Nuovi concorsi, solita confusione

inviato da Luigi Mandolini*, 5.9.2012

Non vi è dubbio che in merito ai futuri concorsi inneggiati dal Ministro Profumo sia stato già scritto tantissimo, a riprova del fatto che sull’argomento aleggi una certa confusione, dovuta a una serie ormai incalcolabile di “indiscrezioni” fuorvianti e poco credibili, anche ad opera del Ministro stesso. In questo documento tentiamo di analizzare alcuni dei paradossi più evidenti riguardo alla questione, offrendo al Ministero, alle Organizzazioni Sindacali e alla stampa un punto di vista diverso, quello dei lavoratori della scuola, coloro che dovrebbero sostenere questi concorsi e che si aspetterebbero quindi un modo di operare meno propagandistico e più rispettoso della loro professionalità. Perché solo agendo nel rispetto dei cittadini uno Stato può definirsi davvero democratico. Esponiamo di seguito i nostri rilievi, nella speranza che il Ministero ne prenda atto; noi che la scuola la conosciamo da molto tempo non possiamo infatti concepire che le nostre argomentazioni, così evidenti, non balzino all’occhio di chi dovrebbe amministrarci.

 

1. La questione del numero dei posti disponibili per le assunzioni 2013: i conti non tornano.

Riguardo a questo aspetto, dopo una serie di dichiarazioni anche contraddittorie tra loro, il Ministro rilascia un’intervista al quotidiano “La Repubblica”, pubblicata il 1° settembre scorso. Dal testo dell’intervista si evince chiaramente che il Ministro programma per l’anno prossimo 24000 nuove assunzioni nella scuola, da suddividere a metà tra Graduatorie a Esaurimento (12000 posti) e Graduatorie di Merito del nuovo concorso (12000 posti). Pur non essendo dei matematici, i conti son presto fatti: quest’anno, come da prospetto pubblicato dal Miur assieme al contingente di ripartizione delle immissioni in ruolo, le cattedre disponibili per noi docenti erano 33468 con 8454 esuberi, quindi le cattedre disponibili per le assunzioni erano di fatto 25014. Di queste 25014, 20964 cattedre sono state date a ruolo (abbiamo sottratto le cattedre del personale educativo, che sembrerebbe essere escluso dai futuri concorsi); effettuando un’altra semplice sottrazione, al netto delle assunzioni 2012 rimarranno disponibili per il prossimo anno 4050 cattedre al 31 agosto (gli 8454 esuberi resteranno una “zavorra” anche l’anno prossimo, quindi li detraiamo in partenza). A questo punto per far quadrare i conti (24000) ci dovrebbero essere circa 20000 pensionamenti al 1° settembre 2013, un numero a nostro avviso nemmeno lontanamente verosimile. Da una parte infatti, la riforma Fornero (art. 24 Legge n. 204/2011) impedirà a tantissimi docenti di andare in pensione e quindi il numero dei collocati a riposo subirà un calo vertiginoso, dall’altra l’art. 19 della Legge Sviluppo 2011 (Legge 111/2011) impedisce al Ministero di incrementare l’organico di diritto, che non può superare quello dell’a.s. 2011/2012 (i posti in teoria ci sarebbero anche, ma il Ministero non può per legge inserire in organico di diritto le circa 50000 cattedre in organico di fatto – secondo stime effettuate dalla Flc-Cgil – coperte ogni anno con contratti al 30 giugno). Se poi consideriamo che il Ministro, come leggiamo nel testo dell’intervista, intende coprire nei prossimi anni il turnover (idea tra l’altro di cui il Ministro non dovrebbe assumersi il merito, visto che questa è la filosofia sottesa al Decreto Interministeriale del 3 agosto 2011, il piano triennale varato dall’ex-Ministro Gelmini), sembrerebbe addirittura che ci dovremmo aspettare ben 24000 pensionamenti per il prossimo anno scolastico, un numero ancora meno credibile; aggiungiamo infine che, se anche i docenti appartenenti alla tristemente nota “Quota 96” (cfr. ddl n. 3361 Ghizzoni – Bastico) dovessero riuscire ad andare in pensione (o grazie ai ricorsi, o grazie a una magnanima concessione da parte del Governo), si parlerebbe di massimo 3500 posti liberati (e quindi i pensionamenti al 1° settembre 2013 dovrebbero essere comunque almeno 20000). Il ministro, inoltre, parla di ulteriori 10.000 assunzioni previste in primavera (2014? L’articolo non è chiaro, immissioni ad anno scolastico in corso?), metà da graduatoria a esaurimento e metà da un nuovo bando, per cui ci si dovrebbe aspettare ulteriori 10000 pensionamenti al 1° settembre 2014? I conti davvero sembrano non quadrare. Concludiamo questo primo punto sottolineando un aspetto che il Ministro sembra aver dimenticato e cioè che il numero annuale delle immissioni in ruolo è peraltro vincolato al parere del MEF (Legge 449/97) e che quindi nessuno può stabilire con addirittura un anno (o addirittura due) di anticipo quanti posti saranno effettivamente approvati per le assunzioni future. A quanto pare, i “numeri” del Ministro sembrano essere non proprio realistici, al contrario della montagna di ore di studio che dovremo dedicare alla preparazione del concorso (quelle sì che sono realistiche), un impegno ancora più gravoso se consideriamo che molti dei candidati saranno anche insegnanti a tempo pieno e che quindi dovranno cercare di conciliare studio e vita professionale. Se il Ministero non chiarirà questa posizione, moltissimi docenti, spinti da dichiarazioni superficiali e inverosimili, rischieranno di studiare invano.
 

2. Il concorso, definito come uno strumento “modernissimo”, non risolverà affatto il problema del precariato; tutt’altro, lo aggraverà ancor di più.

Sempre nell’intervista rilasciata a “La Repubblica”, il Ministro elogia lo strumento concorsuale, tanto da sperare che questo ritorni ad essere una consuetudine nel nostro Paese per il reclutamento docenti. A suo parere infatti, coi concorsi verrebbe risolto il problema del precariato, che da sempre stigmatizza la categoria dei docenti. Il Ministro demonizza invece il reclutamento da graduatorie, considerandolo frustrante e precarizzante. A questo riguardo facciamo notare che coi concorsi nulla cambierà, se non in peggio, per i futuri docenti. La vera origine del precariato non è da individuare tanto nello strumento utilizzato, le graduatorie, bensì nelle assurde politiche finora perpetrate che hanno portato a delle vere e proprie abilitazioni “selvagge”. Il precariato ha origine infatti dalla discrepanza tra posti disponibili (sempre pochi) e numero di candidati abilitati (sempre troppi). E questa filosofia precarizzante non ha subito alcuna inversione di tendenza col Ministero Profumo, visto che abbiamo appena assistito all’attivazione di percorsi abilitanti anche per insegnamenti in evidente sofferenza a causa dei tagli operati dalla riforma Gelmini (se poi pensiamo all’intenzione del Ministro di attivare TFA “speciali”, senza selezione in ingresso, per quei docenti non abilitati, ma che da anni lavorano nella scuola pubblica, il numero di abilitati, e di potenziali precari, al termine del primo ciclo TFA sarà davvero preoccupante). I nuovi precari cambieranno solamente “parcheggio”, dalle graduatorie a esaurimento alla II fascia delle graduatorie d’istituto, da dove tenteranno con ogni mezzo di mettere le mani su un contratto a tempo determinato, anche per poche ore. I posti disponibili in organico di diritto, e quindi anche i posti eventualmente messi a bando per gli eventuali concorsi, saranno sempre pochissimi, a differenza dei posti in organico di fatto (in vertiginoso aumento), su cui lavoreranno docenti a tempo determinato dalla II fascia delle graduatorie d’istituto. E questi docenti non saranno forse precari? A nostro avviso lo saranno ancora di più: il numero degli abilitati crescerà di anno in anno visto che il Ministero non è intenzionato ad attivare i TFA sulla base dell’effettivo fabbisogno; e questi nuovi docenti, che dopo anni di servizio avranno acquisito qualifiche e competenze, potrebbero ripetere per anni e anni il concorso a causa del limitato numero di posti banditi, pur superando brillantemente le prove. E noi tutti ci chiediamo a questo punto: questa condizione non sarà forse ancora più frustrante di quella dei precari storici inseriti in graduatoria a esaurimento? La risposta per noi tutti è scontata, così come la creazione di un nuovo esercito di precari.

 

3. Chi potrà partecipare al nuovo concorso?

La questione è già stata affrontata in un intervento di Orizzontescuola del 25 agosto scorso; come giustamente sottolinea il sito specializzato, la normativa di riferimento è costituita dalla Legge 341/90 e dal Decreto Interministeriale 460/98. In pratica l’abilitazione risulta essere il requisito fondamentale per accedere alle procedure concorsuali, ma per legge potrebbero essere ammessi al concorso anche candidati sprovvisti di abilitazione nel caso in cui non ci fosse un numero di candidati pari a tre volte i posti messi a bando. L’ammissione di candidati non abilitati potrebbe essere verosimile infatti per alcune classi di concorso con graduatorie esaurite o quasi in molte zone d’Italia (A033, A059, A445, A020, A039, A446), per cui molti docenti iscritti al Sud (dove queste graduatorie non sono di certo esaurite, ma consentono comunque ai docenti iscritti di lavorare ogni anno) potrebbero tranquillamente decidere di non partecipare al concorso, soprattutto per motivi logistici e a causa del vincolo quinquennale imposto dalla Lega lo scorso anno, permettendo quindi l’ammissione dei soli laureati alle procedure concorsuali. Noi tutti ci chiediamo come un concorso permeato da una presunta idea di “merito” (che noi docenti sappiamo benissimo, proprio per la peculiarità della nostra professione, non essere più riconducibile come in passato a un mero bagaglio di conoscenze disciplinari) possa generare vincitori che non abbiano seguito un rigoroso percorso di formazione. E aggiungiamo che questi candidati potrebbero tranquillamente piazzarsi alle prime posizioni, visto che il concorso misura le conoscenze, non le reali competenze che un insegnante acquisisce solo con anni di esperienza.

 

4. La questione della suddivisione dei posti a ruolo tra GaE e GM: le GaE avranno davvero il 50%?

Apprezziamo senz’altro le parole di chiarimento del Ministro, che ha rassicurato noi tutti sul fatto che le graduatorie a esaurimento non verranno cancellate e che continueranno ad essere utilizzate per le assunzioni. In questo caso sicuramente c’è stato un errore di interpretazione da parte dei giornalisti e dei tecnici della scuola, anche se forse è proprio questo errore che dovrebbe far riflettere il Ministero: viviamo ormai da troppo tempo in balia del Ministro “di turno”, che appena s’insedia stravolge tutte le carte in tavola, caricando i lavoratori della scuola di paure e di ansie. Ed è per questo (è una questione di rispetto) che si dovrebbe essere molto cauti quando si decide di rilasciare o di divulgare dichiarazioni; noi docenti siamo ormai esasperati, sempre sul “chi va là”, reattivi ad ogni minima avvisaglia di pericolo (un atteggiamento più che comprensibile, considerando i trascorsi).

Nonostante le rassicurazioni, noi docenti inseriti nelle GaE abbiamo tuttavia motivo di essere preoccupati, visto che la normativa di riferimento che regolamenta la suddivisione dei contingenti di immissione in ruolo tra GaE e GM, Il Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Testo Unico), prevede all’art. 399, commi 1 e 2:

 1. L'accesso ai ruoli del personale docente della scuola materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d'arte, ha luogo, per il 50 per cento dei posti a tal fine annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo alle graduatorie permanenti di cui all’art. 401.

2. Nel caso in cui la graduatoria di un concorso per titoli ed esami sia esaurita e rimangano posti ad esso assegnati, questi vanno ad aggiungersi a quelli assegnati alla corrispondente graduatoria permanente. Detti posti vanno reintegrati in occasione della procedura concorsuale successiva.

 

Considerando che un nuovo bando probabilmente coinvolgerebbe molti insegnamenti per cui risultano esaurite le GM dei precedenti concorsi, noi docenti ci chiediamo come debba essere interpretato l’art. 2: alle GaE sarebbe comunque riservata la metà dei posti assegnati a ruolo oppure verrebbero attivati meccanismi di compensazione per cui tutti i posti in più assegnati in questi anni alle GaE in seguito all’esaurimento della relativa GM verrebbero recuperati a favore dell’eventuale nuova GM? Ad oggi non siamo a conoscenza di alcuna interpretazione autentica della norma in questione e i precari inseriti in GaE si stanno da giorni ponendo il problema, visto che la loro iscrizione in graduatoria potrebbe non avere alcun valore per le immissioni in ruolo.

 

5. Le quote giovani: gli insegnanti “bravi” sono quelli senza esperienza?

Ci concentriamo qui su un altro paradosso, che ha lasciato noi tutti esterrefatti. Sempre in un articolo pubblicato da “La Repubblica” il 28 agosto leggiamo: “La procedura concorsuale - scrive il ministero - avverrà secondo modalità innovative per favorire l'ingresso nella scuola di insegnanti giovani, capaci e meritevoli. Scorrendo l’articolo, leggiamo anche: “Durante le scorse settimane, tuttavia, lo stesso Profumo ha ventilato l'ipotesi di riservare una quota (il 10/15 per cento) dei posti disponibili per la prossima tornata di concorsi secondo la vecchia procedura”.

A prescindere dal fatto che la normativa sui concorsi pubblici non prevede alcuna quota riservata (e forse c’è anche una ragione, visto che le parole “concorso” e “favorire” mal si conciliano), per cui i ricorsi qui sarebbero a dir poco scontati, noi tutti ci stiamo chiedendo il perché di tanta parzialità a favore dei giovani under 30 e soprattutto come sia possibile parlare di “merito” e contestualmente di canali preferenziali riservati a una precisa fetta di candidati.

Andiamo però ad analizzare l’idea di fondo che soggiace a questa proposta delle quote giovani: è plausibile pensare che i “docenti” under 30, senza aver mai messo piede in aula, siano davvero più competenti e meritevoli di tanti precari over 30, che da anni ormai prestano servizio nella scuola pubblica? Noi non lo riteniamo possibile. E non ci vuole nemmeno molto a dimostrarlo: chiunque stia leggendo questo intervento e che abbia alle spalle un’esperienza lavorativa ormai pluriennale può porsi la seguente domanda: “Ero più bravo durante il mio primo anno di lavoro o sono più bravo ora dopo anni di esperienza sul campo?”. Anche in questo caso la risposta sembra scontata. D’altronde in un momento di crisi come quello che stiamo attraversando, chi è stato messo a capo dei vari ministeri del governo tecnico per risollevare le sorti del nostro Paese? Giovani under 30, oppure persone di una certa età, con una grande esperienza sul campo e qualificate? Perché la scuola dovrebbe costituire un’eccezione, per cui chi ha meno esperienza dovrebbe essere per assurdo più competente? A ben guardare, forse sarebbe il caso di istituire una “quota anziani”. 

 

6. Il paradosso della spesa: se siamo in crisi, non sarebbe meglio investire le scarse finanze pubbliche disponibili per stabilizzare qualche precario in più?

Questa è un altro dei misteri che più ci lasciano perplessi. Dalla fine dello scorso anno sentiamo parlare di crisi, risparmio, sacrifici, rigore, austerity. Eppure il Ministero non si fa scrupoli a richiedere al MEF la copertura finanziaria per un bando di concorso su scala nazionale, che di certo comporterà aggravi di spesa a carico dello Stato (cioè a carico di noi contribuenti). Ci chiediamo tutti: le varie commissioni d’esame chiamate a valutare le prove non dovranno essere pagate? E tutto il materiale di cancelleria necessario per l’espletamento delle prove non avrà un costo? Non ci stupisce a questo proposito che, a meno di tre settimane dalla presunta pubblicazione del bando, il MEF tentenni ad approvare la copertura finanziaria. A ben guardare, le stime pubblicate da diversi quotidiani indicano una spesa colossale, pari a 150 milioni di euro (un po’ eccessiva in tempo di crisi). La stessa cifra potrebbe essere tranquillamente utilizzata per stabilizzare un numero maggiore di precari, magari sbloccando l’organico di diritto.  

 

Sulla base delle considerazioni qui esposte, noi docenti precari abbiamo motivo di pensare che non solo il nuovo concorso non risolverà affatto il problema del precariato (anzi, lo aggraverà ancora di più), ma che vi siano anche molti aspetti “oscuri” da chiarire, incertezze da cui potrebbero scaturire conseguenze anche molto pesanti per la nostra vita privata e  professionale, per non parlare dei ricorsi che il Miur dovrebbe fronteggiare, visto che questi spuntano ogni qual volta vi sia un “cono d’ombra” legislativo. Noi docenti precari

 

CHIEDIAMO

 

quindi al Ministero di non bandire alcun concorso; considerati infatti i presupposti e la superficialità dimostrata nell’affrontare la questione, questo bando porterà solo guai (sfidiamo tutti a confutare le argomentazioni qui esposte). 

Il Ministro sostiene che i suoi concorsi “saranno puliti e porteranno i vincitori a una cattedra” e, rispondendo alle polemiche generate dal recente concorso per Dirigenti Scolastici e dai test preselettivi TFA, che “la prossima prova sarà inattaccabile”. Noi la scuola la conosciamo da un pezzo: visti i presupposti, sappiamo che così non sarà. E in mezzo a dichiarazioni contraddittorie e demagogiche, quote giovani, posti a bando che sembrano frutto di magia, abilitazioni selvagge, tagli, continui ricorsi, molti di noi stanno già pensando a come fare per “restare a galla” dopo l’ennesima “burrasca”.

 

Gruppo Facebook “Difendiamo il piano triennale di immissioni in ruolo”

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