“Decreto del Fare” al Senato
Educazione & Scuola,
7.8.2013
Il 6 e 7 agosto l’Aula
del Senato esamina il
disegno di legge di conversione del
decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69
Il 31 luglio la 7a Commissione del Senato esprime parere favorevole
con osservazioni sul
disegno di legge di conversione del
decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69
PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SUL DISEGNO DI LEGGE N. 974
La Commissione,
esaminato il disegno di legge in titolo, di conversione in legge
del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69,
tenuto conto che il
disegno di legge in titolo reca numerose norme di interesse
della Commissione per quanto riguarda la scuola, l’università e
la ricerca, i beni culturali e lo sport, in quanto detti settori
rappresentano il volano dello sviluppo del Paese;
salutata con favore
l’introduzione, all’articolo 9, del potere sostitutivo del
Governo in caso di inerzia o inadempimento delle amministrazioni
pubbliche responsabili degli interventi da realizzare attraverso
i fondi strutturali europei, per l’utilizzo dei quali sono
peraltro previste misure di accelerazione;
condiviso il
coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali nella gestione
delle risorse per la messa in sicurezza degli edifici
scolastici, che consente di evitare duplicazioni di interventi e
di garantire il pieno rispetto delle priorità dei territori;
valutata la
necessità di chiarire le modalità di funzionamento di Arcus Spa
alla luce della sua reviviscenza, disposta dall’articolo 39,
comma 1-bis¸ nonchè l’eventuale meccanismo di
assegnazione in suo favore di una quota del Fondo
infrastrutture;
preso atto della
soppressione, disposta dall’articolo 42, di alcuni certificati
sanitari tra cui quello di idoneità psico-fisica all’attività di
maestro di sci;
rilevato
positivamente che l’articolo 58 anticipa di un anno la
possibilità per le università e gli enti di ricerca di
effettuare assunzioni nella misura del 50 per cento (in luogo
del 20 per cento) della spesa relativa al corrispondente
personale cessato dal servizio nell’anno precedente;
manifestata
soddisfazione per l’istituzione, all’articolo 59, di borse
aggiuntive di mobilità per gli studenti capaci, meritevoli e
privi di mezzi che vogliono iscriversi a corsi di laurea in
Regioni diverse da quelle di residenza, in quanto integrano il
diritto allo studio in modo che sia reso esigibile su tutto il
territorio nazionale;
esprime per quanto
di competenza parere favorevole con le seguenti osservazioni:
1. quanto
all’articolo 11, si ritiene indispensabile, da un lato,
incrementare le somme stanziate per le agevolazioni fiscali a
vantaggio dell’industria cinematografica, onde riportarle ai
livelli degli anni precedenti e, dall’altro, allungarne
l’orizzonte temporale di efficacia quanto meno ad un triennio;
2. in merito
all’articolo 13, comma 2, si invita a valutare l’opportunità di
fare salve le competenze dell’Istituto nazionale di
documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE),
rispetto ai compiti dell’Agenzia per l’Italia digitale, come
previsto dalla precedente normativa;
3. circa l’articolo
32, condiviso l’obiettivo di alleggerire gli adempimenti posti a
carico delle associazioni sportive, che poggiano quasi
totalmente sull’impegno dei volontari, si ritiene opportuna una
riflessione sulla formulazione prevista dalla norma, onde
raggiungere gli scopi previsti;
4. all’articolo 39,
si invita a valutare l’opportunità di ripristinare il limite
massimo alla efficacia dell’autorizzazione paesaggistica, tenuto
conto che nel testo originario era posto un termine finale, pari
a dodici mesi, poi soppresso durante l’esame alla Camera;
5. all’articolo 59
si registra una incongruenza tra i commi 1 e 4, in quanto si fa
riferimento nel comma 1 alla residenza dello studente e nel
comma 4 alla residenza della famiglia di origine; sarebbe dunque
necessaria quanto meno una formulazione uniforme;
6. all’articolo 59,
comma 4, si reputa necessario adeguare il termine entro il quale
il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca
deve comunicare la graduatoria degli studenti che hanno
richiesto di accedere alla borsa di mobilità e assegnare le
borse stesse. Infatti, posto che il bando dovrà essere adottato
entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione, detta comunicazione non potrà essere effettuata
entro il 3 settembre 2013 come attualmente previsto dal testo,
ma sarebbe preferibile un termine di 45 giorni dal bando e
comunque non oltre il 30 settembre 2013, cioè in tempo utile per
l’iscrizione all’anno accademico 2013-2014;
7. si ritiene
indispensabile correggere gli effetti degli articoli 59-bis
e 60 che causano il default tecnico di molte università
italiane. L’applicazione delle suddette disposizioni non può
infatti determinare la riduzione della quota del Fondo di
finanziamento ordinario (FFO) spettante a ciascuna università.
Occorre pertanto rifinanziare al più presto il Fondo integrativo
per il diritto allo studio e il FFO, tracciando definitivamente
i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e costi standard;
8. si reputa
altresì urgente reintegrare il Fondo unico per lo spettacolo (FUS)
in misura quanto meno pari ai tagli effettuati per il 2013;
9. si ritiene
indispensabile ripristinare i comitati tecnico-scientifici del
Consiglio superiore dei beni culturali il quale, oltre ad
esprimere pareri, svolge un ruolo propositivo-previsionale di
supporto al Ministro sull’intera cultura del Paese e non solo in
relazione ai beni culturali strettamente intesi;
10. si invitano le
Commissioni di merito a semplificare le norme sulla sicurezza
relative allo svolgimento degli spettacoli musicali dal vivo.
Il 30 e 31 luglio la 7a
Commissione del Senato esamina, in sede consultiva per le
Commissioni riunite I e V, il
disegno di legge di conversione del
decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, già approvato dalla Camera
il 26 luglio us.
(7a Senato,
30.7.13) Riferisce alla Commissione anche la correlatrice
PUGLISI (PD) relativamente alle norme inerenti
l’istruzione, l’università e la ricerca, la quale premette che
nel provvedimento le competenze dei Dicasteri di riferimento
sono considerate strategiche per uscire dalla crisi economica.
Illustra quindi
l’articolo 9 sull’accelerazione nell’utilizzo dei fondi
comunitari, finalizzato ad evitare i ritardi e le conseguenti
sanzioni per il mancato impiego di tali risorse. Saluta peraltro
con favore l’introduzione del potere sostitutivo del Governo in
caso di inerzia o inadempimento delle amministrazioni pubbliche
responsabili degli interventi. Riferisce altresì che il Ministro
per la coesione territoriale, nel maggio scorso, ha reso noti i
dati sulla spesa certificata cumulata per il complesso
dell’Italia che ha superato l’obiettivo di spesa complessiva,
anche se non tutti i territori riescono ad utilizzare i fondi in
eguale misura.
Dà poi conto
dell’articolo 13 riguardante la governance dell’Agenda
digitale italiana, della cui cabina di regia fa parte anche il
Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca,
segnalando che vengono escluse le competenze dell’Istituto
nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa
(INDIRE) nel supporto allo sviluppo del Piano di innovazione
nelle istituzioni scolastiche. In proposito, pone l’accento
sulla funzione di tale Istituto per l’innovazione della
didattica e invita a riflettere sull’opportunità di
ripristinarne le competenze in tale ambito.
Passa poi ad
esaminare l’articolo 18, commi da 8 a 8-sexies, che dota
di 300 milioni di euro nel triennio 2014-2016 il Piano nazionale
di messa in sicurezza degli edifici scolastici. Esprime
soddisfazione per l’attribuzione di tali risorse alle Regioni e
agli enti locali, che consente di evitare duplicazioni di
interventi e di garantire il pieno rispetto delle priorità dei
territori. Dopo aver sottolineato l’urgenza di riqualificare e
mettere in sicurezza le scuole anche in relazione a quelle nelle
quali è stata censita la presenza di amianto, si sofferma
sull’articolo 32 che stabilisce le modalità di riconoscimento
del credito formativo per coloro i quali svolgono formazione in
materia di sicurezza sul lavoro, menzionando gli istituti di
istruzione e quelli universitari tra i soggetti che rilasciano i
relativi attestati.
Cita anche
l’articolo 42 che sopprime l’obbligo di alcune certificazioni
sanitarie, tra cui ad esempio il certificato di sana e robusta
costituzione per l’ammissione a scuola.
Esamina in maniera
più dettagliata l’articolo 57, recante interventi straordinari a
favore della ricerca per lo sviluppo del Paese, con particolare
riferimento ad una serie di obiettivi puntualmente elencati. Al
riguardo rileva che, anche a seguito del parere espresso dalla
VII Commissione della Camera, in prima lettura è stato inserito
il riferimento ai progetti di ricerca in campo umanistico,
artistico e musicale, in relazione alla digitalizzazione e messa
on line dei relativi prodotti.
Si sofferma indi
sull’articolo 57-bis introdotto in prima lettura,
riguardante il personale scolastico collocato fuori ruolo per
compiti connessi con l’attuazione dell’autonomia scolastica,
ricordando che detto contingente era stato già ridotto da 300 a
150 unità. Riferisce dunque che viene fatto salvo il personale
collocato fuori ruolo per l’anno scolastico 2013-2014; nel
ritenere positiva detta norma, afferma infatti che i docenti
distaccati per compiti connessi all’autonomia scolastica
svolgono un’importante azione di supporto sui territori e fanno
da “ponte” con le scuole.
Illustra altresì
l’articolo 58, relativo allo sblocco del turn over nelle
università e negli enti di ricerca, che anticipa di un anno la
possibilità per detti soggetti di effettuare assunzioni nella
misura del 50 per cento (in luogo del 20 per cento) della spesa
relativa al corrispondente personale cessato dal servizio
nell’anno precedente. Dopo aver dato conto della copertura
prevista per tale disposizione, passa a esaminare l’articolo 59,
che istituisce borse aggiuntive di mobilità per gli studenti
capaci, meritevoli e privi di mezzi che vogliono iscriversi a
corsi di laurea in Regioni diverse da quelle di residenza.
Sottolinea peraltro che dette borse integrano il diritto allo
studio, sono corrisposte attraverso un bando del Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca e sono
attribuite sulla base di una graduatoria nazionale, secondo il
testo modificato dalla Camera dei deputati.
Riferisce poi
sull’articolo 59-bis introdotto in prima lettura, e
sull’articolo 60, modificato in maniera consistente dalla Camera
dei deputati, i quali hanno l’obiettivo – a suo avviso lodevole
– di cercare di superare alcuni difetti del meccanismo nazionale
del diritto allo studio, superando le disparità. Rileva tuttavia
criticamente che in virtù delle modifiche apportate si rischia
di sottrarre risorse al contributo statale al sistema regionale
del diritto allo studio, come peraltro segnalato dalla
Conferenza delle Regioni. Invita pertanto ad approfondire tali
norme onde correggere le storture suscettibili di provocare
difficoltà applicative. Ritiene peraltro necessaria una
revisione dei livelli essenziali delle prestazioni in modo che
il diritto allo studio sia esigibile in tutto il Paese. Afferma
inoltre che il merito delle università deve essere premiato con
stanziamenti che permettono loro di accogliere studenti in
quanto virtuose.
In ultima analisi,
dà conto dell’articolo 73 sul tirocinio dei laureati in
giurisprudenza presso gli uffici giudiziari, con particolare
riguardo ai requisiti d’accesso, alla procedura di ammissione,
agli obblighi del magistrato formatore, e al contenuto dello
stage, manifestando talune perplessità sul comma 4.
Il 24 luglio l’Aula
della Camera vota, con 427 voti favorevoli e 167 contrari, la
questione di fiducia posta dal Governo sull’approvazione, senza
emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell’articolo unico del disegno
di legge di conversione del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69,
Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia (C. 1248-A/R),
nel testo approvato dalle Commissioni.
Il 22, 23, 24, 25 e 26
luglio l’Aula della Camera esamina il DdL 1248-A di conversione in
legge del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni
urgenti per il rilancio dell’economia.
Il 4 e 9 luglio la 7a
Commissione della Camera, in sede consultiva per le Commissioni
riunite I e V, esamina il DL 69/2013: Disposizioni urgenti per il
rilancio dell’economia
(7a Camera, 4.7.13)
Flavia PICCOLI NARDELLI, relatore, ricorda che la cornice
di riferimento del provvedimento in esame deve essere raccordata con
le raccomandazioni rivolte all’Italia dalla Commissione Europea il
29 maggio 2013 nel quadro della procedura di coordinamento delle
riforme economiche per la competitività: «semestre europeo» e dovrà
essere raccordato con il decreto-legge 28 giugno 2013, n. 75
recante: «Primi interventi urgenti per la promozione
dell’occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale
nonché in materia di imposta sul valore aggiunto «IVA» e altre
misure finanziarie urgenti», in discussione al Senato. Il
provvedimento, che vuole dare risposte concrete alla citata
Raccomandazione, prevede un insieme coordinato di interventi su
livelli ed ambiti differenti per sostenere il rilancio dell’economia
italiana, tra i quali un ampio e qualificato spettro attiene alle
competenze della VII Commissione per ciò che riguarda l’istruzione,
l’università e la ricerca, il patrimonio culturale, lo spettacolo e
il cinema, lo sport, l’Agenda digitale.
Richiama l’attenzione innanzitutto sulla sottolineatura che da più
parti viene posta sul ruolo della cultura per la ripresa dello
sviluppo e il superamento della grave crisi economica in cui si
trova il Paese e su come questa prospettiva rappresenti un elemento
nuovo e importante che il Parlamento, il Governo, le istituzioni di
ricerca, le Università e gli istituti culturali debbono saper
cogliere e valorizzare. Spetta loro, nei campi diversissimi in cui
operano, dimostrare che la cultura rappresenta davvero una leva per
invertire rotta, rompere con il clima di depressione e apatia che
sta colpendo molte fasce della popolazione, che demotiva i giovani,
soprattutto quelli che non vedono valorizzata la loro preparazione e
l’investimento fatto nello studio. La cultura, sia nelle
specializzazioni avanzate della ricerca e della sperimentazione, sia
nelle attività di formazione e diffusione volte ad elevare il
capitale sociale di cui disponiamo, è una risorsa strategica per
affrontare la crisi. Su queste affermazioni il consenso è oggi
ampio, anche se purtroppo non unanime, d’altro canto i riscontri
attuali sui Paesi che hanno scelto con decisione e profitto tale
strada sono inconfutabili. Non si tratta però di una battaglia vinta
in partenza, tutt’altro. Infatti, la costruzione di collegamenti
virtuosi tra economia e cultura, investimento e rendimento,
reintroduce la retorica negativa del carattere superfluo delle
attività culturali e della stessa ricerca quando queste non siano
meramente strumentali. Nella misura in cui questo atteggiamento
continua a tradursi in senso comune il destino delle istituzioni
culturali resterà difficile e precario. Ricorda che mettere al
centro della ripresa il settore della cultura, significa promuovere
azioni concrete, ed oggi, con l’avvio della discussione del
provvedimento in questione, si ha la possibilità di tradurre in una
visione unitaria e strategica l’articolato, affinché la cultura sia
considerata oltre che imprescindibile per la crescita della società,
motore di crescita in termini economici: non un peso ma uno stimolo
allo sviluppo. Ritiene che ciò sia possibile, anche nell’immediato,
perché la cultura, la ricerca e le loro istituzioni, più di ogni
altro soggetto o realtà istituzionale, sono attrezzate per trarre il
meglio della rivoluzione tecnologica in atto e farne uno strumento
straordinario di crescita individuale e sociale, di organizzazione
della produzione e della vita, di conservazione, diffusione,
valorizzazione del patrimonio culturale in tutte le sue espressioni.
Per questo, nell’analizzare il provvedimento, è opportuno
considerare anche l’articolo 13, relativo all’agenda digitale, per
ora solo una potenziale occasione da cogliere introducendo
l’elemento del potenziamento culturale fra quelli di interesse
dell’agenda. È questa una proposta che sottopone. Nel caso specifico
poi, la rivoluzione digitale e l’insieme delle tecnologie digitali
offrono alle istituzioni culturali un’opportunità senza precedenti
storici di democratizzare la cultura e farne uno strumento
intelligente di sviluppo sostenibile. Ritiene che la
digitalizzazione del patrimonio culturale costituisca un’opportunità
straordinaria per farlo conoscere, trasmetterlo, utilizzarlo in
forme innovative e creative e, in ragione della vastità e varietà
dei contenuti; la digitalizzazione costituisce un campo di grande
rilevanza nell’innovazione e sperimentazione delle tecnologie della
comunicazione e dell’informazione, consentendo un uso creativo,
intelligente e diversificato del patrimonio culturale stesso in
grado di sostenere lo sviluppo di una industria creativa di qualità
coerente con le scelte sottese alla nuova programmazione della
ricerca europea (2014-2020). In tale prospettiva, sottolinea come in
primo luogo sia utile ed opportuno valorizzare il coordinamento tra
le varie autorità competenti in materia ed in particolare le
pregresse intese tra il Ministero dell’istruzione, dell’università e
la ricerca e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del
turismo, per tutto ciò che attiene alla programmazione e
coordinamento della ricerca e dell’innovazione. Sottolinea altresì
che il provvedimento in esame affronta nei limiti delle
disponibilità economiche, il tema delle risorse umane quale fattore
prioritario ed ineludibile per la stessa sopravvivenza dell’intero
Sistema Ricerca italiano ed europeo. Evidenzia come la
consapevolezza del ruolo e della qualità dei ricercatori italiani ed
europei per sostenere la stessa competitività europea non può essere
sottesa perché costante riferimento e modo sostanziale di
partecipare allo sviluppo del Paese, lungo la linea tracciata dalla
strategia di Lisbona e ribadita da Europa 2020. La dimensione
internazionale ed europea della ricerca, e gli strumenti attuativi
per la realizzazione dello Spazio Europeo della Ricerca, non possono
infatti non tener conto del sottodimensionamento delle risorse umane
necessarie per mantenere le posizioni di leader della ricerca
europea che le viene riconosciuto.
Ricorda, quindi, che il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante
«Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia», è composto da
86 articoli. Si sofferma, quindi, sulle disposizioni direttamente o
indirettamente finalizzate allo sviluppo del sistema della cultura,
della scuola, della ricerca, dell’università e dello sport. Si
tratta, in particolare, dei capi I e III del Titolo I, recante
misure per la crescita, nonché dei capi I, III e IV del Titolo II,
recante misure per le semplificazioni. Al capo I del Titolo I
recante misure per la crescita, entrando nello specifico degli
articoli che interessano i lavori della Commissione, osserva che
l’articolo 11, sulla proroga del credito d’imposta per la
produzione, la distribuzione e l’esercizio cinematografico, proroga
per l’anno 2014 i crediti d’imposta per la produzione, la
distribuzione e l’esercizio cinematografico previsti dalla legge
finanziaria 2008, nel limite massimo di spesa di 45 milioni di euro,
metà del contributo concesso in precedenza. La disposizione prevede
l’emanazione di un provvedimento dell’Agenzia delle entrate con cui
sono dettati i termini e le modalità di fruizione dei crediti di
imposta nonché ogni altra disposizione finalizzata a garantire il
rispetto del limite massimo di spesa di cui al precedente periodo.
Sottolinea che la proposta mira a prorogare per il periodo d’imposta
2014, la disciplina del tax credit, la cui scadenza è
fissata al 31 dicembre 2013, allo scopo di dare al settore
cinematografico, la cui attività è fortemente connotata dalla
necessità di programmazione a lunga scadenza, utili e significative
certezze, nel presente difficile frangente economico, sul
mantenimento di uno strumento di sostegno che ha dato, nei primi
anni di attuazione, ottimi risultati, tanto da essere considerato
ormai imprescindibile per il cinema italiano. Ricorda che, in
particolare, sono estesi al periodo d’imposta 2014-2015 i crediti
d’imposta per la produzione, la distribuzione e l’esercizio
cinematografico previsti dall’articolo 1, commi da 325 a 328 e da
330 a 337, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria
2008). In sostanza, si tratta di un credito di imposta ai soggetti
passivi IRPEF e ai titolari di reddito di impresa a fini IRPEF, che
non appartengono alla filiera del settore cinematografico ed
audiovisivo (cosiddetto tax credit esterno) nella misura
del 40 per cento degli apporti in denaro effettuati per la
produzione di opere cinematografiche riconosciute di nazionalità
italiana di cui all’articolo 5 del decreto legislativo n. 28 del
2004, entro il limite massimo di 1 milione di euro e purché sia
rispettato il cosiddetto «requisito di territorialità», con
l’obbligo di utilizzare l’80 per cento degli apporti nel territorio
nazionale, impiegando manodopera e servizi italiani.
Aggiunge che per le imprese interne alla filiera del cinema –
cosiddetto tax credit interno – vengono invece
riconosciuti, ai fini delle imposte sui redditi, crediti di imposta
differenziati in varie percentuali e con determinati limiti massimi,
a seconda che si tratti di imprese di produzione cinematografica, di
imprese di distribuzione cinematografica ovvero di imprese di
esercizio cinematografico. I suindicati crediti d’imposta, con
riferimento alla stessa opera filmica, non sono in ogni caso
cumulabili a favore della stessa impresa ovvero delle imprese che
facciano parte dello stesso gruppo societario, o ancora di soggetti
legati tra loro da un rapporto di partecipazione o controllati anche
indirettamente dallo stesso soggetto, secondo le norme civilistiche.
Il comma 334 stabilisce inoltre che l’efficacia delle agevolazioni
introdotte sia subordinata all’autorizzazione della Commissione
europea in materia di aiuti di Stato. I crediti d’imposta di cui è
possibile fruire, pertanto, devono essere riferiti esclusivamente a
spese sostenute successivamente a tale atto autorizzatorio. Il
successivo comma 335 attribuisce, inoltre, un credito d’imposta per
spese relative a manodopera italiana: alle imprese di produzione
esecutiva e di post-produzione nazionali viene riconosciuto
un credito d’imposta, quando utilizzano manodopera italiana, del 25
per cento dei costi di produzione, entro il limite massimo di 5
milioni di euro per ciascun film, su commissione di produzioni
estere di pellicole, o loro parti, girate sul territorio nazionale.
Le norme attuative di tale agevolazione, da emanarsi con decreto del
Ministero per i beni, le attività culturali e il turismo, come
previsto al comma 336, sono contenute nel sopra richiamato decreto
ministeriale 7 maggio 2009. Ricorda ancora che il comma 337 ha
stabilito infine che i crediti d’imposta in commento sono
utilizzabili esclusivamente in compensazione, non concorrono alla
formazione del reddito ai fini fiscali, alla formazione del valore
della produzione ai fini IRAP e non rilevano ai fini del calcolo
degli interessi passivi deducibili dalla base imponibile. La
disposizione prevede l’emanazione di un provvedimento dell’Agenzia
delle entrate con cui sono dettati termini e modalità di fruizione
dei crediti di imposta nonché ogni altra disposizione finalizzata a
garantire il rispetto del limite massimo di spesa di cui al
precedente periodo. La relazione tecnica stabilisce un limite
massimo di spesa pari a 45 milioni di euro, metà del contributo
concesso in precedenza, coperti, come disposto dall’articolo 61,
mediante l’aumento dell’aliquota dell’accisa sulla benzina e
gasolio.
Evidenzia quindi che il capo II del Titolo I reca misure per il
potenziamento dell’agenda digitale italiana. Si sofferma in
particolare sulle modifiche previste dall’articolo 13, in materia di
governance dell’Agenda digitale Italiana, che trattano temi
trasversali poiché attengono alle competenze di una pluralità di
autorità – beni culturali, università e ricerca, sviluppo economico,
Presidenza del Consiglio, Agenzia per l’Italia Digitale – e alla sua
valenza strategica. Ribadisce che il patrimonio culturale italiano,
senza eguali per dimensioni e profondità storica, è una risorsa
strategica per il Paese; per unanime riconoscimento, un bene di
valore universale. Ritiene in questo senso che la digitalizzazione
costituisca un’opportunità senza precedenti per farlo conoscere,
trasmetterlo, utilizzarlo in forme innovative e creative. In ragione
della vastità e varietà dei contenuti, si conferma un campo di
grande rilevanza nell’innovazione e sperimentazione delle tecnologie
della comunicazione e dell’informazione, consentendo un uso
creativo, intelligente e diversificato del patrimonio culturale resi
disponibili dalla digitalizzazione in grado di sostenere lo sviluppo
di una industria creativa di qualità. Auspica che, anzitutto nella
governance dell’Agenzia per l’Italia digitale ed in
particolare nella cabina di regia, sia previsto – anche di concerto
con il Ministero per i beni e le attività culturali e che sia
affidato all’Agenzia per l’Italia Digitale – un ruolo di
catalizzatore e di sostegno di attività di digitalizzazione e
diffusione del patrimonio culturale del Paese, promuovendo progetti
condivisi e infrastrutture capaci di metterlo a disposizione dei
cittadini e della comunità internazionale. In sostanza, così come
auspicato dal «Comité des Sages» europeo sulla
digitalizzazione del patrimonio culturale europeo, ritiene che
dovrebbe essere affidata all’Agenzia per l’Italia digitale la
transizione delle istituzioni culturali verso l’era digitale e la
ricerca di nuovi ed efficaci modelli imprenditoriali che accelerino
la digitalizzazione, attraverso un Piano straordinario di formazione
e digitalizzazione del patrimonio culturale nazionale. Osserva,
quindi, che l’introduzione nel provvedimento in esame di tale
prospettiva rappresenta l’occasione per ribadire l’interesse da
parte del Parlamento a proporre usi innovativi delle risorse
digitali, rilanciando ed innovando i progetti di digitalizzazione
verso prodotti capaci di condividere contenuti in modo diretto
quanto flessibile che permetta di trasformare le sperimentazioni
delle Istituzioni culturali italiane in progetti inclusivi, concreti
e coerenti con le azioni previste dall’Agenda digitale europea.
Ricorda ancora che l’articolo 13 modifica alcune disposizioni del
decreto-legge «semplificazioni» (decreto-legge 5 del 2012) e del
decreto-legge «crescita» (decreto-legge n. 83 del 2012) con i quali
è stato delineato il quadro complessivo di intervento per l’Agenda
digitale italiana. Infatti, al comma 1, si intende modificare la
governance della Cabina di regia, mentre il comma 2 prevede
modifiche che riguardano la realizzazione degli obiettivi
dell’Agenda, incidendo sul soggetto cui sono state attribuite
funzioni operative nel settore, cioè l’Agenzia per l’Italia
digitale. In particolare, le azioni indicate hanno trovato una
specificazione per obiettivi nel comma 2-bis, la cui
elencazione dalla lettera a) alla lettera i),
riempie di contenuti concreti l’attività di coordinamento della
cabina di regia, da svolgere nel quadro delle indicazioni
dell’agenda digitale europea, di cui alla comunicazione della
Commissione europea COM (2010) 245 definitivo/2 del 26 agosto 2010.
La cabina, istituita con decreto 28 marzo 2012, ai sensi
dell’articolo 47, comma 2, articolata in sei gruppi di lavoro per i
seguenti obiettivi dell’Agenda digitale: infrastrutture e sicurezza;
eCommerce; eGovernment Open Data; alfabetizzazione
Informatica – competenze digitali; ricerca e innovazione; smart
Cities and Communities. Precisa che l’articolo 13, al comma 1,
aggiunge ai componenti della cabina il Ministro dell’istruzione,
dell’università e della ricerca. La presidenza della cabina è
attribuita al Presidente del Consiglio dei ministri o ad un suo
delegato. Oltre ad individuare la composizione, costituita da
rappresentanti degli Esecutivi statali, regionali e comunali, il
comma 1 disciplina i rapporti tra la cabina di regia e il Parlamento
assicurando a quest’ultimo uno strumento conoscitivo sullo stato
dell’agenda digitale definito «quadro complessivo» che la cabina di
regia presenta al Parlamento, entro novanta giorni dall’entrata in
vigore del decreto-legge, di cui dovrà essere chiarita la forma e di
cui dovrà essere ridefinita la collegialità. L’ultimo periodo del
comma 1 stabilisce poi che all’istituzione della cabina di regia si
provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili
a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per
la finanza pubblica.
Il comma 2, lettera b), del medesimo articolo amplia la
competenza dell’Agenzia, in quanto sopprime la previsione di
salvezza delle funzioni dell’Istituto nazionale di documentazione,
innovazione e ricerca educativa (INDIRE) nel supporto allo sviluppo
del piano di innovazione nelle istituzioni scolastiche, inserita nel
testo previgente dell’articolo 20, comma 2, primo periodo, del
decreto-legge n. 83 del 2012, convertito in legge n. 134 del 2012.
Con specifico riferimento al piano di innovazione nelle istituzioni
scolastiche, la Direzione generale per gli Studi, la Statistica e i
Sistemi informativi del MIUR, ha avviato un Piano per la scuola
digitale.
Sottolinea quindi che al capo III del Titolo I recante misure per il
rilancio delle infrastrutture, l’articolo 18, comma 8, in materia di
edilizia scolastica, prevede che L’INAIL, nell’ambito del piano di
impiego dei fondi disponibili, destini, per il triennio 2014/2016,
uno stanziamento di 100 milioni di euro finalizzati ad un piano di
riqualificazione degli immobili scolastici, che andrebbe precisato
con un emendamento abbia «almeno» tale consistenza, per innalzare il
livello di sicurezza degli edifici scolastici, su proposta della
Presidenza del Consiglio dei ministri, d’intesa con i Ministeri
dell’istruzione, dell’università e della ricerca e delle
infrastrutture e dei trasporti. Si tratta dunque di un piano di 300
milioni di euro per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle
scuole, in una situazione in cui la responsabilità del settore è
molto distribuita, riguarda, infatti, Comuni, Province, Regioni,
Stato. Tale intervento è effettuato restando fermo quanto previsto
dall’articolo 53, comma 5, del decreto-legge n. 5 del 2012,
convertito in legge n. 35 del 2012, che demanda al CIPE, su proposta
del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza
unificata, l’approvazione di un Piano di messa in sicurezza degli
edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici
scolastici. Ritiene, dunque, opportuno chiarire il rapporto fra il
piano di edilizia scolastica previsto dal comma in esame e i due
piani previsti dall’articolo 53 del citato decreto-legge n. 5 del
2012. Precisa che lo stanziamento deve avvenire nell’ambito degli
investimenti immobiliari previsti dal piano di impiego dei fondi
disponibili a carico degli enti pubblici e delle persone giuridiche
private che gestiscono forme di previdenza e assistenza, di cui
all’articolo 65 della legge n. 153 del 1969, che stabilisce che, se
non per particolari esigenze di bilancio, la percentuale da
destinare agli investimenti immobiliari non può superare il 40 per
cento né essere inferiore al 20 per cento dei fondi disponibili.
Segnala il rischio che il fondo dell’INAIL possa essere utilizzato
solo per la costruzione di nuovi edifici. Appare necessaria una
precisazione in merito. Auspica che nel corso dell’esame venga
inserito all’interno del provvedimento, che prevede misure per il
rilancio delle infrastrutture, il tema di straordinaria importanza
relativo alle infrastrutture culturali, attualmente in grande
sofferenza. Evidenzia, ancora, l’assenza di una norma che preveda
l’esclusione dal patto di stabilità delle spese per gli interventi
di edilizia scolastica per consentire l’utilizzo virtuoso di risorse
già disponibili in bilancio o già assegnate. Ricorda che sono
numerosi i Comuni che hanno avuto serie difficoltà a rispettare i
vincoli imposti dal Patto di stabilità interno per la necessità di
portare a termine lavori di completamento, di ampliamento o di messa
in sicurezza delle scuole. Esiste quindi il reale rischio che le
risorse indicate – che, considerata l’urgenza degli interventi
saranno assegnate direttamente agli enti proprietari degli immobili,
Comuni e Province –, non potranno essere spese per non incorrere
nelle sanzioni imposte dai vincoli del patto.
Ricorda quindi che al capo I del Titolo II recante misure per la
semplificazione amministrativa, l’articolo 30 disciplina le
semplificazioni in materia di edilizia. In particolare il comma 1,
lettera d), contiene la definizione di ristrutturazione
edilizia come ripristino o sostituzione di alcuni elementi
costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e
l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. La modifica non è
rivolta naturalmente agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del
Codice dei beni culturali e il paesaggio. Fa presente che una
riflessione va fatta sulla soppressione del riferimento alla sagoma,
ancorché applicata a beni non culturali, in quanto potrebbe
determinare un impatto molto forte sui contesti urbani anche
mantenendo ferma la volumetria. Si specificano inoltre interventi
per i quali è richiesto il permesso di costruire e in riferimento
alla denuncia di inizio attività (DIA), si specifica che la stessa è
riferita a: varianti e permessi che non incidono sui parametri
urbanistici e volumetrie, non modificano destinazioni d’uso e sagome
di edifici vincolati, non violano le prescrizioni contenute nel
permesso di costruire. Aggiunge che l’articolo 39, recante
disposizioni in materia di beni culturali, prevede norme in materia
di beni culturali che modificano alcune norme del codice dei beni
culturali e del paesaggio. Segnala la necessità di rendere più
omogenei i comportamenti dell’amministrazione sul territorio
nazionale. La relazione illustrativa evidenzia che si tratta di un
chiarimento del quadro normativo vigente, poiché, in base
all’articolo 17, comma 3, lettera l), del decreto del
Presidente della Repubblica 233 del 2007, recante regolamento di
riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali,
la competenza a concedere in uso i beni culturali in consegna allo
stesso Ministero spetta al direttore regionale e non al
soprintendente. Rinvia alla documentazione predisposta dagli uffici
circa le ulteriori modifiche introdotte dall’articolo in esame,
riservandosi di recepire le osservazioni ivi formulate. Illustra
quindi l’articolo 40, il quale prevede la possibilità che il
ministro per i beni e le attività culturali versi all’entrata del
bilancio dello Stato risorse disponibili nei conti di tesoreria
delle Soprintendenze dotate di autonomia speciale, per la successiva
riassegnazione, a fini di reintegro, allo stato di previsione della
spesa del Ministero per i beni e le attività culturali, in aggiunta
agli ordinari stanziamenti di bilancio, per l’attività di tutela e
valorizzazione del patrimonio culturale. Fa presente che ciò
comporta un’importante razionalizzazione dei fondi del Ministero per
i beni e le attività culturali che consentirà al ministro di gestire
i fondi non spesi dei diversi comparti, evitando che vadano perse o
restituite al tesoro garantendo così anche la copertura delle
emergenze. La norma non comporta oneri a carico delle finanze dello
Stato e permette di ottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili
all’interno dell’amministrazione. Ricorda che le Soprintendenze
dotate di autonomia speciale sono individuate dall’articolo 15,
comma 3, lettere da a) a f), del decreto del
Presidente della Repubblica n. 233 del 2007: Soprintendenza speciale
per i beni archeologici di Napoli e Pompei; Soprintendenza speciale
per i beni archeologici di Roma; Soprintendenza speciale per il
patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo
museale della città di Venezia e dei comuni della Gronda lagunare;
Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed
etnoantropologico e per il polo museale della città di Napoli;
Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed
etnoantropologico e per il polo museale della città di Roma;
Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed
etnoantropologico e per il polo museale della città di Firenze. Alle
Soprintendenze sopra citate si aggiungono l’Istituto superiore per
la conservazione ed il restauro, la Biblioteca nazionale centrale di
Roma, la Biblioteca nazionale centrale di Firenze, il Centro per il
libro e la lettura, l’Archivio centrale dello Stato per la gestione
dei fondi loro assegnati in applicazione dei piani di spesa per la
realizzazione di interventi nel settore dei beni culturali. Ricorda
che la relazione tecnica precisa che la norma non comporta oneri a
carico della finanza pubblica, ma permette di ottimizzare l’utilizzo
delle risorse disponibili all’interno dell’Amministrazione.
Sottolinea infine che ci sono due importanti problemi che non
vengono considerati nelle proposte del decreto-legge in esame:
l’inserimento nell’elenco ISTAT di enti, fondazioni, e altri
istituti d’arte che li assimila alle amministrazioni pubbliche e
attribuisce loro tutti i limiti dell’apparato burocratico. Ritiene
auspicabile che la legge ne salvi l’autonomia gestionale prevedendo
la loro esclusione da tale elenco; non compare poi nel decreto
cosiddetto «del fare» il recupero dei Comitati Tecnici e degli altri
organi collegiali del Ministero che consentirebbero il corretto
funzionamento del Consiglio superiore dei beni culturali in grado di
sbloccare molti dei provvedimenti sospesi (l’operazione è a costo
zero perché non sono previsti nuovi emolumenti se non rimborsi per
eventuali missioni).
Ricorda quindi che l’articolo 47, in materia di Fondo per gli
impianti sportivi, reca modifiche all’articolo 90 della legge n. 289
del 2002 in relazione al Fondo di garanzia per i mutui relativi alla
costruzione, all’ampliamento, all’attrezzatura, al miglioramento o
all’acquisto di impianti sportivi. Segnala che vi è un mero
adeguamento per attualizzare il riferimento all’autorità competente
ad adottare i criteri in base ai quali dovrà essere gestito il Fondo
di garanzia per i mutui relativi alla costruzione, all’ampliamento,
all’attrezzatura, al miglioramento o all’acquisto di impianti
sportivi, istituito presso l’Istituto di credito sportivo (vigilato
dall’Autorità di Governo con la delega allo sport). La successiva
lettera b) abroga il comma 15 dell’articolo 90, ai sensi
del quale la garanzia prestata dal Fondo è di natura sussidiaria, e
si esplica nei limiti e con le modalità stabiliti dal regolamento e
opera entro i limiti delle disponibilità del Fondo. La soppressione
della garanzia sussidiaria (già eliminata in sede di modifica del
comma 12 ad opera del decreto-legge n. 78 del 2012) ha lo scopo di
rendere più fruibile l’accesso al fondo di garanzia per il
finanziamento per la costruzione di impianti sportivi, per cui
continuano a sussistere le ordinarie forme di garanzia. La relazione
tecnica afferma che dalla disposizione non derivano effetti
finanziari sui saldi di finanza pubblica. Aggiunge che il capo III
del Titolo II reca misure in materia di istruzione, università e
ricerca. In particolare, l’articolo 57, concernente interventi
straordinari a favore della ricerca per lo sviluppo del Paese, è
parzialmente riconducibile al tema del sostegno alle imprese e
prevede una serie di finalità volte a favorire lo sviluppo delle
attività di ricerca fondamentale e di ricerca industriale, tramite
il sostegno del Ministero dell’istruzione, dell’università e della
ricerca. Tale sostegno si sostanzia in un contributo alla spesa, nel
limite del 50 per cento della quota relativa alla contribuzione a
fondo perduto disponibili nel Fondo per le agevolazioni alla ricerca
(FAR). Tali finalità fanno riferimento, tra l’altro, alla creazione
e allo sviluppo di start up innovative e spin-off
universitari; al potenziamento del rapporto tra mondo della ricerca
pubblica e imprese; al sostegno agli investimenti in ricerca delle
piccole e medie imprese, e in particolare delle società nelle quali
la maggioranza delle quote o delle azioni del capitale sia posseduta
da giovani al di sotto dei 35 anni. Ritiene che la Commissione può
sottolineare l’importanza di incentivare anche progetti di ricerca
relativi ai beni culturali come valorizzazione di cooperative di
archeologia terrestre e subacquea, studi e ricerche sui criteri e
metodi di restauro, materiali ed altro.
Rileva inoltre che l’articolo 57 prevede il potenziamento del
rapporto tra la ricerca pubblica e le imprese, attraverso
l’incentivo alla partecipazione del mondo industriale al
finanziamento dei corsi di dottorato e assegni di ricerca
post-doc; il potenziamento infrastrutturale delle università e
degli enti pubblici di ricerca, in linea con il programma
Horizon 2020; il sostegno agli investimenti in ricerca delle
piccole e medie imprese, con particolare riferimento a quelle a
partecipazione maggioritaria dei giovani al di sotto dei
trentacinque anni; la valorizzazione di grandi progetti o programmi
a medio-lungo termine di partenariato tra imprese e mondo pubblico
della ricerca, con l’obiettivo di affrontare le grandi sfide
sociali; l’incentivazione dei ricercatori che risultino vincitori di
grant europei o di progetti a carico dei fondi PRIN o FIRB;
il sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese che
partecipano a bandi europei di ricerca. Sono interventi diretti al
sostegno e allo sviluppo delle attività di ricerca fondamentale e di
ricerca industriale che il Ministero dell’istruzione,
dell’università e della ricerca sostiene con un contributo alla
spesa, utilizzando a tal fine una parte della quota del fondo FAR
destinata alla contribuzione a fondo perduto, nel limite del 50 per
cento di essa (comma 1). Sottolinea poi che a causa della grave
crisi economica di questi ultimi anni le imprese si sono trovate in
grandi difficoltà a utilizzare il finanziamento di progetti di
ricerca sotto la forma di mutui/prestiti e di credito agevolato,
nonostante le condizioni particolarmente favorevoli sia con
riferimento al tempo di restituzione (piano di ammortamento in dieci
anni) che al tasso molto agevolato accordato (0,5 per cento). Si
rende pertanto necessario un intervento mirato di sostegno alle
imprese privilegiando il contributo alla spesa. Ricorda infine che
la relazione tecnica specifica che le risorse disponibili sul Fondo
FAR, ad oggi, ammontano a 100 milioni di euro, di cui il 12 per
cento destinato ai contributi alla spesa e l’88 per cento al credito
agevolato. La norma succitata si limita a dare una diversa
finalizzazione, per questo non comporta nuovi o maggiori oneri.
Con riferimento all’articolo 58, recante disposizioni urgenti per lo
sviluppo del sistema universitario e degli enti di ricerca, rivela
che lo stesso stabilisce alcune disposizioni urgenti per lo sviluppo
del sistema universitario e degli enti di ricerca, novellando
l’articolo 29, comma 7, della legge n. 240 del 2010. In particolare,
il comma 1 aumenta la facoltà di assumere, sia per le università sia
per gli enti di ricerca, elevando, per l’anno 2014, dal 20 per cento
al 50 per cento il limite di spesa, previsto dall’articolo 66, commi
13-bis e 14, del decreto-legge n. 112 del 2008, rispetto
alle cessazioni del precedente anno. Il comma 2 consente di
trasferire le somme necessarie per coprire l’aumento delle facoltà
di assunzione degli enti e delle università sul Fondo per il
funzionamento delle università statali e sul Fondo ordinario degli
enti di ricerca, a carico dei quali sono poste le spese per il
personale. Il comma 3 reca una norma di semplificazione che intende
escludere il parere della commissione nominata dal Comitato
universitario nazionale nel caso di chiamate dirette per i vincitori
di uno dei programmi di ricerca di alta qualificazione. Ricorda come
il parere della predetta commissione non appare necessario, in
quanto la valutazione tecnica è stata già fatta in sede di selezione
dei programmi, che sono stati individuati dal Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca con decreto 1o
luglio del 2011. Sottolinea come, pur apprezzando la norma in esame,
non si possa nascondere grande preoccupazione per la copertura
finanziaria utilizzata, pari a 25 milioni di euro per l’anno 2014 e
complessivi 49,8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015, che
riduce drasticamente le risorse per i servizi esternalizzati di
pulizia e di servizi ausiliari nelle istituzioni scolastiche.
Auspica che in fase di discussione emerga la possibilità di reperire
risorse che non vadano a penalizzare i servizi scolastici. Ricorda
come il comma 6 dell’articolo 57 specifica inoltre che gli ulteriori
risparmi di spesa sono destinati al funzionamento delle istituzioni
scolastiche e alle supplenze brevi.
Con riferimento all’articolo 58, commi 1, 2 e da 4 a 7, specifica
che tali disposizioni anticipano di un anno la possibilità che le
università e gli enti di ricerca effettuino assunzioni nella misura
del 50 per cento (in luogo del 20 per cento) della spesa relativa al
corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio
nell’anno precedente. Ai maggiori oneri derivanti dall’aumento della
facoltà di assunzione, pari ad euro 25 milioni nell’anno 2014 ed
euro 49,8 milioni annui, a decorrere dall’anno 2015, si provvede
utilizzando parte dei risparmi conseguenti alle riduzioni di spesa
per i servizi esternalizzati nelle scuole. Aggiunge che l’articolo
29, comma 7, della legge n. 240 del 2010 ha aggiunto alle due
possibilità di chiamata diretta, da parte delle università, di
professori ordinari e associati e di ricercatore, già previste
dall’articolo 1, comma 9, della legge n. 230 del 2005 (studiosi
impegnati all’estero da almeno un triennio in attività di ricerca o
insegnamento universitario, che ricoprano una posizione accademica
equipollente in istituzioni universitarie estere; studiosi che
abbiano già svolto per chiamata diretta autorizzata dal MIUR,
nell’ambito del «programma di rientro dei cervelli», un periodo di
almeno 3 anni di ricerca e di docenza nelle università italiane e
conseguito risultati scientifici congrui rispetto al posto per il
quale ne viene proposta la chiamata), una terza possibilità,
riferita a studiosi che siano risultati vincitori nell’ambito di
specifici programmi di ricerca di alta qualificazione, finanziati
dall’Unione europea o dallo stesso MIUR. Ricorda come in base al
comunicato stampa presente sul sito del Governo, in tal modo «si
liberano posti per 1.500 professori ordinari e 1.500 nuovi
ricercatori in «tenure track» (di cui all’articolo 24 della
legge n. 240 del 2010). I programmi in questione sono stati
individuati con decreto ministeriale del MIUR 1 luglio 2011,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 256 del 3 novembre
2011. In particolare, l’articolo 2 di questo decreto ministeriale ha
disposto che i programmi devono avere una durata almeno triennale e
non devono essersi conclusi, al momento della proposta di chiamata,
da più di tre anni. Gli articoli 3 e 4 hanno identificato gli
specifici programmi finanziati, rispettivamente, dal MIUR e
dall’Unione europea, mentre l’articolo 5 ha disposto la revisione
del decreto ministeriale ogni due anni.
Rileva inoltre come un’ulteriore modifica introdotta dall’articolo
29, comma 7, della legge n. 240 del 2010 ha riguardato la procedura.
In particolare, è stato previsto che, per tutte le ipotesi di
chiamata diretta, la concessione o il rifiuto del nulla osta da
parte del Ministro, sulla base delle proposte formulate dalle
università, siano preceduti dal parere di una commissione, nominata
dal CUN, composta da tre professori ordinari appartenenti al settore
scientifico disciplinare in riferimento al quale è proposta al
chiamata (previamente, il parere era richiesto solo per la chiamata
di studiosi di chiara fama, ulteriore ipotesi disciplinata
dall’articolo 1, comma 9, della legge n. 230 del 2005). In materia
di limiti alle assunzioni per le università, si ricorda che
l’articolo 66 del decreto-legge n. 112 del 2008 (convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008) è stato da ultimo
novellato dall’articolo 14, comma 3, del decreto-legge n. 95 del
2012 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012)
che, in particolare, con il comma 13-bis, ha definito una
nuova disciplina per il turn over. In base alla nuova
disciplina, le misure percentuali fissate valgono con riferimento
«al sistema» delle università nel suo complesso, mentre
all’attribuzione del contingente di assunzioni spettante a ciascun
ateneo si provvede con decreto ministeriale, tenuto conto di quanto
previsto dall’articolo 7 del decreto legislativo n. 49 del 2012 (che
ha individuato le combinazioni dei livelli degli indicatori di spesa
per il personale e di spesa per indebitamento rilevanti, per ciascun
ateneo, per la determinazione, tra l’altro, della misura delle
assunzioni di personale a tempo indeterminato e del conferimento di
contratti di ricerca a tempo determinato). Ricorda come a tal fine,
il comma 2 incrementa i fondi sui quali gravano le spese per il
personale dei rispettivi comparti, prevedendo che: il «Fondo per il
funzionamento delle università statali» – rectius: Fondo
per il finanziamento ordinario delle università – è incrementato di
21,4 milioni di euro nel 2014 e di 42,7 milioni di euro annui dal
2015; e che il Fondo ordinario per gli enti di ricerca vigilati dal
MIUR è incrementato di 3,6 milioni di euro nel 2014 e di 7,1 milioni
di euro annui dal 2015. Specifica che la relazione tecnica chiarisce
che l’importo stimato per il 2014 è pari al 50 per cento (circa) di
quello a regime, ipotesi strutturata sull’assunto che nel 2014 le
nuove assunzioni siano equamente distribuite in corso d’anno. Il
Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO),
previsto dall’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge
537 del 1993, è allocato sul capitolo 1694 dello stato di previsione
del MIUR. Il decreto ministeriale 111878 del 31 dicembre 2012, di
ripartizione in capitoli, reca in corrispondenza del capitolo 1694
una previsione di stanziamento di 6.574,3 milioni di euro per il
2014 e di 6.544,7 milioni di euro per il 2015, a fronte di 6.694,7
milioni di euro stanziati per il 2013.
Evidenzia ancora come il Fondo ordinario per gli enti di ricerca
vigilati dal MIUR (Consiglio nazionale delle ricerche, Agenzia
spaziale italiana, Istituto nazionale di fisica nucleare, Istituto
nazionale di astrofisica, Istituto nazionale di geofisica e
vulcanologia, Istituto nazionale di ricerca metrologica, Istituto
nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale, Stazione
zoologica A. Dohrn, Consorzio per l’Area di ricerca scientifica e
tecnologica di Trieste, Istituto nazionale di alta matematica «F.
Severi», Museo storico della fisica-Centro di studi e ricerche E.
Fermi, Istituto italiano di studi germanici), previsto dall’articolo
7 del decreto legislativo n. 204 del 1998, è determinato nella
tabella C della legge di stabilità ed è allocato sul capitolo 7236
dello stato di previsione del MIUR. Aggiunge che il decreto
ministeriale di ripartizione in capitoli sopra citato reca, in
corrispondenza del capitolo 7236, una previsione di spesa di 1.766,2
milioni di euro per il 2014 e di 1.759,5 milioni di euro per il
2015, a fronte di 1.768,5 milioni di euro stanziati per il 2013. In
merito ai profili di quantificazione non ha rilievi da formulare,
tenuto conto che le quantificazioni riportate nella relazione
tecnica in merito agli oneri determinati dai commi 1 e 2 appaiono
sostanzialmente in linea con la quantificazione dei risparmi
effettuata dalla relazione tecnica riferita al decreto-legge n. 95
del 2013 (Spending review) relativi alla riduzione delle
facoltà di assumere delle università e degli enti di ricerca.
Ricorda quindi che l’articolo 59, concernente borse di mobilità per
gli studenti universitari, prevede un’autorizzazione di spesa di
complessivi 17 milioni di euro per gli anni 2013-2015, finalizzata
all’erogazione di borse per la mobilità in favore di studenti che
intendano iscriversi nell’anno accademico 2013/2014 ad una
università che abbia sede in una regione diversa da quella di
residenza. Per avere accesso al beneficio è necessario aver
conseguito in Italia, nell’anno scolastico 2012/2013, un diploma di
istruzione secondaria di secondo grado con voto almeno pari a
95/100. Sono poi individuati ulteriori criteri per l’inserimento
nella graduatoria di ammissione al beneficio. Ricorda come in
particolare, il comma 1 dispone che è autorizzata la spesa di 5
milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e di 7 milioni
di euro per l’anno 2015, da iscrivere sul Fondo per il finanziamento
ordinario delle università, per l’erogazione di borse per la
mobilità a favore di studenti meritevoli che, per l’anno accademico
2013/2014, intendano iscriversi a corsi di laurea o a corsi di
laurea magistrale a ciclo unico di cui all’articolo 6, comma 3, del
decreto ministeriale n. 270 del 2004, presso università statali o
non statali italiane – con esclusione delle università telematiche –
che hanno sede in regione diversa da quella di residenza. Ricorda,
peraltro, che, con il decreto ministeriale 249 del 2010 è stato
istituito, in deroga esplicita alla previsione generale del «modello
3+2», il corso di laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della
formazione primaria per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e
nella scuola primaria (LM-85-bis) e che con il decreto
ministeriale 2 marzo 2011 è stata definita la classe di laurea
magistrale a ciclo unico in Conservazione e restauro dei beni
culturali (LMR/02) che, ha «come fonte normativa l’articolo 9 – più
correttamente 29 – , comma 9, del Codice dei beni culturali e del
paesaggio e l’articolo 1, comma 4, del decreto ministeriale n. 87
del 2009». Appare dunque necessario – per il relatore – chiarire se
sono inclusi nella possibilità di ricevere le borse di studio per la
mobilità gli studenti che si iscrivano ai corsi di laurea magistrale
a ciclo unico in scienze della formazione primaria e ai corsi della
classe di laurea magistrale a ciclo unico in conservazione e
restauro dei beni culturali. Sembrerebbe, inoltre, opportuno
chiarire il riferimento all’iscrizione di risorse sul FFO anche in
rapporto alle iscrizioni alle università non statali. Aggiunge che
il comma 3 prevede che l’ammissione al beneficio è disposta sulla
base di criteri di merito, economici e logistici. Con riferimento al
criterio di merito – che rappresenta, anzitutto, un requisito – è
previsto il conseguimento del diploma di istruzione secondaria di
secondo grado in Italia nell’anno scolastico immediatamente
precedente quello dell’iscrizione, ossia l’anno scolastico
2012/2013, con votazione almeno pari a 95/100. Valori superiori,
come si vedrà, rilevano ai fini della graduatoria di ammissione al
beneficio. Specifica che le condizioni economiche dello studente
sono individuate sulla base dell’Indicatore della situazione
economica equivalente (ISEE) e che il criterio logistico attiene
alla distanza fra la sede di residenza dello studente e la sede
dell’università alla quale questi intende iscriversi. In base ai
commi 2 e 4, le risorse sono suddivise fra le regioni con decreto
del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca,
sentita la Conferenza Stato-regioni. Ogni regione elabora una
graduatoria per le università site nel suo territorio ed attribuisce
le borse fino ad esaurimento delle risorse spettanti.
Sottolinea a tale proposito che le graduatorie sono comunicate al
MIUR che, in base al comma 8, assegna le somme direttamente
all’università presso la quale lo studente è iscritto, all’atto
della sua effettiva immatricolazione. L’università provvede poi
all’erogazione a favore dello studente. Ricorda come con riferimento
alla formazione della graduatoria, il comma 4 dispone, inoltre, che,
in caso di parità di punteggio, prevale, nell’ordine, il candidato
che presenta un punteggio più alto relativo al criterio afferente
alla condizione economica, quindi alla distanza fra la sede di
residenza e quella dell’università prescelta e, infine, al voto
conseguito nell’esame di Stato. Peraltro, la definizione dei
punteggi e delle modalità di attribuzione degli stessi per ciascuno
dei criteri individuati dal comma 3 non è esplicitamente prevista
dal provvedimento. Infatti, il comma 5 prevede che con un decreto
interministeriale MIUR-MEF, da adottare, sentita la Conferenza
Stato-regioni, entro il 30 luglio 2013, sono definiti «ulteriori
criteri per la formazione della graduatoria». Reputa, dunque,
opportuno chiarire se con l’espressione utilizzata si intenda fare
riferimento anche all’aspetto indicato. Ricorda come allo stesso
decreto è demandata, altresì, la definizione dell’importo delle
borse di mobilità (che, secondo la relazione tecnica, potrebbe
essere differenziato per regione, in rapporto ai costi del
territorio) e le modalità di presentazione delle domande da parte
degli studenti, per via telematica. Si stabilisce sin d’ora che il
possesso dei requisiti richiesti è dichiarato dallo studente sotto
la sua responsabilità ed è sottoposto a verifica all’esito
dell’eventuale ammissione al godimento della borsa di studio. Con
riferimento al procedimento di emanazione dei decreti previsti ai
commi 2 e 5, specifica che occorre valutare se la modalità di
coinvolgimento della Conferenza Stato-regioni possa considerarsi
sufficiente, alla luce della competenza legislativa esclusiva delle
regioni in materia di diritto allo studio. In particolare, occorre
valutare se non debba essere prevista l’intesa, in analogia con
quanto dispone l’articolo 7 del decreto legislativo 68 del 2012.
Con riferimento al decreto previsto al comma 5, evidenzia, inoltre,
che il termine previsto per la sua emanazione – 30 luglio 2013 –
potrebbe essere antecedente alla data di conversione in legge del
decreto-legge in esame e, dunque, esso potrebbe essere emanato senza
tener conto delle modifiche eventualmente apportate nel corso
dell’esame parlamentare. Il comma 7 dispone che le borse di mobilità
sono cumulabili con le borse di studio assegnate ai sensi del
decreto legislativo 68 del 2012. Sottolinea che al fine di
promuovere l’eccellenza e il merito fra gli studenti universitari,
l’articolo 4 della legge n. 240 del 2010 ha istituito presso il MIUR
un Fondo destinato a erogare premi di studio – a fondo perduto – e
buoni studio, di cui una quota, determinata in relazione ai
risultati accademici conseguiti, corrisposta in forma di prestito, e
a costituire una garanzia per finanziamenti concessi agli studenti.
Aggiunge come l’articolo 9 del decreto-legge n. 70 del 2011,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2011, ha
istituito la Fondazione per il merito, come strumento operativo cui
viene affidata la gestione del Fondo, cui possono affluire capitali
pubblici e privati. Specifica che dal decreto ministeriale 16 aprile
2012, n. 71, recante i criteri di ripartizione del FFO per il 2012,
sono stati altresì destinati a sostegno del Fondo 9 milioni di euro,
nell’ambito degli interventi a favore degli studenti. Ricorda come
il provvedimento ipotizza un importo della borsa di mobilità
individuale pari a 5.000 euro in base al quale la somma di 5 milioni
consentirebbe di finanziare la borsa per 1.000 studenti. Ribadisce
poi che all’onere derivante dall’attuazione dell’intervento
previsto, si provvede mediante l’utilizzo delle risorse, non ancora
pagate, concernenti l’autorizzazione di spesa relativa agli
interventi per il merito. Tali risorse sono mantenute in bilancio
per essere versate all’entrata del bilancio dello Stato per i
corrispondenti importi autorizzati.
Con riferimento all’articolo 60 recante semplificazione del sistema
di finanziamento delle università e delle procedure di valutazione
del sistema universitario ricorda che esso dispone che, a decorrere
dal 2014, nel Fondo di finanziamento ordinario delle università
statali e nel contributo alle università non statali legalmente
riconosciute confluiscono le risorse attualmente destinate alla
programmazione dello sviluppo del sistema universitario, alle borse
di studio post laurea, nonché al Fondo per il sostegno dei giovani e
per favorire la mobilità degli studenti. Rinvia alla documentazione
predisposta dagli uffici per gli approfondimenti relativi a tale
norma. Ricorda che per l’anno 2014, si prevede uno stanziamento di
72,2 milioni di euro per il fondo indicato. Per completezza, con
riferimento al FFO, evidenzia che, in base all’incremento disposto
dalla norma in esame, nonché alle risorse per consentire maggiori
assunzioni nelle università, previste dall’articolo 58, comma 2, e
all’ulteriore afflusso di somme finalizzato all’erogazione di borse
per la mobilità, sulla base di quanto disposto dall’articolo 59,
complessivamente la disponibilità nel 2014 dovrebbe essere pari a
6.860 milioni di euro. Aggiunge inoltre che si dispone che il
sistema di valutazione delle attività amministrative delle
università e di 12 enti di ricerca vigilati dal MIUR è svolto
dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e
della ricerca (ANVUR). Il comma 2, integrando il comma 12
dell’articolo 13 del decreto legislativo 150 del 2009 – che concerne
la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità
delle amministrazioni pubbliche – dispone quindi che «il sistema di
valutazione» delle attività amministrative delle università e di 12
enti di ricerca vigilati dal MIUR – Consiglio nazionale delle
ricerche, Agenzia spaziale italiana, Istituto nazionale di fisica
nucleare, Istituto nazionale di astrofisica, Istituto nazionale di
geofisica e vulcanologia, Istituto nazionale di ricerca metrologica,
Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale,
Stazione zoologica A. Dohrn, Consorzio per l’Area di ricerca
scientifica e tecnologica di Trieste, Istituto nazionale di alta
matematica «F. Severi», Museo storico della fisica – Centro di studi
e ricerche E. Fermi, Istituto italiano di studi germanici –,
riordinati ai sensi del Capo I del decreto legislativo 213/2009, «è
svolto dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema
universitario e della ricerca (ANVUR)». In base al comma 3, l’ANVUR
deve svolgere le funzioni indicate al comma 2 utilizzando le risorse
umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente,
senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Sottolinea
come in relazione alla formulazione letterale utilizzata, appare
opportuno chiarire se restano ferme le attività di valutazione della
gestione amministrativa affidate ai nuclei di valutazione interna
degli atenei. In merito ai profili di copertura finanziaria, segnala
che il comma 1 prevede la semplificazione e il riordino del sistema
di finanziamento delle università mediante una riallocazione delle
risorse disponibili nello stato di previsione del Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca. In particolare, la
norma prevede che, a decorrere dall’anno 2014, confluiscano nei
capitoli 1692 e 1694, recanti risorse per le università statali,
anche le risorse iscritte in altri capitoli del suddetto stato di
previsione. Tuttavia, mentre ai sensi della disposizione richiamata
dalla norma in esame sembrerebbero confluire nei citati capitoli
1692 e 1694 soltanto gli stanziamenti per la mobilità degli studenti
e gli assegni di ricerca, dalla relazione tecnica, invece, risulta
che dovrebbero confluire in tali capitoli anche le risorse relative
alla scuola di ateneo per la formazione europea Jean Monnet di cui
all’articolo 1, comma 278, della legge n. 311 del 2004, e
all’articolo 11-quaterdecies, comma 3 del decreto-legge
n. 203 del 2005. Al riguardo, potrebbe pertanto risultare opportuno
integrare i riferimenti normativi previsti dalla disposizione
conformemente al contenuto della relazione tecnica. Sul punto appare
opportuno acquisire l’avviso del Governo. Ricorda, infine, che
l’articolo 61 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti
dalle disposizioni considerate, rinvia alla documentazione
predisposta dagli uffici al riguardo.
Si riserva quindi di presentare una proposta di parere nel seguito
dell’esame.