Non restino “lettera morta”
le Linee Guida sull’Integrazione
Lo chiede a tutti i Dirigenti Scolastici del
proprio territorio lo Sportello Regionale per l’Inclusione
Scolastica dell’ANFFAS Veneto (Associazione Nazionale Famiglie di
Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), con una
lettera che costituisce un documento da valutare con attenzione
anche in tutte le altre Regioni d’Italia
di
Lilia Manganaro e
Maddalena Borigo*,
Superando
6.9.2012
A pochi giorni,
oramai, dall’avvio del nuovo anno scolastico, lo Sportello
Regionale per l’Inclusione Scolastica dell’ANFFAS
Veneto (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con
Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) chiede il rispetto della
normativa riguardante lo sviluppo e l’inclusione degli alunni con
disabilità, nelle Istituzioni scolastiche del proprio territorio, e
in particolare la corretta applicazione delle
Linee Guida Ministeriali sull’Integrazione Scolastica
dell’agosto 2009.
Lo fa con un’ampia lettera indirizzata a tutti i Dirigenti
Scolastici del Veneto, in cui si sottolinea, tra l’altro,
la consapevolezza dell’ANFFAS sul fatto che «il processo
dell’inclusione scolastica, in questo momento, attraversa una fase
critica a causa del contesto economico, sociale e politico». E
tuttavia, proprio per tale ragione, l’Associazione si dichiara
«particolarmente impegnata nel ribadire e difendere il ruolo
centrale dell’Istituzione scolastica che è il primo luogo di
formazione che una persona incontra dopo la famiglia. Il diritto
allo studio, costituzionalmente garantito, permette anche alla
persona con disabilità di assumere e svolgere un ruolo
attivo in ogni ambito delle relazioni sociali e proprio
l’esperienza di alunno incluso in una comunità educante permette di
costruire e realizzare un adeguato progetto di vita.
Una piena assunzione di responsabilità da parte dell’Istituzione
scolastica, condivisa con tutti i soggetti istituzionali
normativamente responsabili della presa in carico, permette alla
persona con disabilità il passaggio dalle potenzialità alle funzioni
(cognitive, comunicative, etc.) necessario al riconoscimento della
sua dignità individuale e sociale».
Ben volentieri riprendiamo integralmente un’ampia parte del
messaggio, a partire da sei punti critici, emersi
dal lavoro dello Sportello dell’ANFFAS Veneto, per concludere con l’appello
a «continuare a sostenere con forza i princìpi e le prassi
dell’inclusione scolastica, coinvolgendo in questo sforzo i Collegi
dei Docenti, i Consigli di Classe, i Comitati dei Genitori e gli
Enti Territoriali».
Si tratta a nostro avviso di un documento significativo e degno di
essere valutato con attenzione anche in tutte le altre
Regioni d’Italia.
In pieno spirito
collaborativo indichiamo di seguito, nel concreto, alcune delle
principali criticità rilevate dall’osservatorio del nostro Sportello
Regionale, in varie scuole del Veneto.
1. POF (Piani di Offerta Formativa d’Istituto)
Spesso i POF non
indicano «gli interventi da adottare», i «progetti da realizzare» o
le «indicazioni delle prassi didattiche che promuovono
effettivamente l’inclusione», come sancisce la normativa a
riferimento [Linee
Guida Ministeriali sull’Integrazione Scolastica
dell’agosto 2009, N.d.R.].
Il percorso di inclusione e sviluppo di una persona con disabilità
risulta tanto più efficace quanto più l’intera comunità scolastica è
in grado di programmare e coordinare le attività didattiche che
favoriscono i processi di apprendimento evitando meccanismi di
delega.
2. GLHI – Gruppi di Lavoro Handicap d’Istituto
Si rileva troppo
frequentemente la mancata costituzione nelle scuole dei Gruppi di
Lavoro Handicap d’Istituto, obbligatoriamente previsti per legge.
I GLHI sono spesso sottovalutati, inattuati, mentre costituiscono il
necessario terreno di confronto e l’humus per un’efficace
integrazione.
3. PEI – Piani Educativi Individualizzati
Risulta frequentemente
che il PEI non sia compilato con la necessaria sinergia
tra operatori sanitari, scuola e famiglia.
In molti casi si è osservato che si redige una semplice
programmazione didattica personalizzata per l’alunno con disabilità,
definendola impropriamente PEI, che non prevede il raccordo tra gli
interventi di scuola ed extrascuola per un progetto unitario
coerente.
Inoltre, accade che la programmazione sia poi predisposta solamente
dal docente assegnato alle attività di sostegno e “offerta”, solo
alla fine, e spesso a conclusione dell’anno scolastico, alla firma
della famiglia. Altre volte ancora la programmazione non viene
nemmeno presentata alla famiglia ed è quest’ultima
a doverla richiedere.
La normativa vigente impone l’elaborazione sinergica dei documenti
per l’inclusione, non come semplici atti burocratici, ma
come prassi che attiva processi di collaborazione,
progettazione e verifica degli interventi educativi e formativi.
4. Logica sistemica anziché delega al
docente di sostegno
Si è osservato che in varie situazioni le azioni didattico-educative
dell’alunno con disabilità sono demandate quasi esclusivamente al
docente assegnato alle attività di sostegno. In questo modo l’azione
inclusiva risulta già compromessa, in quanto non vi è una
piena presa in carico da parte dei docenti della
classe. La normativa di riferimento ammonisce sul pericolo che si
intenda l’insegnante di sostegno quale «figura professionale
specifica a cui demandare in modo esclusivo il processo di
integrazione», rammentando quanto appare «indispensabile che la
programmazione delle attività sia realizzata da tutti i docenti
curricolari, i quali, insieme all’insegnante per le attività di
sostegno, definiscono gli obiettivi di apprendimento per gli alunni
con disabilità in correlazione con quelli previsti per la classe».
Un primo, fondamentale passo avanti in questa direzione, sarebbe la
partecipazione ai corsi di aggiornamento-formazione
sui temi della disabilità e delle metodologie inclusive da parte dei
docenti e di tutti gli operatori scolastici, e non solo dei docenti
di sostegno.
5. Continuità didattico-educativa
Si rileva con grande
frequenza come, in particolare nel passaggio da un ordine di scuola
ad un altro, non siano poste in essere per tempo le azioni di
collaborazione tra gli operatori delle diverse istituzioni
scolastiche, necessarie per il coordinamento e l’integrazione dei
rispettivi interventi: il passaggio di documentazione tra una scuola
e l’altra risulta spesso tardivo o carente.
6. Collaborazione con le famiglie
È stato spesso rilevato
come le famiglie non trovino il necessario e comprensivo ascolto. Di
fronte a loro istanze, presentate dialogicamente, spesso la scuola
risponde sottraendosi al confronto e alla collaborazione.
L’attuale contesto normativo prevede espressamente la logica del
supporto alle famiglie nei vari aspetti relazionali: dalla
partecipazione alla formulazione del PEI e alla sua verifica, dallo
stimolare e al favorire il coinvolgimento nelle riunioni
istituzionali, sino alla puntuale consegna della documentazione. Una
collaborazione si realizza in uno spirito di pari dignità e
reciproco rispetto, a partire da una precisa informazione
dei rispettivi diritti e doveri. Purtroppo è ancora lontana l’idea,
soprattutto tra gli addetti ai lavori, che i genitori siano
portatori di una competenza specifica, di una
sapienzialità propria e insostituibile, da valorizzare e che questa
competenza “grezza” si debba integrare con quella degli esperti
formali.
L’appello
L’attuale crisi
economica e i recenti tagli operati anche nel settore della scuola
non sono motivi sufficienti ad eludere
l’applicazione delle normative e delle pratiche inclusive. Si
ritiene necessario appellarsi a tutti i Dirigenti
Scolastici affinché continuino a sostenere con forza i princìpi e le
prassi dell’inclusione scolastica, coinvolgendo in questo sforzo i
Collegi dei Docenti, i Consigli di Classe, i
Comitati dei Genitori e gli Enti Territoriali
preposti.
Il nuovo anno scolastico può diventare occasione di riorganizzazione
delle Istituzioni scolastiche che, nel migliorare le pratiche
inclusive, ripensano se stesse, con l’obiettivo di potenziare i
princìpi di valorizzazione delle differenze, di individuare i
percorsi di sviluppo e di coesione della propria comunità.
Lo Sportello Regionale ANFFAS rinnova la piena disponibilità
a collaborare per il miglioramento delle pratiche inclusive
nella scuola, attraverso un dialogo e un confronto costruttivo con
le Istituzioni (scolastiche ed extrascolastiche), per individuare
soluzioni efficaci, nel rispetto della normativa vigente, delle
reciproche competenze professionali e dei compiti istituzionali.
* Lilia Manganaro è
consigliera nazionale dell’ANFFAS e vicepresidente dell’ANFFAS
Veneto; Maddalena Borigo è presidente dell’ANFFAS Veneto. La
lettera ai Dirigenti Scolastici del Veneto, di cui abbiamo riportato
ampi brani, è stata scritta a nome dello Sportello Regionale per
l’Inclusione Scolastica dell’ANFFAS Veneto.