E’ possibile parlare di modifiche Prof. Pasquale D’Avolio, ScuolaOggi 20.11.2012 Prima premessa: l’incauta mossa del Ministro Profumo di modificare il contratto in maniera unilaterale circa l’orario di servizio dei docenti delle medie e superiori almeno un merito l’ha avuto, quello di riaprire il dibattito sull’orario di servizio nella scuola, oltre ai tanti “demeriti”, tra cui quello di bloccare le scuole sulle attività “non obbligatorie” rifiutate (legittimamente?) dai docenti. Seconda premessa: perché le 24 ore di docenza sarebbero “insostenibili” per i professori delle superiori mentre è accettato pacificamente per gli insegnati del I ciclo e della Scuola dell’infanzia, che ne fanno 25? La docenza non è “unica” come è stato più volte ribadito in questi ultimi anni? E perché nelle scuole paritarie il “recupero” delle ore non lavorate durante i periodi di sospensione delle lezioni è un dato acquisito, senza che ciò abbia provocato reazioni indignate da parte delle OOSS? Torno alla prima premessa. Il merito della “provocazione” ministeriale (ché di questo si tratta, perché una qualsiasi corte di giustizia amministrativa l’avrebbe cassata immediatamente) è che si torna a parlare della “funzione docente” e della possibilità di definire contrattualmente l’impegno dei docenti nella scuola (vedi gli interessanti contributi apparsi su questo e altri siti, in particolare citerei l’approfondita analisi di Cerini); connessa è la vexata questio tra la figura del docente-professionista (per definizione “atipica”) e quella di “dipendente statale” con obblighi e diritti sanciti nella legislazione del pubblico impiego. Mi chiedo en passant se la “contrattualizzazione statale” sia un istituto adeguato per una professione che sfugge a una rigida definizione dei “carichi di lavoro”, così come concepita nel pubblico impiego. Sempre provocatoriamente, ma non tanto, direi che si possa pensare a una vera contrattazione di istituto e, perché no?, anche a una individuale, una volta stabilito il “compenso minimo” per la prestazione docente. Tralascio la questione della “qualità” e del merito, che richiederebbero altre considerazioni Invece di accampare improbabili decadimenti della “didattica” a causa delle 24 ore (che già oggi molti insegnanti fanno volontariamente con compenso “aggiuntivo”) o scagliarsi contro il Governo per la sua “pretesa” di risparmiare sul bilancio del MIUR (in tempi di crisi profonda e con decine di migliaia di licenziati o disoccupati), si potrebbe aprire un dibattito costruttivo che miri a coniugare qualità del servizio e valorizzazione della funzione docente, che non si esplica più (e di questo non solo i contratti ne prendono atto) nella semplice “lezione” in aula. In sostanza l’innalzamento delle ore di servizio a scuola, non necessariamente di docenza, può essere giustificato e al limite attuato “senza oneri aggiuntivi” per lo Stato e senza “tagli” che in questo momento, dopo la “sforbiciata” del duo Tremonti-Gelmini e il blocco di stipendi e pensioni, sono davvero improponibili. Provo a fare qualche esempio. L’altra sera la TV ha ritrasmesso il bel film di Giachetti “La scuola”: tutti hanno riconosciuto nel lavoro della prof. incaricata di fare l’orario settimanale la realtà vera delle nostre scuole. Il sottoscritto ha in mente le lotte all’ultimo sangue sul giorno libero, le ore di buco, le entrate posticipate o le uscite “accoppiate” (i docenti sanno a cosa mi riferisco) e le “disponibilità” alle supplenze volontarie o obbligate per il cosiddetto “completamento”. Ebbene perché non stabilire che ogni docente DEVE assicurare la sua presenza a scuola per l’intera mattinata (magari 5 giorni su 6) così da evitare il dramma delle “classi scoperte” o dell’”inseguimento” dei docenti, che, finito il loro orario, cercano di scappare per evitare supplenze necessarie. Tra parentesi, in molte scuole superiori si ricorre da tempo alle entrate posticipate o uscite anticipate degli alunni (che è un colpo al diritto allo studio!) per assenze brevi dei docenti, che non si riescono a coprire sia per ragioni di tempo sia per carenza di fondi per le supplenze. Questo vale naturalmente quando le assenze sono inferiori ai 15 giorni, così come previsto dalla normativa in vigore. Resta inteso che al di là di tale periodo è necessario ricorrere al supplente precario. Ma non è solo per le supplenze che possono essere utilizzate le ore non di lezione eccedenti le 18 canoniche. Ci sono molteplici attività che i docenti possono dedicare alla scuola, dalla biblioteca ai laboratori alla progettazione di attività extrascolastiche o al massimo correggere i compiti, per coloro che hanno gli scritti. A parte la correzione dei compiti, attualmente compresa tra le attività non compensate (perché poi non capisco!), e che possono essere contabilizzate forfettariamente sull’orario di servizio delle 25 ore, per tutte le altre si potrebbe contrattare con le RSU alla stregua di quanto oggi avviene con il Fondo di istituto in quanto “impegno aggiuntivo”, così come oggi avviene per il personale ATA che deve restare a scuola 36 ore e al quale viene riconosciuto l’impegno aggiuntivo se svolgono attività extra durante l’orario di servizio (cosa che fa arrabbiare molti docenti i quali non concepiscono questa particolarità). Le risorse per tale innovazione si possono trovare unificando il budget per le supplenze con il FIS e il Fondo per l’autonomia (ormai purtroppo ridotto al lumicino), che la scuola gestirà autonomamente e senza aggravio di spesa per lo Stato Tutto ciò andrebbe naturalmente contrattato, ma è noto che il contratto è stato sospeso e quindi occorrerà aspettare prima di modificare l’orario di servizio. Ma intanto parliamone! Mi sia permesso aggiungere infine un punto sul quale c’è stato proprio all’inizio di quest’anno un interessante dibattito su alcune Riviste scolastiche (cito TUTTOSCUOLA on-line): è giusto che si debbano contare all’interno delle famose 40 ore di “attività funzionali all’insegnamento” ( mi riferisco essenzialmente a quelle per la programmazione di inizio anno e per le verifiche finali) quelle svolte in periodo di non attività didattica, quando cioè non si svolgono lezioni? |