Profumo: «Un patto per la scuola:
orari e stipendi siano flessibili
dobbiamo agganciare standard europei»
«La manifestazione degli studenti? Erano solo
una minoranza»
Marco Ajello Il Messaggero,
14.10.2012
ROMA - Ministro Profumo, quando ha visto
tutte quelle carote agitate in piazza dagli studenti che cosa ha
pensato?
«Ho apprezzato l’ironia e la loro creatività è certamente
una risorsa per questo Paese. Vorrei augurarmi che abbiano molte
altre occasioni per essere altrettanto creativi».
Per esempio impegnandosi di più
nello studio?
«Anche questo. Sono stati molto acuti nello sfruttare un
fraintendimento. Quella mia frase sul bastone e la carota non
l’avevo indirizzata né agli studenti né agli insegnanti, verso i
quali ho profondo rispetto. Quell’espressione l’ho usata nei
confronti dei rettori, categoria alla quale mi onoro di aver
partecipato, per criticare il fatto che hanno chiesto deroghe in
termini di tempo proprio rispetto ad impegni assunti con gli
studenti».
Ma non vengono carezzati troppo gli studenti nel nostro
Paese, quasi che abbiano solo diritti e zero doveri?
«Non lo so. So soltanto che, per restare al tema delle proteste di
questi giorni, gli studenti italiani sono 8 milioni. Quelli che
parlano sono soltanto una frazione molto minoritaria».
E gli altri, come è loro dovere, pensano a studiare senza
agitare troppe carote?
«Se l’1 per cento di questi 8 milioni di studenti partecipassero
alle manifestazioni, avremmo visto in piazza 80.000 ragazzi, pari
alla popolazione di una media città italiana».
Sta dicendo che erano invece un paesello, una frazioncina di
un piccolo municipio?
«Non so quanti fossero. I numeri sono sempre variabili e dipendono
da chi li dice. Certamente però, per essere la maggioranza, gli
studenti in protesta dovevano raggiungere quota 4 milioni più 1. E
di sicuro questa cifra non l’abbiamo vista».
Intanto, c’è il concorsone per
gli insegnanti. Ma solo per quelli già abilitati e per i precari.
Perché se un ragazzo appena laureato vuole entrare nella scuola non
può farlo?
«Il concorsone è una situazione transitoria. Avremo un
secondo concorso nella primavera del prossimo anno. E poi, un
concorso ogni due anni e tutti avranno le nuove regole della delega
Fioroni. Nel frattempo, i ragazzi dovranno fare un tirocinio attivo.
Un laureato il prossimo anno può già fare il concorso per la scuola,
se ha già cominciato il tirocinio e lo conclude positivamente».
Come si svolgeranno questi concorsi?
«Si comincia con una pre-selezione. In cui vengono valutate le
competenze logiche e deduttive del candidato e quelle linguistiche e
informatiche. Poi, un’altra prova: per valutare l’attitudine dei
candidati a stare nella scuola. Uno può essere scientificamente
bravissimo ma inadatto all’insegnamento. Ci sarà una lezione su un
tema scelto a sorte per ogni aspirante insegnante e in seguito una
discussione sulla gestione di una classe, sul rapporto con i giovani
e altro».
Ricominceranno concorsi veri?
«Abbiamo rimesso in moto la macchina dei concorsi e, se
saremo bravi a farli, in maniera trasparente, veloce e usando poca
carta, ciò contribuirà nel ridare ai cittadini fiducia nelle
istituzioni. E in tempi di anti-politica, ciò non è poco».
Ora il governo sta chiedendo agli
insegnanti di lavorare un maggior numero di ore a stipendio
invariato. Quando li pagherete di più?
«Questo tema ha bisogno della contrattazione sindacale. Abbiamo da
fare il contratto del 2014, che sarà una grande opportunità anche
dal punto di vista salariale. Quella sarà l’occasione per stipulare
un patto per la scuola, nel quale dovrà esserci il riconoscimento
del grande ruolo dei docenti. Questo ruolo va rivalutato in termini
assoluti, anche per quanto riguarda gli stipendi. Rilancio della
reputazione del ruolo dell’insegnante e insieme gratificazioni
finanziarie. Le posso raccontare una scenetta?».
Ma certo.
«Ho insegnato per un certo periodo in Giappone, dove c’è un
profondo rispetto nei confronti dell’insegnante. E quando un
insegnante si presenta dando il suo biglietto da visita, la prima
parola che dice è: sensee. Significa maestro e la pronuncia con
grandissimo orgoglio. Poi, a seguire, il sensee specifica il suo
nome e cognome».
Quanto guadagna un maestro giapponese?
«Non molto di più dei nostri».
E quello francese o tedesco?
«Guadagnano più dei nostri, perché svolgono a scuola anche molte
attività non tradizionali. Lo stipendio d’ingresso degli insegnanti
dovrà essere, e in molti casi già è, come quello degli altri
laureati che lavorano nel settore pubblico e in quello privato:
intorno ai 1200-1300 euro al mese. Finora, in generale, all’estero
si lavora di più e si guadagna di più».
Qui, mezzo stipendio per mezzo lavoro?
«Il nostro obiettivo è agganciarci agli standard europei, anche
nelle retribuzioni. Ciò che a noi manca, ed è il punto più
importante, è la carriera».
Cioè?
«La progressione dello stipendio. Nel patto della scuola che andremo
a stipulare dovremo avere maggiore flessibilità, e prevedere ad
esempio i part time. O l’opposto: lavorare di più, per chi lo voglia
fare. Bisogna dare cioè la possibilità agli insegnanti di adattare i
tempi di lavoro con quelli della vita: ora lavoro di più perché sto
in una fase familiare in cui lo posso e lo voglio fare, ora lavoro
di meno perché ho figli piccoli o altre necessità».
Che cos’altro sarà contenuto
nel patto di cui sta parlando?
«Il cambiamento anche fisico della scuola. Non più aule
chiuse ma spazi aperti, che siano flessibili e modellabili. E
edifici scolastici che diventano anche centri civici, ludici,
sportivi».
Il tutto nel 2014. Ma voi del
governo Monti a quella data mica sarete ancora in sella?
«Però stiamo facendo un lavoro preliminare per lasciare in
eredità un’idea europea di scuola, visto che i nostri ragazzi si
cimenteranno in un mercato europeo del lavoro. Intanto, all’inizio
del prossimo anno faremo una conferenza nazionale, una sorta di
stati generali della scuola».
Nella legge di stabilità i tagli alla scuola non sono
troppi?
«Vedo girare cifre di tutti i tipi. Bisogna fare chiarezza. I tagli
saranno 182 milioni su un bilancio della scuola che è intorno ai 36
miliardi. Vuol dire che i tagli saranno appena lo 0,5 del totale.
Non mi sembra affatto un salasso».