Scuola

Concorso, non basta un quiz
a gestire un classe di trenta alunni

di Gianluca Zappa il Sussidiario 11.10.2012

La collega entra in sala professori. È una insegnante di educazione fisica. È giovane, se è lecito considerare tale una donna che ha da poco superato la quarantina, eppure ha già sulle spalle una lunga esperienza d’insegnamento. È una precaria della scuola sicuramente da più di dieci anni, è regolarmente abilitata, è un’ottima professionista, tra l’altro “figlia d’arte”: suo padre era a sua volta un docente di educazione fisica ed è stato dirigente provinciale del Coni. Insomma, l’amore per lo sport e per l’insegnamento le è stato trasmesso in casa ed è proprio questa la sua missione, la sua vocazione: il pomeriggio, nel tempo libero, è sempre in palestra o all’aperto, con i ragazzi, per avviarli all’atletica leggera.

In una parola, è la tipica insegnante motivata, innamorata del proprio lavoro, seria e professionale, una vera ricchezza per qualunque istituto. Ma, in quanto precaria, è destinata al Lascia o Raddoppia di Profumo, il concorsone scolastico che, com’è noto, probabilmente manderà avanti più che gli insegnanti veri gli accaniti lettori della Settimana enigmistica. È sgomenta, la mia amica, è in preda ad un senso d’impotenza. È una docente vera, non una quizzomane, e quasi quasi sta pensando di rinunciare al concorso. Non fa per lei. Vorrebbe essere valutata per come insegna, per come ha insegnato in tutti questi anni, per i risultati raggiunti, per l’apprezzamento ricevuto da studenti e famiglie. Lo sguardo è perso nel vuoto, mentre mi confessa tutta la sua rabbia, il disorientamento è totale. Non può essere che tutto venga rimesso in gioco da un giochetto di concorso. Non è giusto, non è umano.
Io, che in quanto di ruolo da anni non ho di questi problemi, sono nervoso quanto lei. Mi infastidisce soprattutto il silenzio rassegnato o interessato con cui si è dato praticamente il lasciapassare al quizzone di Profumo. Su una nuova legge elettorale (più necessaria dell’aria) le forze politiche si azzuffano da mesi e non riescono a prendere una decisione. Sul decreto anti corruzione (ancora più necessario) non c’è giorno che non si discuta, senza mettersi d’accordo. Ma sul costoso e inutile concorso di Profumo tutti zitti, tutti allineati, nessuno che alzi le barricate, nessuno che protesti. Anzi, è già partita la gioiosa macchina del business: sono iniziate le offerte di corsi e corsetti di preparazione; sono disponibili già migliaia di quiz per esercitarsi su cd e su internet; tra sindacati e associazioni della scuola è tutto un gran da fare, una vera mobilitazione. Nessuno che si fermi un attimo a chiedersi cosa sta facendo, cosa si sta facendo.

Gli statali della scuola, ha sostenuto il ministro, devono essere selezionati come gli altri statali. È una giustificazione che è solo un autogol: dimostra che il ministro non sa che chi lavora nella scuola non è un dipendente statale come gli altri. Il ministro non si rende proprio conto di cosa significhi gestire una classe di trenta alunni in una scuola media, oggi come oggi. Di certo non basta più il concorso a quiz e di certo i vincitori di un quiz non daranno a nessuno la garanzia di essere più capaci di chi ha anni di esperienza sulle spalle. Ridurre la professione di docente a quella di un qualsiasi impiegato è davvero inaccettabile. Ma questo è sotteso al concorso di Profumo. C’è qualcuno che ci ha pensato?

Bisogna rinnovare, bisogna svecchiare, bisogna cambiare, per risolvere i “mali della scuola italiana”! − è il refrain ripetuto da mesi. Inaccettabile, perché parte dal presupposto ingiurioso che gli attuali precari siano degli incapaci e degli incompetenti. Il che non è assolutamente vero. Se svecchiare significa sbattere fuori dalla porta una docente giovane, valida e navigata come la collega di cui ho parlato, che rinnovamento sarà? Si può rinnovare, certo, ma in peggio, non in meglio.

E poi, diciamocelo chiaramente: chi ha distrutto la scuola, in tutti questi anni? Non certo i docenti che vi si sono impegnati, ma certa politica e certo sindacalismo. I docenti, questa scuola “malata”, l’hanno tenuta in piedi, l’hanno puntellata, hanno fatto del loro meglio, nello sfascio e nel caos in cui è stata volutamente tenuta. E tra questi docenti i cosiddetti precari, tra l’altro regolarmente abilitati. Tutta un’intera fascia generazionale di professionisti dell’educazione dovrebbe essere ora letteralmente sacrificata per fare largo al nuovo che avanza.

No, non si può essere complici di tutto questo. Assicuro la mia solidarietà alla collega. Sto male per lei. Come si può chiudere gli occhi? Come si può restare zitti? Come si può essere consenzienti con il quizzone di Profumo? “The answer, my friends...”