Musica nel nuovo curricolo della Scuola primaria di Maria Rita Natella e Rosa Maria Cannavale, Educazione & Scuola 1.8.2013 Dando uno sguardo ai programmi scolastici del passato l’insegnamento della musica (facoltativo) fu ammesso nel 1861 con un Decreto del Ministro Francesco De Sanctis. Nel 1888 nei programmi di Gabelli, solo nelle istruzioni generali, e non nei programmi veri e propri, si sosteneva la necessità che la musica entrasse nelle scuole, non tanto per una funzione ricreativa ma anche formativa. Con la riforma Gentile (1923) sembrava che la musica entrasse finalmente in maniera organica nella scuola, ma fu una illusione, in quanto i programmi del L. Radice non vennero attuati completamente perchè non erano molti gli insegnanti in grado di farlo. A lui però va il merito di considerare questa materia nella sua funzione educativa. Per anni, quindi la musica è stata considerata quasi la “Cenerentola” della scuola, estranea al complesso ed allo spirito degli altri insegnamenti. Soltanto due educatori italiani, Maria Montessori e Rosa Agazzi ne hanno realmente compreso l’importanza nell’educazione del fanciullo. Notevole interesse pedagogico-didattico sono le serie di campanelli con i suoni corrispondenti alla scala diatonica collocati su un supporto a forma di scala ascendente e discendente, sul quale il bambino deve saper ordinare in corrispondenza dei 7 gradini in salita e in discesa i rispettivi suoni secondo l’altezza cioè dal più acuto al più grave e viceversa. Al primo grado della scala corrisponde il do, al secondo il re, ecc….. . Da questo esercizio il bambino può trarre grandi vantaggi per l’ educazione all’orecchio, la comprensione, la discriminazione e l’interiorizzazione dei suoni e degli intervalli più elementari. Secondo la formulazione dei programmi del ’55 il rapporto del fanciullo con la musica doveva essere di tipo estetico ,sentimentale, emotivo, ma l’invadenza della riproduzione elettronica(disco, cassette, compact disk) ha cambiato il “paesaggio sonoro” facendo della musica un fattore onnipresente nella nostra cultura. E’ evidente che i programmi si siano dovuti adeguare e abbiano dovuto conferire al mondo musicale un’ importanza maggiore che nel passato. La radicale trasformazione in senso pedagogico dell’insegnamento della musica e del canto avviene nel 1962 con la legge istitutiva della scuola media dell’obbligo che parlava di Ed.musicale che deve “….suscitare nell’alunno l’amore verso l’arte dei suoni, intesa anch’essa come forma del linguaggio e dell’espressione”. Dewyer1 afferma, infatti, che la musica è un linguaggio e in quanto tale può venire utilizzata pedagogicamente. Trattandosi di un linguaggio universale capace di esprimere particolari sensazioni e stati d’animo, la musica può assumere grande valore anche per aiutare i bambini diversamente abili. La musicoterapia, infatti, attraverso l’ascolto opportunamente scelto, aiuta il bambino ad orientarsi nello spazio, a concentrarsi e a reagire alle stimolazioni emotive. Il linguaggio musicale è quindi una possibilità comunicativa particolare dell’alfabetizzazione culturale. Esso presenta un suo codice, si parla, infatti ,di “inciso” a proposito dei brani della frase musicale come si parla di inciso o preposizioni incidentali della lingua. Per continuare, anche la musica ha la sua grammatica: le scale, le tonalità, le modalità, le progressioni ecc…. . Come avviene per tutte le discipline, anche per la musica ogni scuola dovrebbe mettere a disposizione degli allievi un minimo di strumenti, quali: un pianoforte, una chitarra, uno xilofono, e ancora tamburelli, maracas, legnetti, triangolini ecc…. . Strumenti necessari per la riproduzione della musica (radio-registratori,computer) oggi si rendono indispensabili per una proficua lezione. Dato il grande contributo che l’educazione musicale rende allo sviluppo armonico psico-fisico dell’individuo e all’arricchimento della sua personalità già dalla scuola dell’infanzia si deve dare molto spazio a quest’educazione. Oltre che al canto corale bisogna finalizzare l’ascolto, la ritmica, l’improvvisazione, l’esecuzione e cercare di farlo non in senso nozionistico e specialistico ma riducendo al minimo indispensabile i tecnicismi dando, invece, libero sfogo all’inventiva del bambino. In Musica, i traguardi per lo sviluppo delle competenze della scuola primaria, come previsto dall’ articolo 1, comma 4, del Decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n.89, prevedono che:
Il programma di Musica della Scuola Primaria si articola, quindi, su una sequenza che può essere definita “percezione, comprensione, produzione”.
Ascoltare e comprendere per la Musica sono sinonimi; l’ascolto guidato mette in atto le operazioni dell’intelletto che si esercita ad “attendere, cogliere, rapportare tra loro i vari elementi”. La comprensione, entro la quale viene a collocarsi anche la capacità d’intendere il linguaggio musicale, è un fatto d’intelligenza, il risultato della combinazione di più fattori mentali. Ci sarà un primo momento in cui l’attenzione e l’ascolto vengono diretti a discriminare, isolare, i suoni prodotti nell’ambiente (il suono di una sirena, il rumore di una macchina, il gocciolio di una gronda, il passo di una persona, una canzone che si diffonde nell’aria…..)e un secondo momento in cui l’alunno impara a metterli in ordine e a riprodurli in sequenze, a raggrupparli in base al ritmo, alla durata e all’intensità. Si farà poi rilevare la differenza dei timbri che, vari suoni, ricavabili percuotendo il legno, il vetro, il metallo, possono avere. Solo in un secondo momento si passerà all’ascolto di tutti i vari tipi della produzione musicale(classica, moderna, rock, jazz, afro-americana ecc…) si faranno notare loro le differenze e i vari stili che lo porteranno a conoscere e quindi ad avvicinarlo alla storia e alle tradizioni di altri paesi. L’insegnante deve scegliere i brani da proporre all’ascolto cercando di rispondere ai bisogni del momento evolutivo vissuto dal discente, deve assicurare una notevole varietà di spunti interessanti (storici, geografici, religiosi, poetici, linguistici) anche per un utile collaborazione interdisciplinare. Importante è inoltre, a mio avviso, raccontare aneddoti e curiosità che sono il mezzo per far scoccare la scintilla dell’attenzione, per mettere nel necessario stato di attesa l’intera classe. Di grande importanza è anche l’educazione ritmica. Già nell’antica Grecia che considerava il ritmo “ordine del movimento”(dell’io e del cosmo Platone)viene riconosciuto al ritmo la capacità di influire sul morale, di modificare le sensazioni, di provocare in noi dei movimenti regolari. L’educazione ritmica contribuisce a chiarire nella mente del discente il nesso tra il tempo e l’azione, a risvegliare in lui la “ricettività” che sarebbe difficilmente raggiungibile con altri mezzi didattici. Da non sottovalutare anche l’improvvisazione poiché rende il bambino protagonista dell’atto formativo e attivizza il processo educativo. E’ chiaro che va intesa come il “com-porre”, cioè porre insieme, da parte dell’alunno, secondo il proprio gusto, i suoni e i ritmi appena conosciuti, così come analogamente può fare lo scolaro di prima elementare quando, per la prima volta, timidamente e semmai ortograficamente poco corretti, esprime i suoi primi ed originali pensierini. Ogni alunno è in grado di improvvisare una melodia con l’aiuto di semplici strumenti, oppure di creare e riprodurre dal nulla uno schema ritmico. L’importanza di questa esercitazione didattica sta nella possibilità di evidenziare nella mente dell’allievo le sue capacità espressive in un linguaggio universale e di imparare a trarre da sé il frutto originale della sua creatività. Ricordiamoci che la scuola dell’obbligo non deve educare “alla musica” bensì “con la musica”. Ciò vuol dire che il fine di questo insegnamento non esclude la possibilità di formare anche qualche musicista, ma in primo luogo mira, sostanzialmente, alla formazione della persona umana.
Voce che parla, voce che canta, voce che ride, piange, grida: la vocalità umana è di per sé stessa un universo musicale. Schopenhauer2 diceva che “Nessun suono va all’anima, muove le passioni ed esalta la sensibilità come la voce umana; la parola va alla mente e all’intelligenza ma il suono della voce va al cuore”. Fondamentale, quindi, è cantare insieme. Cantando ogni alunno “fa” musica, diventa protagonista e ciò è di fondamentale importanza ai fini educativi, che poi non sono altro che quelli di far prendere coscienza all’educando dell’interdipendenza delle varie parti del coro e quindi dell’importanza di ogni singola voce. La voce è costituita dall’insieme dei suoni originati a livello di laringe con il concorso di tre apparati:
Il canto non è altro che modulazione della voce in una continuazione di suoni che nel loro insieme costituiscono uno sviluppo melodico. I suoni bassi trovano risonanza nella cavità toracica mentre, salendo verso gli acuti, la risonanza si ha al di sopra della laringe, fino alla cavità boccale e nasale, stabilendo le zone di contrasto timbrico corrispondente alle voci o registro di “petto” e di “testa”. Dovendo far cantare dei ragazzi (voci bianche) occorre educarli subito a contenere l’emissione forzata dei suoni, vale a dire a non gridare e ciò si potrà ottenere impostando il canto sulla voce di testa. Cantare senza forzare facilita l’autocontrollo dell’emissione e nel contempo l’intonazione, dovuta ad un più attento ascolto di sé e degli altri nelle esecuzioni corali. E’ utile vocalizzare con la sillaba “nu”e iniziare con il “pian(p)” per poi passare al “mezzo forte(mf)” e al “forte(f). Occorrerà distinguere, tra le voci bianche, quelle dei maschi da quelle delle bambine. Quest’ultime si caratterizzano per un timbro più sottile, mentre la voce dei maschietti è più penetrante. Utile è poter riascoltare l’esecuzione che permette di evidenziare pregi e difetti. In genere sono da preferire melodie diatoniche,mentre sono da evitare gli intervalli cromatici persistenti, le dissonanze armoniche, le note lunghe o ripetute. Importantissima è anche la corretta pronuncia delle parole. La scelta del repertorio dei canti deve tener presente i principi pedagogici in quanto il canto deve:
Secondo il parere di molti studiosi la preferenza spetta ai canti popolari, ricchi di significati educativi che sgorgano dall’anima popolare e perciò più vicini al modo di “sentire ” del bambino. E’ opportuno che la scelta, l’analisi dei brani sia fatti in collaborazione con gli allievi sulla base di una discreta “rosa” presentata dall’insegnante, selezionata secondo ovvi criteri di opportunità, in rapporto all’età dei discenti, alla classe frequentata, all’ambiente naturale, socio-economico, alle possibili correlazioni interdisciplinari, alle mille altre occasioni offerte quotidianamente dalla cronaca, dalle abitudini, dalle festività ecc… . L’insegnamento degli elementi della notazione musicale acquista un vero contenuto educativo quando si colloca come risposta al bisogno degli allievi di penetrare i segreti della grafia musicale da utilizzare sia in vista di una più consapevole esecuzione, sia per una eventuale personale proposta creativa sotto forma di improvvisazione ritmico – melodica. Questo è indubbiamente il momento più impegnativo ,ma d’altronde la simbolizzazione musicale non è cosa diversa da quella matematica o linguistica, anzi potrebbe fornire alla maturazione intellettuale del bambino una risorsa risolutiva. Agli strumenti, infine, si deve giungere ricostruendo le esperienze che hanno portato alla loro costruzione, percuotendo, sfregando, agitando, soffiando, pizzicando, i più svariati materiali nei modi più diversi, così che l’alunno si renda conto dell’inventiva musicale presente non solo nei popoli più evoluti ma anche nelle più povere comunità della Terra. Per aiutarli a riconoscere poi i vari strumenti e quindi i vari timbri si potranno far ascoltare :
(1) In merito alla filosofia di Dewy: “La filosofia e la pedagogia di John Dewy” di Alberto Palmucci. (2) In merito alla filosofia di Schopenhauer: ” Il mondo come volontà e rappresentazione di Arthur Schopenhauer”.Titolo originale: “Die weet als wille und vorstellung” ed.integrale. Traduttore Giani G. C. Editore Newton Compton.
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