Scuola: perché un giovane
su tre è disoccupato?

Il livello e la qualità del sistema educativo italiano è al di sotto della media europea. Le opinioni di Mariastella Gelmini e Francesco Profumo, il vecchio e il nuovo ministro della Pubblica Istruzione

di Claudia Daconto, Panorama 5.10.2012

Perché in Italia il 30% dei giovani tra i 16 e i 24 anni è disoccupato? Attribuire tutte le colpe alla crisi economica non può bastare. Le cause profonde, infatti, vanno ricercate soprattutto in un'offerta scolastica e universitaria che, nonostante i tentativi di modernizzazione, appare ancora inadeguata. A renderlo evidente sono i dati pubblicati recentemente dall'Ocse e la ricerca del Cnel su istruzione e lavoro che collocano il livello e la qualità del sistema educativo italiano al di sotto della media europea. Studi che fotografano quelli che sono i numeri “da cambiare” e che la Fondazione Rocca insieme all'Associazione Treellle hanno sintetizzato nel volume “I numeri da cambiare. Scuola, università e ricerca. L'Italia nel confronto internazionale”. Ma quali sono questi numeri da cambiare?

Intanto la percentuali di laureati che se in Italia, nel 2010, era del 32% in Europa raggiungeva il 40%. Ma anche i risultati dei test PISA che vedono i 15enni italiani in forte difficoltà rispetto ai compagni europei sul piano delle competenze matematiche. Altre differenze riguardano: la spesa totale per l'università (1% del Pil in Italia contro l'1,4% dell'Ue), gli investimenti in ricerca pubblica e privata (1,26% contro 2,06%) e il trasferimento tecnologico (la capacità di trasformazione della ricerca in brevetti che è quattro volte più bassa che in Germania). Per non parlare dell'età degli insegnanti, più alta in Italia che altrove, ma anche del livello di retribuzione molto più basso da noi che nel resto dell'area Ue.

Ma c'è un dato che spicca su tutti gli altri ed è quello relativo alla formazione professionalizzante: mentre in Germania il 7% della popolazione tra i 25 e i 34 anni ha un titolo di istruzione post-secondaria che lo rende immediatamente specializzato nelle professioni richieste dalle imprese, in Italia questo tipo di laureati di fatto non esiste (siamo intorno allo 0,5%).
A questo proposito vale la pena citare la prospettiva elaborata dal CEDEFOP (Centro europeo per lo sviluppo della formazione) secondo cui entro il 2020 cresceranno i livelli di istruzione/formazione e di competenze richiesti in tutti i tipi di lavoro ma l'Italia sarà uno dei paesi con la più alta quota di forza lavoro con bassi livelli di qualificazione (37% contro la media Ue del 19,5%) e sarà caratterizzata da una forte carenza di lavoratori altamente qualificati (solo il 17,5% contro il 32% della Ue).

Ecco dunque gli obbiettivi che il nostro Paese dovrebbe porsi per superare il gap con gli altri Stati più avanzati: riagganciare uno sviluppo sostenibile, costruire un sistema educativo con indici più europei e investire più risorse, sia pubbliche che private. Come? Colmando il distacco tra sistema scolastico e mondo del lavoro, tra Università e mondo delle imprese e tra gli investimenti italiani e quelli europei in sviluppo e ricerca.

Di questo e di altro (dal prossimo concorso a cattedra al test Invalsi al numero e alla preparazione dei docenti italiani) Panorama.it ha parlato con l'attuale ministro dell'Istruzione Francesco Profumo e con l'ex ministro Mariastella Gelmini. Da entrambi lo stesso consiglio agli studenti: “Andate a scuola per imparare un mestiere che serva”.