Tirare l'acqua al mulino dell'Invalsi di Vincenzo Pascuzzi, 17.10.2012
E' ben nota
l'aspirazione pervasiva dell'Invalsi a volersi intrufolare, con i
suoi test, anche fra le prove dell'esame di Maturità, ora più
propriamente di Stato. In questa aspirazione l'Invalsi è a volte
supportato dagli assist di una piccola lobby che condivide le sue
intenzioni. Proprio nei giorni scorsi, sono apparsi due articoli sul sito “ilsussidiario.net” che, prendendo spunto dagli esami di maturità, cercavano di tirare (un po' d') acqua al mulino dell'Invalsi. Ma ciò con argomentazioni fragili, parziali e incomplete.
La pagliuzza e la trave.
Il primo articolo titola "Se i 100 e lode dicono come cambiare
l'esame di Stato" (1). Intanto già questo titolo mette su una strada
sbagliata, e forse lo fa di proposito. I 100 e lode possono, al più,
suggerire di modificare l'Esame di Stato, ma di certo non in che
modo e non necessariamente con prove standardizzate tipo Invalsi,
non meglio definite né sperimentate o testate. Infatti i 100 e lode
- la pagliuzza - sono pari allo 0,6% dei maturati, cioè meno di
3.000 ragazzi e ragazze su circa 450.000 diplomati.
Questioni
certamente più importanti ma ignorate - la trave, anzi le travi -
sono quelle complessive relative alla scuola superiore: la
dispersione (al 1° anno entrano circa 600.000 ragazzi e poi ne
escono diplomati circa 450.000), la percentuale di diplomati - pari
al 23%! - dopo 6 anni invece di 5, l'accumulo dei voti di diploma
nella parte bassa della scala (da 60 a 64). E poi, guardando appena
fuori d'Italia: la Francia, con l'8% in più di popolazione, diploma
ogni anno 700.000 ragazzi e ragazze, cioè una volta e mezza in più
dei nostri! Senza nemmeno considerare la riforma di Hollande;
riforma per migliorare e sostenuta da maggiori risorse economiche.
Nulla da
obiettare sull'esempio tedesco illustrato a Roma da Ludger Woessman:
può essere utile approfondirlo e studiarlo. Però sembra azzardato e
semplicistico buttarsi in una scorciatoia e proporre di applicare da
noi una porzione - isolata dal contesto storico, sociale, culturale,
temporale, ecc. .... - di quella che sembra essere stata la
soluzione per la Germania più di un decennio fa.
Mette poi in
guardia, o in allarme, la sbrigativa identificazione della "parte
standardizzata negli esami finali" da aggiungere, con le prove, i
test o i quiz ad hoc (nuovi, non sperimentati) di tipo Invalsi.
Anche se l'acronimo Invalsi viene - forse di proposito -
accuratamente evitato.
Noi e la Francia. Poi
perché ispirarsi solo alla Germania di dieci anni fa e non anche
alla Francia di adesso, a.d. 2012, e di domani? Perché limitarsi al
solo esame finale e non alla intera politica scolastica, che da noi
sembra assente oppure è clandestina e secretata? «Ce lo chiede l'Europa». È diventata la frasetta magica, l'attaccatutto, lo svitol, il passepartout dialettico. È un modo sbrigativo per tacitare critiche, obiezioni, interlocutori e avversari. In molti casi la citazione dell'Ue è approssimata, inventata o falsa. C'è stato chi ha scritto un libro, un breve saggio per precisare: “È l'Europa che ce lo chiede!” Falso! (4). Non si tratta di voltarsi dall'altra parte e rinchiudersi in una impossibile autarchia. Si può benissimo emulare o copiare altri, o le loro medie, ma questa azione non deve essere a campione, episodica, subitanea o imposta, ma va studiata, programmata, condivisa fra chi ne risulta coinvolto, estesa, complessiva in tutti o quasi gli aspetti. Altrimenti è uno sgambetto, un inganno, una prepotenza, uno scippo. Quinto anno e poi l'esame. Da segnalare anche un articolo recente sul senso del quinto anno della scuola superiore e sull'esame finale (5). L'autore espone spunti di riflessione veramente interessanti, sui quali converrebbe - appunto - riflettere e confrontarsi. Però è necessario cautelarsi subito rispetto a possibili scippi da parte di eventuali ministri frettolosi, superficiali e in cerca di qualsiasi pretesto o scorciatoia per giustificare comunque il taglio isolato di un anno di scuola e ancora "risparmiare" (applausi!) il 7% del bilancio Miur! Riguardo all'esame finale, sono ancora attuali le considerazioni riguardanti i suoi costi in relazione alla sua utilità (6) e anche quelle riguardanti la sua abolizione o semplificazione (7).
Invalsi 2.0. Infine
dobbiamo forse interrogarci se non sia il caso di rinnovare
l'immagine dell'Invalsi o proprio di rifondare l'istituto. Un
Invalsi 2.0 o anche un nome del tutto nuovo, essendo l'attuale
usurato, contrastato e inviso. Vanno rinnovate le sue modalità di
intervento e il suo approccio - attualmente di tipo autoritario,
fiscale ed equivoco – nei confronti di scuole, docenti, alunni.
Nessuna obbligatorietà o coazione per legge, nessuna interferenza
con le prove d'esame (8), nessuna gara agonistica artatamente
indotta fra i soggetti testati. Un approccio amichevole, condiviso e
partecipato. Un essere e un operare in assoluta e generale
trasparenza. Un Invalsi 2.0 (o altro nome) dal volto più umano.
(1) Se i 100 e
lode dicono come cambiare l'esame di Stato
(2) Esame di
stato: e se facessimo coma la Germania?
(3) Hanno ragione
i ragazzi a ribellarsi. Il governo dei tecnici ci ha deluso.
(4) “È l'Europa
che ce lo chiede!” Falso!
(5) Sprecare
diciottenni
(6) Quanto
costano gli esami?
(7) Pensiamo al
dopo Gelmini: abolire gli esami di maturità?
(8) Il test
Invalsi e la maturità che “vorrei”, visti con gli occhi del docente
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