Lingua straniera nella scuola secondaria Elio Gilberto Bettinelli ScuolaOggi 3.9.2012 Al termine dello scorso hanno scolastico ha suscitato interesse e perplessità la C.M. 48 del 31 maggio 2012. In relazione all'esame di stato conclusivo del primo ciclo, vi si ribadiva che non dovevano sostenete l’esame scritto e orale della seconda lingua straniera “quegli studenti che si avvalgano delle ore di seconda lingua comunitaria per il potenziamento della lingua inglese o per il potenziamento della lingua italiana”. Si tratta di opportunità, in particolare per gli alunni stranieri dei quali qui ci occupiamo, che nelle scuole si ha difficoltà a realizzare per carenza di risorse per lo più, sembrerebbe, ma forse anche per disattenzione. Da ciò discende la reazione di molti che hanno criticato la tempistica della circolare: sarebbe insomma arrivata troppo tardi, avrebbe dovuto essere pubblicata all'inizio di anno scolastico. Quest'anno tutti sono comunque avvertiti della possibilità per tempo. Resta certamente il problema delle risorse professionali attivabili per realizzare le due opportunità offerte dalla norma. In particolare per quanto attiene le due ore settimanali di italiano, sarebbe necessaria una direttiva che contemplasse una certa flessibilità organizzativa oltre che garantire la disponibilità di risorse professionali. Ma ancor prima, sarebbe utile conoscere le scelte effettuate dalle scuole al riguardo della seconda lingua straniera e della sua eventuale sostituzione. Non sappiamo infatti quanto la chiarezza della norma trovi riscontro nella pratica delle scuole, mentre non pochi segnali ci dicono di un proliferare di "rimedi" molto italici. Quando agli alunni stranieri non si riesca, o non si pensi, ad assicurare un percorso alternativo di due ore settimanali di italiano per tutto l'anno scolastico o l' ampliamento della lingua inglese, non resta che "sottoporli" all'esame della seconda lingua comunitaria al quale vengono "preparati" in modo sommario e nozionistico. In altri casi si chiede agli alunni di esprimersi nella propria L1, se vi sono insegnanti in grado di interloquire in qualche modo, sostituendo così l'esame della seconda lingua straniera alla quale viene comunque attribuita la valutazione. Si tratta appunto di arrangiamenti e rimedi opinabili per quanto comprensibili e "a fin di bene". Diversamente si chiede agli alunni stranieri comunque l'ingente impegno, particolarmente gravoso per chi è giunto in Italia da uno o due anni, di apprendere una lingua straniera mentre ancora sta apprendendo l'italiano e che pertanto non è seconda , ma terza quando non quarta. In ogni caso si ignorano formalmente le competenze linguistiche possedute per perseguirne e valutarne altre, anche quando ciò possa creare reali situazioni di difficoltà. E' giunto forse il tempo di riconoscere, davvero e non solo con dichiarazioni che valorizzano plurilinguismo e intercultura, le lingue conosciute già da molti ragazzi e bambini, spesso mantenute e sostenute dalle famiglie anche mediante l'iscrizione a corsi extra scolastici. Del resto in questa direzione si muovono sia la Guida per lo sviluppo e l'attuazione di curricoli per un'educazione plurilingue e interculturale (Consiglio d'Europa 2010) sia le recenti bozze delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo. Si tratta allora di muovere passi concreti in questa direzione. Il primo potrebbe appunto consistere nell'attribuire formali crediti linguistici per la competenza nelle lingue di origine che sostituiscano la seconda lingua comunitaria insegnata nella scuola. Altri passi sono possibili, quali il raggruppamento, pomeridiano per alcune ore o periodi, di ragazzi di diverse scuole in centri dove si sviluppino percorsi di lingue comunitarie di cui si ha già la disponibilità di insegnanti abilitati, in primo luogo lo spagnolo e il portoghese ma anche il rumeno e altre lingue europee. Certamente la prescrizione normativa delle lingue comunitarie esclude le lingue di origine degli alunni che tali non sono. Anche qui tuttavia è giunto il momento di una riconsiderazione, come auspicato nel documento del 2008 “Una sfida salutare. Come la molteplicità delle lingue potrebbe rafforzare l’Europa”, elaborato da una gruppo di intellettuali presieduto da Amin Maalouf su iniziativa della Commissione Europea. Mi pare che si possano oggi avviare esperienze "sperimentali" a largo raggio, che tengano conto delle specificità linguistiche locali, delle risorse e competenze del territorio (centri culturali stranieri e associazioni che si occupanti di lingue e culture ecc.) mediante accordi e convenzioni con le istituzioni scolastiche e, per le parti di loro competenza, enti locali. |