I nodi da sciogliere
A proposito del DDL sull’autogoverno approvato alla Camera
di Antonio Valentino
Pavone Risorse,
23.10.2012
Il testo di legge sull’autogoverno delle Istituzioni Scolastiche
(IS) - unificato ed elaborato in sede legislativa e approvato il 10
ottobre u.s. con buon tempismo dalla VII Commissione della Camera -
dovrà ora essere discusso e approvato dal Senato prima di diventare
legge dello Stato.
Come si ricorderà, questo testo è il risultato di un percorso lungo
cominciato più di 4 anni fa, interrotto durante l’ultimo governo
Berlusconi e ripreso dalla VII Commissione agli inizi di quest’anno
con una visione per vari aspetti alternativa a quella precente, più
autoreferenziale e gerarchizzata.
Le novità
Il nuovo testo non presenta sostanziali novità rispetto a quello
licenziato alla fine di marzo e su cui si è sviluppato il dibattito
(in verità, piuttosto ristretto) nei mesi scorsi.
Tra quelle più significative si segnalano le seguenti:
-
Una definizione meno burocratica della funzione del Consiglio
dei Docenti. Il termine “tecnica” è sostituito da quello più
appropriato di “didattico-educativa”
-
La presenza di una rappresentanza del personale ATA nel
Consiglio dell’Autonomia (CdA)
-
Una presenza più marcata degli studenti nella vita degli OO.CC.
(per esempio nel Nucleo di valutazione; si prevede anche un
coordinamento regionale delle Consulte provinciali degli
studenti)
-
Una più netta configurazione del Consiglio di classe (Cdc)
“composto dai docenti di ciascuna classe, dai rappresentanti dei
genitori e nella scuola secondaria di secondo grado dai
rappresentanti di classe degli studenti”. Il testo precedente,
un po’ pasticciato, associava i Cdc a commissioni e
dipartimenti, in relazione al previsto “collegamento …con gli
organi che esprimono le posizioni degli alunni, dei genitori e
della comunità locale”.
Un ripensamento salutare è stato inoltre quello che ha portato a
ripristinare il testo prima versione dell’art. (11) della
Rappresentanza istituzionale delle scuole autonome.
Si ricorderà infatti che, nel testo del giugno scorso, la
Commissione assecondava di fatto la posizione della Conferenza delle
Regioni, tesa a considerare facoltativa, da parte delle stesse, la
scelta di istituire o meno le Conferenze Regionali e quelle
Territoriali. Posizione che, se accolta, avrebbe messo in
discussione in modo radicale il valore della rappresentanza
istituzionale delle scuole autonome e avrebbe compromesso la stessa
unitarietà del nostro sistema formativo.
Finalmente un po’ di buon senso e di senso dello Stato.
Una soppressione positiva è anche quella del comma 2 dell’articolo
10 che, a proposito di reti e consorzi, prevedeva - come possibili
partner - anche le fondazioni. Un rischio in meno. O no?
Forse un qualche significato riveste una integrazione relativa ai
compiti connessi allo Statuto.
Si passa infatti dall’ un po’ neutro “adotta lo statuto”, ad una
formula più ricca e impegnativa: “redige, approva e modifica lo
statuto”.
Un modo per enfatizzare l’autonomia statutaria e le funzioni del CdA?
Mah.
Aspetti da riconsiderare
Sempre a proposito di Statuto, si registra però un vistoso passo
indietro. È stato infatti soppresso la formula : “ non è soggetto ad
approvazione o convalida da parte di alcuna autorità esterna”, che
figurava nel testo di partenza. Ovviamente, resta ‘il controllo
formale’ da parte degli organismi competenti.
Mi sembra una vera e propria mutilazione dell’autonomia.
Penso che, nei passaggi successivi dell’iter legislativo,
bisognerebbe tornarci su.
Come pure ritengo che nell’iter al Senato andrebbe riconsiderata la
discutibile scelta della prima ora - che risulta confermata nel
testo recentemente approvato alla Camera - di costituire il
Consiglio nazionale coi rappresentanti delle singole componenti
scolastiche. E non invece coi rappresentanti delle IS, come sarebbe
stato più giusto, per evitare logiche corporative e settoriali.
Continuo infine a non capire – ma il limite è probabilmente
soggettivo - il senso dell’autonomia “statutaria” sulla base dei
contenuti che sono ad essa assegnati nell’art. 1 (c. 3): “Gli
statuti delle istituzioni scolastiche regolano l'istituzione e la
composizione degli organi interni, nonché le forme e le modalità di
partecipazione della comunità scolastica. Per quanto attiene il
funzionamento degli organi interni le istituzioni scolastiche
adottano i regolamenti”.
Qual è l’elemento di novità, connotante rispetto a quanto prevedono
le norme di autogoverno del testo approvato? Qual è la marcia in più
che sarebbe consentita con questa nuova connotazione? Sfugge
qualcosa.
Comunque ….
Pur con questi limiti e ambiguità (sui quali la riflessione dovrà
continuare), il quadro complessivo che emerge è comunque
sostanzialemnte positivo.
L’idea di scuola che si prospetta è decisamente migliorativa
rispetto a quella di oggi.
Emerge infatti un’idea di scuola che:
a. si interroga responsabilmente sull’efficienza, efficacia e
qualità del proprio servizio, attraverso una apposito Nucleo di
autovalutazione,
b. dà conto annualmente di quello che fa in una apposita Conferenza,
detta appunto di rendicontazione, aperta a tutte le componenti
scolastiche ed ai rappresentanti degli enti locali e delle realtà
sociali, economiche e culturali del territorio,
c. opera non più secondo logiche interne e autoreferenziali, essendo
prevista, nei vari organismi, la presenza di soggetti esterni (un
esperto e un genitore, nel nucleo di autovalutazione; membri
esterni, rappresentativi di enti locali, mondo della cultura e del
lavoro …, nel Consiglio dell’Autonomia),
d. è strutturalmente inserita in una rete di relazioni con le altre
autonomie scolastiche e amministrative, i cui strumenti (Conferenza
Regionale e Conferenze di ambito territoriale) – ma anche le
modalità di rappresentanza e gli ambiti - sono definiti dall’Ente
Regione.
Perciò restano difficili da capire i giudizi senza appello che,
anche sul testo ultima versione, si leggono in giro.
Commentatori anche eccellenti hanno parlato addirittura di
“pateracchio”.
La domanda è, a questo punto: meglio la separatezza autarchica e l’autoreferezialità
sterile che mortificano le nostre scuole? E poi: quali altre
innovazioni alternative potrebbero essere credibilmente introdotte?
Che siano cioè tali che il mondo della scuola più impegnato vi si
riconoscerebbe maggiormente?
Il nodo più impegnativo
Ovviamente non è che, fatta la legge, i problemi che si tenta di
affrontare siano belli e risolti.
Anche perché, per quanto riguarda il personale della scuola, il
problema è anche di cultura professionale.
E poi, soprattutto, perché l’autoreferenzialità si vince se c’è un
tessuto territoriale e un sistema complessivo che offra sponde e
luoghi di intesa, collaborazione e coordinamento.
Il problema del sostanziale isolamento delle nostre scuole è
complesso e richiede atteggiamenti nuovi nei confronti di altri
soggetti istituzionali e disponibilità al confronto che solo di
recente si è cominciato a coltivare. D’altra parte, la cultura della
reciprocità non è moneta corrente neanche negli altri soggetti
istituzionali coi quali si vanno ad aprire tavoli di intese e
collaborazioni.
Questa legge potrà avere fortuna quindi, solo se la si considera
come tessera, certamente importante, ma sempre solo tessera , di un
mosaico che, per poter essere leggibile e ‘fare senso’, avrebbe
bisogno di altre tessere non meno importanti.
Comunque, in questa fase, un primo ragionamento va fatto a proposito
di un grosso limite che l’elaborazione di questo DDL si porta
dietro: l’assenza delle scuole.
Di fatto il testo su cui discutere è stato messo a punto solo a fine
marzo.
Volendo un inizio di discussione si poteva sempre mettere in campo.
Ma non dimentichiamoci che altre priorità impegnavano i collegi
docenti, almeno quelli più attenti (le questioni delle Linee guida
per il riordino e le nuove indicazioni nazionali del primo ciclo, le
prove INVALSI …). Ma soprattutto imperante era – ed è - il clima di
depressione che si respira nelle nostre scuole.
E non aiutano di certo le uscite del governo sull’orario delle
lezioni e del ministro sulla riduzione di un anno del secondo ciclo,
che, al di là del merito, sembrano più delle clave che non proposte
di miglioramento delle scuole e di riqualificazione delle sue
risorse.
Lavarsene le mani?
Comunque, può il mondo della scuola, pur in questa situazione,
lavarsi le mani rispetto al DDL al centro di queste riflessioni?
Penso di no.
Si tratterà allora di capire forse, su quali risorse, in questa
fase, fare leva.
Un primo ed importante elemento pilota penso debbano essere le
associazioni professionali, che soprattutto in questi ultimi anni
sono state un soggetto fondamentale nella promozione di dibattito,
ricerche e proposte sui temi più incalzanti della scuola e nel
coinvolgmento quindi di quella fetta non certo residuale di docenti
e dirigenti che non demordono.
E le Giunte regionali e provinciali? Almeno quelle più attive sul
fronte Scuola?
Penso che anche il sindacato sia chiamato a fare la sua parte - in
modo più mirato, forse - soprattuto sul terreno delle condizioni che
si rendono necessarie perché leggi come queste, certo ancora
migliorabili, acquistino senso e valore e gambe per camminare.
C’è una disposizione introdotta nel testo recentemente approvato che
andrebbe presa in attenta considerazione e valorizzato.
È l’articolo 11 bis che prevede l’istituzione di una Commissione di
monitoraggio “con lo scopo di monitorare per due anni il processo
attuativo delle disposizioni di cui alla presente legge presentando
alle commissioni parlamentari di merito una relazione sullo stato di
attuazione.”
Questa novità dovrebbe probabilmente indurre le scuole a vedere il
processo attuativo in un’ottica di sperimentazione, a conclusione
del quale poter eventualmente offrire, con cognizione di causa,
propri contributi per migliorare il modello di partecipazione e di
autoregolazione delle IS e renderlo più vicino alle aspettative del
mondo della scuola.
La luna nel pozzo?
Forse che sì. Ma, forse, anche che no.