Sì, alle ortiche di una deserta gleba
il paradossale “progetto”
di aumentare l’orario settimanale dei docenti

Una domanda sorge spontanea: perché è stata “suggerita” al ministro Profumo la bufala di portare da 18 a 24 ore settimanali l’impegno del personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado nell’attività didattica?

scritto da Polibio, 3.11.2012.

Una domanda sorge spontanea: perché è stata “suggerita” al ministro Profumo la bufala di portare da 18 a 24 ore settimanali l’impegno del personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado nell’attività didattica? Dopo i neutrini “suggeriti” alla Gelmini, a Profumo è stato “suggerito” come mandare la scuola secondaria in fumo. La scuola primaria è già in fumo da tempo.

Insomma, il sistema scolastico, già mutilato di 140.000 posti e di oltre 8 miliardi di euro dalla disastrosa “epocale riforma” gelminiana, sembra proiettato ad assumere le caratteristiche della nave da crociera della Costa Concordia naufragata per essere andata a sbattere contro gli scogli adiacenti all’Isola del Giglio.

Appare alquanto strano, ma forse si è trattato di “incompetenza” in termini matematici, che non sia stato “compreso”, formulando il “suggerimento al ministro Profumo, ciò che era facilmente comprensibile: il radicale sconvolgimento che da quel “suggerimento” sarebbe derivato. Lo vedremo tra poco.

Va intanto detto che moltissime scuole, nonostante siano strutture autonome, dispongono di un miserevole fondo d’istituto; che clienti e amici traggono discutibili vantaggi; che gli studenti rimangono spesso in aula senza alcun docente durante le ore giornaliere dell’attività didattica e addirittura la vedono ridotta perché escono dalla scuola prima del tempo fissato dal calendario giornaliero; che mancano i controlli sull’organizzazione delle scuole, sulla partecipazione ad associazioni e a consorzi di scuole statali (in particolare per quanto concerne la loro gestione e i relativi bilanci), sulle presenze e sulle permanenze dei dirigenti scolastici nelle scuole di titolarità e/o in quelle affidate in reggenza, sulle attività comunque retribuite; che non si realizza quel risparmio che deriverebbe, anche con riferimento all’autonomia, portando tutti gli istituti scolastici ad avere un numero di studenti compreso tra 900 e 1.100, dall’eliminazione delle fasce di complessità (c’è stato chi, per quanto riguarda la Puglia, rivolgendosi al direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale si è permesso di “rimproverargli” d’aver considerato in quarta fascia, e quindi con compenso minimo aggiuntivo allo stipendio, i dirigenti scolastici di recente nomina assegnati – come se il compenso relativo alla prima, alla seconda o alla terza fascia fosse un diritto ereditario – a scuole catalogate di terza, di seconda o di prima fascia di complessità).

Va detto dell’esistenza delle classi pollaio, nella scuola primaria e nella scuola secondaria, e anche nella scuola dell’infanzia, nonché dell’aumentato numero degli alunni nelle singole classi e del già ridotto numero delle ore settimanali delle attività didattiche disciplinari. Peraltro, un fenomeno alquanto grave nella scuola primaria che, mentre il numero degli alunni di ciascuna classe è stato aumentato e l’orario dell’attività didattica è stato ridotto, ha visto la “cancellazione” dell’insegnante in compresenza sia pure per poche ore settimanali. Nella scuola primaria, quindi, proprio per l’aumentato impegno degli insegnanti derivante dall’aumentato numero degli alunni, l’orario dell’attività didattica settimanale dei docenti avrebbe già da tempo dovuto essere portato da 22 a 18 ore. E va detto anche del mancato rispetto della sentenza della Corte costituzionale sul diritto dei disabili all’insegnante di sostegno anche, se necessario, per l’intera durata della frequenza scolastica e per tutte le ore dell’attività didattica giornaliera e settimanale.

Va detto che 8.000 presidi democraticamente eletti farebbero risparmiare, mantenendo lo stipendio acquisito, come peraltro accade per i rettori delle Università degli studi, e sia pure accresciuto di cento o di duecento euro, tanti euro da utilizzare per l’assunzione di circa 16.000 docenti precari o disoccupati; che conseguentemente verrebbero eliminate le reggenze che in definitiva producono dirigenti scolastici pendolari dai costi aggiuntivi e scuole con dirigenti presenti a “tempo parziale” o a “giorni alterni”; che non vi sarebbero vicari che, anche a causa dell’assenza del dirigente scolastico, non svolgono completamente l’ordinaria attività didattica giornaliera.

Va detto che la trasparenza non caratterizza, e invece lo dovrebbe, gli atti della pubblica amministrazione e quelli dei concorsi (nel caso specifico, quelli del concorso per dirigente scolastico), ed è negata in quanto centellinata, con contagocce e a piccole dosi: dagli elaborati soltanto del richiedente a quelli, consegnati parecchio tempo dopo, di altri due candidati e poi, su specifica e motivata richiesta, peraltro formulata nel rispetto di quanto disposto dalla legge e dalle decisione delle commissioni e delle autorità competenti, di appena altri 8 candidati su 228, rispettivamente corrispondenti allo 0,87% e al 4,38%. Ciò, nonostante l’esistenza della delibera del 20 dicembre 2006 del Consiglio superiore della magistratura che ha affermato “il diritto di accesso di ogni candidato, oltre che agli atti interni della procedura concorsuale, anche agli elaborati degli altri candidati positivamente giudicati, non di tutti, bensì di una quota significativa che stimarsi, comunque, non inferiore alla metà più uno degli elaborati”).

Pertanto, la persona interessata ha formulato, a verbale, la volontà di insistere nella richiesta e rimane quindi in attesa che dal vicedirettore generale dell’Usr per la Puglia, Ruggiero Francavilla, riferendosi alle formali richieste che gli sono state presentate, le vengano consegnati gli elaborati di almeno altri 105 dei 228 candidati al concorso per d.s. ammessi alla prova orale. Così anche per “autotutela” dell’amministrazione scolastica, nella considerazione che la persona interessata, alla quale gli atti richiesti sono stati ripetutamente negati, può avanzare nel termine di cinque anni motivata istanza alla magistratura civile finalizzata al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito a causa del comportamento omissivo tenuto dal rappresentante dell’amministrazione scolastica.

Polibio, oltre a rinviare ai suoi interventi postati su questo sito, ritornerà sulla questione “mancata trasparenza” in Puglia, non soltanto per il diritto del cittadino all’informazione e per il diritto di critica rivolta all’operato di coloro che ricoprono cariche pubbliche, fondato – come ha sempre fatto – sulla verità dei fatti derivante da documenti ufficiali e da fonti primarie, ma anche per evidenziare aspetti paradossali. Tra i quali, il mancato accoglimento di una determinata richiesta di accesso, formulata da persona interessata, alla relazione ispettiva concernente un’ispezione a suo tempo effettuata in una scuola di Foggia dall’allora ispettore tecnico – adesso direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale per la Campania – dottore Diego Bouché. Peraltro, le relazioni ispettive debbono comunque avere un seguito: positivo, ovviamente anche in termini di scuse da parte dell’amministrazione provinciale e/o regionale, nei confronti di chi ha o di coloro che hanno subito prepotenze e abusi da parte di chicchessia in ambito scolastico; negativo, ovviamente in termini di iniziative e di conseguenti provvedimenti amministrativi nonché, se necessario a norma di legge, di eventuale invio degli atti alla magistratura e alla Corte dei conti per i conseguenti provvedimenti nei confronti di chi è stato individuato come autore responsabile o di coloro che sono stati riconosciuti autori responsabili di comportamenti in violazione delle leggi penali, civili, amministrative, contabili.

Comunque, chi ha descritto determinati fatti, soprattutto se concernenti comportamenti illegittimi tali da derivarne implicazioni penalmente perseguibili, in formali esposti rivolti ai massimi vertici regionali e/o provinciali dell’amministrazione scolastica ha diritto (soprattutto se si tratta di un dirigente sindacale con funzione di segretario generale provinciale di un’organizzazione particolarmente rappresentativa) a formale risposta, corredata della copia della relazione ispettiva, e comunque a essere informato in ordine all’eventuale invio degli atti alla magistratura. Parimenti hanno diritto all’accesso agli atti, compresa la relazione ispettiva, tutti coloro il cui nome (o specifico riferimento) era contenuto negli esposti (in uno o in tutti) da chiunque presentati, nel caso specifico, all’autorità scolastica regionale o provinciale.

Veniamo, adesso, all’assurdo, incongruente, stravagante, paradossale, sprovveduto, illogico, irragionevole, irrazionale, incongruente “suggerimento” dato al ministro Profumo di portare da 18 a 24 ore settimanali l’attività didattica dei docenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado. Soprattutto, ma non soltanto, per l’improvviso concorso per complessivi 11.542 posti (7.351 per l’anno scolastico 2013-2014 e 4.191 per l’anno scolastico 2014-2015, corrispondenti al 50 per cento del “fabbisogno”, lasciando l’altro 50 per cento alle assunzioni dalle graduatorie a esaurimento); un concorsone al quale parteciperebbero da duecentomila a trecentomila candidati, mentre si presume che verrà a costare allo Stato circa 300 milioni di euro. Un concorsone che, al di là delle forti critiche e della pressoché corale disapprovazione dei precari della scuola oltre che delle numerose decine di migliaia di docenti anche da parecchi anni presenti nelle graduatorie a esaurimento in attesa di essere assunti con contratto a tempo indeterminato, non avrebbe motivo di esistere perché di fatto i posti sarebbero diventati tutti “fantasmi” e sostanzialmente inesistenti.

Va comunque tenuto presente, e chi ha “suggerito” non ne era a conoscenza oppure non lo ha posto in evidenza, che l’attività degli insegnanti della scuola secondaria di primo e di secondo grado non si ferma alle 18 ore settimanali di attività didattica frontale (nemmeno per quanto concerne quella di alcune discipline che sembrerebbero “alleggerite” di ulteriori carichi di lavoro esterni alla scuola). Uno sguardo ancorché veloce al vigente Contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto scuola ci mette di fronte alle attività funzionali all’insegnamento (art. 29): 40 ore (distribuite in 15 o in 20 pomeriggi) per le attività di carattere collegiale riguardanti l’attività di programmazione e verifica di inizio e fine anno, nonché per l’informazione alle famiglie sui risultati degli scrutini trimestrali, quadrimestrali e finali; 40 ore (distribuite in 15 o in 20 pomeriggi) per le attività collegiali dei consigli di classe, di interclasse, di intersezione. Inoltre, oltre quelle 80 ore, lo svolgimento degli scrutini e degli esami, compresa la compilazione degli atti relativi alla valutazione, la ricerca e l’innovazione, l’aggiornamento e la formazione, la preparazione dei lavori degli organi collegiali, la preparazione delle lezioni e delle esercitazioni, la correzione degli elaborati, i rapporti individuali con le famiglie. Complessivamente, si va ben oltre le 36 ore settimanali. E peraltro il carico di lavoro, dato l’aumentato numero degli alunni in ciascuna classe, è parecchio aumentato, sia durante le 18 ore di attività didattica frontale settimanale, sia, per quanto concerne il tempo, per svolgere le altre attività.

Il sistema scolastico è certamente sgarrupato. Comunque, appare alquanto strano che, avendo in mente di bandire il “concorsone” per un totale di 11.542 posti, “disponibili” (e non si comprende come) in parte per prossimo anno scolastico e in parte per l’anno scolastico 2014-2015, sia stato accolto dal ministro Profumo il “suggerimento” di portare da 18 a 24 l’attività didattica settimanale dei docenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado. A parte il fatto che in determinate regioni è stato ridotto (anche di parecchio) il numero delle cattedre disponibili da inserire nel “concorsone” da 300 milioni di euro quando le ore dell’attività didattica dei docenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado corrispondeva a 18 ore, come era possibile pensare (e farlo pensare al ministro Profumo) di poter provvedere a nuove assunzioni di docenti per contratto a tempo determinato se le ore dell’attività didattica settimanale fossero passate da 18 a 24? Come si poteva essere tanto sprovveduti da non avere presente che il passaggio da 18 a 24 ore settimanale di attività didattica avrebbe ridotto di un quarto il numero complessivo dei docenti? Come si poteva non avere presente la paradossalità di un progetto che avrebbe determinato lo sconvolgimento delle scuole secondarie di primo e di secondo grado, venendo a risultare un numero di docenti in servizio con contratto a tempo indeterminato superiore di un terzo rispetto al “nuovo fabbisogno”? Ci sarebbero state decine di migliaia di docenti “perdenti posto”. Trasferimenti da una sede a un’altra sede, da un comune a un altro comune, da una provincia a un’altra provincia, da una regione a un’altra regione.

Adesso, e c’è voluta la forza delle proteste, chi doveva capire prima ha finalmente capito quanto di stravagante, di irragionevole, di paradossale, di assurdo e di illogico c’era nel “progetto” di aumentare l’orario settimanale dell’attività didattica dei docenti delle scuole secondarie di primo e di secondo grado. Ed è venuta intanto la bocciatura da parte della VII Commissione della Camera, che ha approvato un emendamento alla legge di stabilità che cancellerebbe l’innalzamento dell’attività didattica dei docenti della scuola secondaria a 24 ore settimanali (così anche se bisogna aspettare l’approvazione della legge di stabilità).

Per essere più chiari nel descrivere un “progetto” certamente stravagante e che avrebbe sconvolto il sistema scolastico di per sé già parecchio sgarrupato, procediamo con l’esaminare i dati numerici che avrebbero portato alla perdita di ben 125.000 insegnanti delle scuole secondarie di primo e di secondo grado. Si tratta di conteggi da scuola elementare, di nozioni elementari di matematica.

Mettiamo, sia pure per eccesso o per difetto (comunque non distanti dalla realtà), che i docenti della scuola secondaria superiore di orino e di secondo grado siano 500.000. Ebbene, poiché le ore complessive della loro didattica settimanale ammonterebbero a 9 milioni (500.000 x 18), se dividiamo 9 milioni per 24 (ore settimanali) i docenti necessari sarebbero 375.000 (ovvero 125.000 in meno). Se invece dividiamo 9 milioni per 19 (sempre ore settimanali), il numero dei docenti necessari passerebbe da 500.000 a 473.684 (26.316 in meno); dividendo 9 milioni per 20 (ore settimanali) avremmo 450.000 (ovvero, 50.000 docenti in meno rispetto agli attuali 500.000). Procedendo nelle divisioni: 9 milioni diviso 21 (ore settimanali) darebbe 428.571 (71.429 docenti in meno); 9 milioni diviso 22 (si tratta sempre di ore settimanali di attività didattica svolte da ciascun insegnante) darebbe 409.090 (la perdita sarebbe di 90.910 unità); 9 milioni diviso 23 (ore settimanali) darebbe 391.304 (e la perdita sarebbe di 108.696 unità). Sappiamo già che dividendo 9 milioni per 24 (ore settimanali) avremmo per quoziente 375.000, al quale corrisponderebbe una perdita di 125.000 docenti.

Ebbene, poiché il pensionamento degli insegnanti della scuola secondaria corrisponde ogni anno a circa 14.000 unità, proviamo a pensare a quanti anni sarebbero necessari, dopo la colossale perdita di 125.000 posti, una bufala dalle dimensioni colossali, fino a quando uno dei docenti precari e disoccupati da tempo presenti a parecchie decine di migliaia nelle graduatorie a esaurimento possa essere assunto con contratto a tempo indeterminato. E pensare anche a quanti anni sarebbero necessari per potere svolgere un concorso in grado di assicurare almeno a uno dei candidati un posto di lavoro nella scuola, nonché a pensare alle centinaia di migliaia di insegnanti che nel frattempo sono stati e che continueranno a essere chissà per quanto tempo disoccupati e quindi senza stipendio.

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