I nostri laureati emigrano? di Vincenzo Pascuzzi, 6 9.2012
In Usa lavorano 15mila
docenti universitari e ricercatori italiani. «All’estero siamo
apprezzati» conclude compiaciuto il nostro ministro Profumo. E' del
tutto ovvio che docenti e ricercatori siano apprezzati, altrimenti
non lavorerebbero! Starebbero, magari disoccupati o precari, in
Italia. Non si vede il motivo del compiacimento del ministro, in
assenza di altrettanti ricercatori statunitensi o esteri che
lavorano in Italia. Lo stesso ministro ha osservato recentemente (il 15 giugno, a Brescia) che «molte nostre scelte sono fatte sulla base di sensazioni» e ciò che manca è una cultura dei dati. Intervistato oggi, Profumo spaccia come dati "dati" la seguente affermazione: "Quando i nostri ragazzi vanno all'estero, sia durante i percorsi delle scuole superiori sia durante l'università, sono sempre i migliori."
Può darsi che stasera,
alla festa del Pd a Pisa il ministro Profumo precisi meglio il suo
pensiero e giustifichi le sue recenti affermazioni.
Nonostante i numeri
dicano che i nostri studenti non eccellano negli studi come altri
colleghi europei, i nostri connazionali all’estero, soprattutto nel
campo della ricerca, sono stimati e apprezzati. «Gli altri, con il
confronto, ci dicono che il nostro sistema formativo è molto buono»
- ha spiegato Profumo - «I nostri studenti e i nostri ricercatori
sono bravissimi quando vanno all'estero. Negli Usa ci sono 15mila
nostri connazionali che lavorano nel mondo accademico. Il nostro
sistema formativo e della ricerca non è così male».
È una fuga che si paga
anche in termini economici, quella dei nostri migliori cervelli. E
se il calcolo non è facile, il danno prodotto da questa emorragia
negli ultimi 20 anni è stato stimato in 4 miliardi di euro, una
cifra pari all’ultima finanziaria.
Risposta di Profumo.
«Mi limito a indicare alcuni dati [?!]. Quando i nostri ragazzi
vanno all'estero, sia durante i percorsi delle scuole superiori sia
durante l'università, sono sempre i migliori. Io credo che il nostro
sistema scolastico sia molto più formativo e meno informativo di
altri. È un valore che dobbiamo conservare». |