Adeguarsi all’Europa è il leitmotiv
di Pasquale Almirante La Tecnica della Scuola, 15.9.2012 Su quali basi culturali, didattiche ed educative pecchiamo o siamo più indietro o in posizione subalterna rispetto al resto d’Europa? Se nella passata legislatura ogni cambiamento e aggiunta di virgola a una normativa o a una legge era di portata “epocale”, con quella attuale invece similari riforme, con relativo spostamento di virgola, sono di portata europea. E dicendo ciò avvertiamo l’istruzione Europa come una sorta pietra angolare mediate la quale spostiamo i blocchi dei nostri istituti scolastici sui tracciati architettonici indicati da una scuola estera della quale però oggettivamente conosciamo poco, benchè il ministro dell’Istruzione Profumo non perda occasione per dirci che i nostri studenti sono i più bravi del mondo, con dimostrazione evidente sia quando vanno oltre confine e sia quando ricevono dall’oltre confine. Cosa voglia dire dunque adeguarsi alla scuola europea non è dato sapere, tranne che il riferimento vada alla dematerializzazione dei processi e delle procedure amministrative, con l’obiettivo di liberare aule e segreterie scolastiche da faldoni e fotocopie, così come il decreto sulla spending rewiev intende fare e così come il ministro Profumo ha annunciato nei giorni scorsi. Ma è un riferimento strano, perché i paesi di cultura occidentale dispongono quasi a livello capillare di collegamenti internet e di banda larga, tecnologie che da noi stentano ad avanzare e che comunque non coprono tutta la Nazione e in modo particolare il Sud. Per cui adeguarsi all’Europa significa innanzitutto raggiungere e colmare al più presto questa evidente distanza, che significa pure non vanificare gli sforzi che scuole, docenti, alunni e famiglie dovranno affrontare per non rimanere indietro con la digitalizzazione dei registri scolastici e delle pratiche burocratiche connesse. Più che la scuola, che nella fattispecie è solo una parte burocratica delle burocrazia dello Stato, dovrebbe essere lo Stato stesso, coi suoi organismi, ad adeguarsi all’Europa, lasciando dunque fuori l’istruzione che ha altro cui pensare. E se tale dematerializzazione della scuola ha poco a che fare con l’Europa (e comunque rimane sempre un fatto di arretratezza tecnica che coinvolge non solo l’istruzione), dove riscontra il ministro Profumo il punto focale per adeguare il nostro sistema di formazione e di istruzione con il resto del vecchio continente? In altri termini: su quali basi culturali, didattiche ed educative pecchiamo o siamo più indietro o in posizione subalterna rispetto al resto d’Europa? In Francia, il ministro dell’istruzione vuole implementare come materia di studio obbligatoria nelle scuole la “Morale laica” che, secondo le sue spiegazioni, sarebbe da contrapporre alla corrente morale e un modo per ufficializzare da parte del Governo francese ”il potere spirituale” esercitato dalla scuola nella società, assumendo quindi esso stesso una morale, quella laica appunto.
Se allora l’esempio che dovremmo prendere dall’Europa riguarda
questi aspetti, crediamo fermamente che la questione non ci
interessi, come non interessa avere uno Stato che imponga una sua
morale. Se invece i riferimenti di adeguamento all’Europa riguardano
le differenze di preparazione culturale che i sondaggi Ocse-Pisa
hanno messo in luce, allora il discorso cambia, ma occorre esaminare
bene i risultati. Ed essi dicono che gli alunni della scuola
elementare sono molto più avanti dei loro coetanei europei,
contrariamente agli alunni della media e della secondaria. E un
motivo ci deve pur essere e che non è certamente rintracciabile
nella maggiore dedizione o preparazione dei maestri, oppure nella
meno propensione di bambini alla strafottenza. E guarda caso la frattura con l’Europa inizia proprio dalla secondaria di secondo grado e per alzarsi via via sempre di più. Bene, se un raffronta va fatto con l’Europa e all’Europa dobbiamo guardare per adeguarci ad essa, la pietra angolare sta nel lavoro, nella distribuzione della ricchezza, nella giustizia sociale garantita a tutti i cittadini. La scuola registra con umiltà e in silenzio, oltre le assenze e i voti degli alunni, le contraddizioni più evidenti e insanate della società. |