialmente’” e ha “puntualizzato che ‘in base ai risultati ottenuti non si è ritenuto necessario procedere ad una valutazione nella condizione di luce solare trasmessa per irraggiamento diretto, con diffusione attraverso vetro, e nella condizione di luce solare trasmessa per irraggiamento diretto senza diffusione attraverso vetro (la cosiddetta condizione di ‘controluce’), in quanto la sola luce solare trasmessa e diffusa attraverso una finestra nelle condizioni di verifica già consente la lettura dei nominativi sui cartoncini’”; che ”i nominativi dei candidati sono leggibili in ‘condizioni di luce media del giorno a cielo coperto all’interno di un locale non illuminato artificialmente’ in caso di ‘cartoncino inserito lato intestazione o lato chiusura busta con osservazione diretta sullo stesso lato’”; che ”i nominativi dei candidati sono leggibili mediante ‘impiego di lampada da tavolo da 28W in trasmissione come piano visore’”.
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Inoltre, con riferimento a un determinato ordine di motivi, “dagli atti acquisiti al processo risulta che la busta piccola era nella ‘disponibilità’ della commissione. Infatti, gli elaborati di ciascuna delle due prove scritte erano inseriti in una busta bianca unitamente alla busta piccola. Le due buste bianche sono state poi inserite in un’unica busta gialla. Al momento della correzione, la commissione ha proceduto ad assegnare un numero progressivo alla busta gialla e alle due buste bianche in quella contenute, per poi procedere all’apertura di una delle due buste bianche, assegnando un numero progressivo alla busta piccola e procedere alla correzione dell’elaborato. Appare evidente, pertanto che, contrariamente a quanto affermato dagli appellanti, la busta piccola sia stata nella disponibilità della commissione al momento della valutazione dei temi. E in relazione a un altro aspetto risulta che “non è possibile individuare con certezza un luogo unico di correzione che abbia le caratteristiche indicate”, che “erano, comunque, presenti, come ammettono le parti stesse, dei ‘lucernai’” e che “la leggibilità poteva avvenire, come sopra rilevato, sia in assenza di luce solare sia mediante luce artificiale”.

 

Ritorniamo adesso al “girone dei lucernai” (ammesso che, come hanno è stato “dichiarato” dalle “parti … indicate nell’epigrafe della sentenza del Consiglio di Stato” che “hanno proposto appello incidentale autonomo” alla sentenza del Tar della Lombardia, le stanze dove si è svolta la correzione degli elaborati sono ‘delle stanze prive di finestre e comunque dotate di una scarsa illuminazione naturale, essendo presenti solo ‘dei lucernai, peraltro di vetro opaco, di modestissime dimensioni che fanno da cornice alle porte, senza volere trascurare poi il fatto che le porte danno su un cortile interno buio’”). Un “girone dei lucernai” che ci porta a Dante, il sommo poeta, perché da “gironi” di tal fatta (nel caso di specie, quella descritta dalle parti che “hanno proposto appello incidentale autonomo” alla sentenza del Tar della Lombardia) era impossibile rivedere il firmamento.

 

C’è da chiedersi, anche per quanto concerne la sicurezza e le cosiddette “vie di fuga” in caso di pericolo (e ciò sarebbe stato di per sé un fatto gravissimo, per violazione delle norme sulla sicurezza), se corrisponde al vero che le stanze dove si è svolta la correzione degli elaborati erano “prive di finestre e comunque dotate di una scarsa illuminazione naturale”, che erano presenti “solo dei lucernai”, peraltro di “vetro opaco”, di “modestissime dimensioni” che fanno “da cornice alle porte”, e che le porte davano su un “cortile interno buio”. Certamente c’erano lampade a illuminare le stanze, le buste bianche e gli elaborati da leggere, da correggere e da valutare, anche con un presidente pendolare da una sottocommissione all’altra. Ma l’aria da dove entrava, e il ricambio come avveniva? E le porte che davano su un “cortile interno buio”? Un “cortile interno buio”?! Perbacco, ma a chi sarebbe venuta la “fulgida” idea (sempre se la descrizione fornita dalle “parti” che “hanno proposto appello incidentale autonomo” alla sentenza del Tar della Lombardia rispondesse a verità, perché altrimenti sarebbe legittimo sperare di non avere nessuno delle “parti” nella funzione di dirigente scolastico) di collocare le due sottocommissioni del concorso per l’assunzione di dirigenti scolastici in un ambiente di tal fatta?!

 

E che dire del presidente “pendolare” da una sottocommissione all’altra, ovviamente operanti in stanze diverse, in stanze dalla comunicazione interna oppure attraverso le porte esistenti nel “cortile interno buio”? Già, perché nella sentenza del Consiglio di Stato c’è un preciso riferimento “alle modalità di correzione degli elaborati” e alla “inosservanza del collegio perfetto” (censura non esaminata dal Consiglio di Stato, “in quanto la fase della procedura, nel cui ambito le illegittimità lamentate sarebbero state commesse, deve essere rinnovata in ragione della violazione delle regole dell’anonimato”), “in quanto, nel verbale del 9 gennaio 2012, n. 16, era previsto che ‘ciascuna commissione correggerà le prove in modo indipendente dall’altra mentre il presidente sarà sempre presente nel momento della valutazione’; in particolare, si è stabilito che il presidente assiste alla correzione e valutazione degli elaborati nell’ambito di una sottocommissione mentre nell’altra, dopo avere letto le prove, le valuterà collegialmente”. Il primo giudice, il Tar, inoltre, aveva “affermato quanto segue: ‘al fine di conformare la successiva azione dell’Amministrazione resistente, in sede di eventuale riedizione della procedura concorsuale, va altresì sottolineato che il procedimento di correzione degli elaborati scritti da parte della Commissione (rectius, Sottocommissione, come da verbale n. 16 del 9 gennaio 2012), deve avvenire necessariamente alla presenza di tutti i componenti della stessa – che è un collegio perfetto – dovendosi procedere congiuntamente sia alle operazioni di lettura e di correzione degli elaborati, che di valutazione vera e propria, atteso che il momento valutativo non può essere scisso dalle attività alle stesse direttamente prodromiche, quali la lettura e la correzione dell’elaborato’”.

 

Proviamo a immaginare le due sottocommissioni al “lavoro”, naturalmente operanti in stanze diverse perché la lettura, la correzione e la valutazione degli elaborati (soprattutto la lettura) debbono essere fatte ad alta voce: una triade (tre persone: il presidente della commissione e i due commissari), con al centro la persona che legge e ai lati le altre due persone che completano la commissione, così anche per far convergere il rispettivo sguardo sulla pagina che viene letta ad alta voce. Comportamento assolutamente necessario per poter vedere gli eventuali errori grammaticali, tra i quali quelli concernenti i costrutti interni alla proposizione (sintassi della proposizione) e la varietà di proposizioni che si collegano nel periodo (sintassi del periodo), eventualmente presenti nelle pagine dell’elaborato. E a immaginare altresì il presidente che si comporta da “presidente pendolare”. Soprattutto se in un giorno vengono corretti 40  elaborati, ma anche se ne vengono corretti 10.

 

Ebbene, soltanto il primo elaborato sarà letto, corretto e valutato collegialmente, perché sono contemporaneamente presenti tutti i componenti della sottocommissione: la “triade”, che i  quanto tale non può mai risultare imperfetta, ovvero mancante, temporaneamente, del “capo” della “triade” (il presidente, quale presidente della sottocommissione), che in quanto “triade” è “un collegio perfetto” e tale deve rimanere durante la lettura, la correzione e la valutazione del singolo elaborato.

Tutti gli altri elaborati non saranno letti, corretti e valutati congiuntamente dalla “triade”, perché, mentre i due commissari dell’altra sottocommissione leggono e correggono da soli l’elaborato di un candidato al concorso, il presidente si trova nell’altra sottocommissione per la sua “personale lettura” dell’elaborato di un altro concorrente e per essere presente nel momento della valutazione del relativo elaborato.

Quindi, mentre il primo elaborato viene  letto,corretto e valutato in “triade” perfetta (“collegio perfetto) dalla prima delle due sottocommissioni, i due commissari della seconda sottocommissione leggono e correggono l’elaborato di un altro concorrente e attendono il presidente che, dopo avere a sua volta letto l’elaborato, parteciperà alla valutazione collegiale. Intanto, nella prima sottocommissione i due commissari sono intenti nella lettura e nella correzione di un altro elaborato, in attesa che arrivi il presidente per la “valutazione collegiale”, mentre nella seconda sottocommissione i due commissari sono impegnati nella lettura e nella correzione di un altro elaborato, e a loro volta attenderanno l’arrivo del presidente. E così di seguito, fino all’ultimo degli elaborati.

 

Sì, non ci resta che ridere. Magari con le lacrime agli occhi.  

 

Polibio

polibio.polibio@hotmail.it

 

Polibio informa i suoi lettori che presto sarà attivato il sito http.//www.polibio.net. Si sta provvedendo a inserire in archivio tutti gli articoli da lui scritti dal 10 luglio 2010 al 31 dicembre 2012. Nel sito saranno postati, oltre a essere postati nei siti che attualmente li accolgono, tutti gli articoli personali, di volta in volta successivi, e quelli di chi, avendo fatta richiesta, ha avuto il permesso di postarli.