Scuole insicure di Marina Boscaino da MicroMega, 1.10.2012 Direi che tra tutte le emergenze che affliggono la scuola pubblica italiana, la più urgente è quella che riguarda la sicurezza. Nei pochi giorni che hanno preceduto e seguito l’avvio dell’anno scolastico, si sono rincorse notizie drammatiche, che non hanno avuto sui media lo spazio che avrebbero meritato. Poche ore prima dell’inizio delle lezioni, durante la notte del 12 settembre, è crollato il soffitto della scuola primaria di Cordenons, in provincia di Pordenone, nell’avanzatissimo Nord-Est. Il sindaco di Campobasso ha dovuto posticipare l’apertura degli istituti scolastici, considerate le condizioni di alcuni di essi e la diffusa mancanza di certificazione relativa alla sicurezza. Il 18 settembre ha ceduto un pilastro in una scuola di Roma: evacuati bambini dell’asilo e della primaria. Esplosione di una caldaia, subito dopo, in un’altra scuola della Capitale. Insieme ai nostri figli, ai nostri studenti, anche noi lavoratori ogni mattina affrontiamo inconsapevolmente una percentuale di rischio improponibile in un Paese civile. Inconsapevolmente, tanto più che – se inserite su Google, ad esempio, la chiave di ricerca “crollo tetto scuola” – vi rendete conto che gli episodi sono molti più di quanti arrivano alle cronache nazionali. Provare per credere. Altro che allarmismo, come si affrettano a dichiarare certe amministrazioni locali. O come sembra suggerire il silenzio generale (di governo, politica, media, persino opinione pubblica) sul tema. L’errore è continuare a rimuovere il problema, sperando nella buona sorte. Vito Scaffidi, intanto, è morto 4 anni fa, a 17 anni, schiacciato dal controsoffitto di un liceo di Rivoli; saranno 10 anni tra un mese che 27 bambini di prima elementare e la loro maestra hanno perso la vita a scuola durante un terremoto, che sbriciolò l’edificio a San Giuliano delle Puglie, facendo pochi altri danni alle altre costruzioni. Celebriamo a gran voce l’epica del 2.0 (scuola digitale, registro e pagelle elettronici, e-book): non sembri malizioso ipotizzare che potrebbe trattarsi di velleitari diversivi, del resto piuttosto efficaci, considerando i risultati (il 2.0 è nella top ten delle priorità dell’immaginario collettivo), per stornare l’attenzione dalle vere questioni, quelle che, nel Paese di Fiorito e di Polverini, riguardano i fondamentali della vita associata. La sicurezza, non solo dei lavoratori (e la mente corre a Taranto), ma anche di bambini e ragazzi; il venir meno della tutela nel luogo della tutela, dell’educazione, dell’emancipazione, della crescita. I dati sono inquietanti e provengono dall’ultimo rapporto, il decimo, di Cittadinanza Attiva, che rivela che il 75% delle strutture scolastiche del nostro Paese non è in regola. Non starò qui a ricordare percentuali, numeri, inadempienze che costituiscono il cahier de doléance per uno Stato che non sa garantire l’incolumità dei propri giovani. Chi avrà voglia di farlo, può trovare i dati nel link che ho inserito. Esiste persino il paradosso di fondi stanziati e non utilizzati per inadempienze degli enti preposti. Ce n’è per tutti: da problemi igienici (muffe, infiltrazioni e umidità), ad incuria ordinaria (mancanza di tapparelle, finestre rotte), a rischi ancora più gravi (inadeguatezza degli impianti elettrici e misure antincendio insufficienti); il 30% degli edifici non ha certificazione di agibilità statica. E chi più ne ha più ne metta, in un climax ascendente da brivido. E non si tratta di scoprire qui se le percentuali di Cittadinanza Attiva siano più alte di quelle del Governo (il divario, comunque, non sarebbe così evidente); quanto piuttosto di sottolineare che, finché ci sarà un solo edificio scolastico in cui sarà rischioso entrare, il nostro Paese sarà gravato da una zavorra di inciviltà. E qualsiasi polemica, ciascuna delle tante baruffe di maniera, artatamente recitate per determinare consenso estemporaneo, alle quali i tragi-comici teatrini vari cui ormai siamo avvezzi ci hanno assuefatto (più io o più tu; meglio io, meglio tu; responsabilità mia, no tua), non può che essere la dimostrazione di una malafede che tenta di strumentalizzare persino la salute e l’incolumità di chi deve crescere. Concordo in pieno con Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale per la scuola di Cittadinanza Attiva, quando propone di selezionare, alle prossime tornate elettorali, gli amministratori locali e nazionali sulla base di quanto intendano concretamente impegnarsi nelle politiche della scuola. In primo luogo sul tema dell’edilizia scolastica. Vedremo solo allora se i soldi pubblici, anziché impegnati per feste trimalcioniche o per rimborsi fantasma, potranno essere utilizzati per rendere più sicure le giornate dei nostri figli. |