Il ministro Carrozza:
«Un miliardo a scuola e ricerca»
di Eugenio Bruno,
Il Sole 24 Ore
13.8.2013
Verificare come sono andati i programmi per l'utilizzo dei fondi
europei. Puntare all'empowerment dei giovani. Reperire un miliardo
per la scuola, l'università e la ricerca. Sono le tre leve che il
ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, chiede di azionare
per rendere il nostro sistema più competitivo e al tempo stesso più
attrattivo. Passando anche dall'introduzione di un vero credito
d'imposta per le imprese. «Perché i cittadini – sottolinea l'ex
rettore della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa – devono capire che
non c'è solo l'Imu». E anche perché «non c'è un'opzione B».
I dati sull'utilizzo dei fondi Ue per la
ricerca dicono che abbiamo speso poco più dell'8% e siamo solo
quarti in Europa. Che impressione trae da quei numeri?
La mia impressione è che le nostre prestazioni non siano state
all'altezza del valore dei nostri enti di ricerca e delle nostre
università. Occorre migliorare dal punto di vista
dell'organizzazione della ricerca e aumentare sia il numero che la
qualità dei nostri ricercatori. Il mio obiettivo è fare del
2013-2014 l'anno accademico dei giovani ricercatori. Per questo
dobbiamo concentrare le risorse sui progetti a cui i giovani possono
accedere. Ad esempio, bisogna dare la massima priorità al Firb (il
Fondo per la ricerca di base, ndr).
Con quali mezzi?
Le risorse le stiamo verificando ma dovrebbero essere circa 48
milioni. In più abbiamo lavorato per riportare il turn over al 50% e
questo è un successo del Governo Letta. Ma ora è importante favorire
una politica complessiva per i giovani ricercatori. Faremo una linea
di indirizzo su come andranno realizzate le pubblicazioni. Diremo
che verrà premiato chi firmerà le pubblicazioni senza il supervisore
di dottorato dimostrando di essere indipendente. È un sistema già
adottato nell'European Research Council dove i ricercatori devono
dare prova di saper pubblicare da soli. Anche nel valore dei
progetti di ricerca terremo conto dell'indipendenza e dell'autonomia
dimostrate. E privilegeremo gli atenei e i centri di ricerca che
hanno ricercatori come responsabili e coordinatori di progetti. I
giovani devono diventare i protagonisti della riscossa. Dobbiamo
lavorare per renderli più indipendenti come avviene all'estero. La
nostra fuga di cervelli è anche legata al fatto che all'estero i
ricercatori sono più liberi e l'ambiente li responsabilizza di più.
Dai numeri emerge una migliore capacità di
spesa nei progetti che coordiniamo. Ma per coordinarli dobbiamo
essere più credibili agli occhi di Bruxelles. Come?
Abbiamo da poco nominato i nostri delegati nel comitato del prossimo
programma Horizon 2020. Mi impegno a riceverli una volta al mese e
mi diranno come possiamo muoverci. Tra l'altro abbiamo scelto
persone che già conoscono il mondo imprenditoriale. Il contatto con
le imprese è fondamentale. Non solo con le grandi ma anche con le
piccole e le medie. Qui sarà importante anche il ruolo delle
università e degli enti di ricerca che dovranno fare da raccordo. È
tutta la filiera infatti che va attivata.
Anche con il credito d'imposta che le
imprese chiedono da anni?
Certo. Ma deve essere un credito d'imposta vero e che funzioni. Non
un click day. È il momento di dire che non si può parlare solo d'Imu.
I cittadini devono capire l'importanza della ricerca e
dell'innovazione. Ne va della capacità del nostro sistema produttivo
e dell'attrattività dei capitali stranieri. C'è un termine che mi
piace molto. Ed è l'empowerment dei giovani. Bisogna far sì che i
ragazzi guidino il sistema. Come nel Dopoguerra anche oggi tocca ai
trentenni fare ripartire l'Italia.
Ci sono le condizioni politiche per
riuscirci?
Su questi temi in Consiglio dei ministri e in Parlamento c'è un buon
clima. Forse è più difficile farli passare nelle università e negli
enti di ricerca. Ma è un segnale che va dato ai cittadini. Per
questo mi chiedo: perché non cercare un miliardo per fare ripartire
la scuola, l'università e la ricerca? Puntare sul capitale umano è
l'unica via per uscire dalla crisi.
Prima ha citato Horizon 2020. In quel
programma i fondi per la ricerca aumenteranno almeno del 20 per
cento. Nei prossimi sette anni riusciremo a migliorare le nostre
performance di spesa?
Non c'è un'altra opzione. È un punto di vita o di morte del nostro
sistema. O miglioriamo i tempi e la qualità dei progetti e aiutiamo
i giovani ricercatori a essere all'altezza dei loro colleghi o
perdiamo il treno. Non c'è un'opzione B.